Questo maledetto virus non guarda in faccia nessuno e  si è portato via anche Luis Sepúlveda, uno dei più grandi scrittori di sempre. Nato in Cile, vissuto in Francia, spesso in Italia ospite di appuntamenti culturali, si è spento in Spagna a 70 anni.

 

A febbraio era stato contagiato dal Covid-19 e da allora lo scrittore, poeta, regista, ambientalista e giornalista era ricoverato in ospedale in gravi condizioni. Fu incarcerato ed esiliato dopo la militanza politica affianco di Salvador Allende contro la dittatura di Pinochet. Cittadino senza confini, da viaggiatore incallito, il Pianeta lo ha percorso in lungo e largo anche via mare al seguito delle  navi di Greenpeace per opporsi alle mattanze delle balene.

 

Con la sua parlata morbida e la penna ispirata ha narrato, con carisma da cantastorie, il mondo che avrebbe voluto, da vero difensore della giustizia sociale e dei più deboli. Quello dei cittadini consapevoli e non dei consumatori, dell’umanità tutta da abbracciare e a cui dar voce. È stato capace di una letteratura profondamente poetica, intesa come impegno civile e strumento di emancipazione. «Credo nella coerenza sociale e politica» affermava, «e resto fedele ai miei valori di uguaglianza, antirazzismo e rispetto della dignità umana e dell’ambiente».

 

A vent’anni pubblica la prima raccolta di racconti, poi Il vecchio che leggeva romanzi d'amore, dedicato a Chico Mendes e ispirato dalla sua esperienza di vita nella foresta Amazzonica. È apprezzato con Il Potere dei sogni, Cronache dal cono Sud, o Patagonia Express.  Nel 1996 esce Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare un successo planetario, tradotto in diverse lingue e una tra le più belle favole contemporanee. «Volare mi fa paura», stridette Fortunata alzandosi. «Quando succederà, io sarò accanto a te», miagolò Zorba leccandole la testa». Buon volo Luis.