«Sono felice di ritornare a Vigata dopo Il giovane Montalbano e La stagione della caccia. Da grande appassionato di Andrea Camilleri sento un grandissimo orgoglio e una responsabilità, perché La concessione del telefono è il libro che amava di più». L’attore palermitano Alessio Vassallo parla dell’omonimo film tv, diretto da Roan Johnson, in onda il 23 marzo su Rai1 e poi disponibile su RaiPlay. Prodotto che si trasforma in un modo per trascorrere tempo a casa, ai tempi del coronavirus.

 

Al centro della storia c’è proprio lui, il commerciante di legnami Pippo Genuardi che, per ottenere una linea telefonica, viene travolto da una valanga di guai ed equivoci. Di più non si può svelare. Anche perché è l’ultima sceneggiatura firmata dallo scrittore prima della sua scomparsa: «Il set ha avuto un sapore particolare, purtroppo non ci siamo potuti confrontare con lui».

 

Cosa ricordi maggiormente di Camilleri?

Quando gli diedero la cittadinanza onoraria di Agrigento e la casa di produzione Palomar mi chiamò in Campidoglio per leggere la motivazione dell’onorificenza. Lui già non vedeva bene, mi avvicinai e gli dissi che ero il Mimì Augello della serie Il giovane Montalbano. Mi mise le mani sul volto e disse: «Mimì, stai diventando grande».

 

Cosa ha rappresentato per te?

Un portatore sano di pensieri, mentre oggi siamo invasi dalle parole. Ci ha regalato concetti da custodire per noi e le generazioni a venire. Il film è un omaggio a lui.

 

Come valuti questo film?

È una commedia degli equivoci con un personaggio governato dagli eventi. Come una sorta di Ulisse, incontra i suoi Penelope e Polifemo. È il viaggio della conoscenza di un uomo mosso da sentimenti sinceri, ma scisso tra due amori. Situazione che, nella letteratura come nella vita, fa andare completamente in tilt.

 

Hai parlato di viaggio. Che dimensione assume per un attore?

Fondamentale, sono sempre in viaggio. Un viaggio della mente, del cuore, ma anche da un personaggio all’altro, per poi arrivare in stazione, in attesa del prossimo ruolo. Noi attori siamo in continuo movimento e ci nutriamo dei posti dove lavoriamo, che influenzano il nostro modo di recitare.

 

E questo che viaggio è stato?

Un tuffo nell’infanzia. Mio padre veniva a vedermi sul set perché abbiamo girato anche a Palermo. Per me è stato molto più di un film.

 

Tornerai nell’immaginaria Vigata?

Dopo l’ultimo ciak, guardo sempre il mare pensando che ritornerò. Vigata è un’isola che non c’è, un luogo dell’anima che racconta una Sicilia fuori dalla visione stereotipata delle mafie. La Sicilia vera, fatta di colori, anime e odori, elementi molto presenti nella scrittura di Camilleri. Raccontiamo la Sicilia dei sentimenti.