Non basta un’onda a lavarla via. Perché quella dell’uomo sulla Terra non è l’impronta effimera di un piede nudo sulla sabbia. Ma la traccia indelebile di una suola sull’asfalto appena steso. Ora che quel passo costante ha interrotto il suo ritmo – silenziato da una pandemia che ha arrestato il mondo – i segni impressi sul pianeta appaiono più tangibili. A ricordarci che tornare indietro è impossibile. E si può andare avanti solo imparando a procedere in punta di piedi.
«L’umanità si trova davanti a un bivio, dobbiamo decidere adesso da che parte andare e come vogliamo che siano le condizioni di vita di tutte le specie nel nostro futuro», era stato il monito dell’attivista svedese Greta Thunberg durante la Giornata Mondiale della Terra 2019. A ribadire l’urgenza di una scelta anche i ragazzi di Fridays for Future, il movimento spontaneo nato sulla scia dei suoi venerdì di protesta per portare l’attenzione mondiale sui cambiamenti climatici. Tra loro Federica Gasbarro, 25 anni, studentessa di Scienze Biologiche all’Università di Roma Tor Vergata, che da oltre un anno milita nel movimento e su questa esperienza ha pubblicato il libro Diario di una striker.

FEDERICA GASBARRO INTERVISTATA DA ALESSANDRO RIBALDI

 

Perché nei confronti del clima non sono state messe in campo le stesse azioni globali decise per contrastare il Covid-19?

Il coronavirus è un pericolo immediato, a tutti spaventa l’idea di poter essere la prossima vittima. Nel caso delle catastrofi naturali, invece, la correlazione causa-effetto è più a lungo termine. E poi è una tragedia che ha coinvolto fin da subito i Paesi più sviluppati, la Cina, i principali Stati europei, gli Usa.

 

Il blocco mondiale seguito alla pandemia ha portato alla chiusura delle imprese e alla riduzione degli spostamenti, abbattendo in modo sensibile l’inquinamento. Un paradossale effetto positivo?

Ovvio che in questa situazione i risultati sono frutto di una costrizione. Ma ci devono far riflettere sul fatto che diminuire le emissioni di CO2 è possibile. Tutto può cambiare se si fanno le scelte giuste, mentre spesso ci nascondiamo dietro la scusa che impegnarsi non serva a niente.

 

Quali abitudini quotidiane sono poco sostenibili?

Quelle in cui si agisce senza pensare, in modo sconsiderato. Come non curarsi della differenziata pensando che sia inutile o spostarsi in auto per abitudine, magari senza una reale esigenza. È importante comprendere in modo semplice l’effetto di certi comportamenti: solo una volta che le persone hanno preso coscienza del problema possono cominciare a cambiare. È difficile far rispettare una domenica ecologica senza spiegare a che cosa serve. Ma se si capisce fino in fondo l’utilità di una disposizione, viene più naturale metterla in atto.

 

Come ti impegni a tutelare l’ambiente ogni giorno?

Uso la borraccia e cerco di fare la spesa alla spina. Se devo andare per forza al supermercato, peso la frutta e la verdura utilizzando speciali sacchetti in tessuto. Faccio quel che posso, anche se non sono perfetta: ci sono errori che sfuggono o comportamenti difficili da portare avanti. Ma se non si comincia non cambierà mai nulla.

 

Federica Gasbarro e Greta Thunberg allo Youth Climate Summit dell'Onu, il 21 settembre 2019

Perché ti sei avvicinata a Fridays for Future?

Mi ha attirato l’idea che fosse apartitico, non si basasse su ideologie ma 68 AMBIENTE su dati scientifici. Era l’inizio del 2019, già studiavo all’università. Ho contattato il gruppo sui social e sono stata invitata a scendere in piazza con loro, un venerdì qualsiasi. Da lì non ne ho più perso uno…

 

Fino al primo Global strike, il 15 marzo 2019, che ha coinvolto 100 Paesi del mondo. Come l’hai vissuto?

Avevo paura, ero molto più timida di adesso. Ma sono comunque riuscita a fare un discorso su un palco, nel centro di Roma, legato all’ecologia davanti a 30mila persone.

 

Hai mai incontrato Greta?

Un mese dopo quell’evento, durante lo sciopero per il clima del 19 aprile, nella Capitale. Pensavo che fosse inavvicinabile, invece abbiamo potuto scambiarci diverse opinioni. È una ragazza semplice, che si è documentata e ha riconosciuto una grave crisi nel mondo attuale.

 

Da anni gli scienziati lanciano allarmi sul clima, ma solo lei è riuscita a concentrare l’attenzione del mondo su questo tema. Perché?

Evidentemente prima i tempi non erano maturi. Succede anche nella medicina o nella scienza: a volte si fanno scoperte che vengono riconosciute ufficialmente solo tanti anni dopo. E poi serve la persona giusta al momento giusto: Greta ha avuto la capacità di arrivare al cuore della questione.

 

Come è riuscita a far scendere i giovani in piazza? La scomparsa delle api o gli orsi polari che non sanno più cosa mangiare sono argomenti che risultano troppo distanti dalle persone. Ma quando entrano in gioco la salute o la possibilità di non avere cibo né acqua è più facile catturare l’interesse. Greta ci ha fatto sentire tutti chiamati in causa.

 

Lei ha smesso di prendere aerei. E ha spinto sua madre – cantante lirica – ad abbandonare la carriera internazionale per non dover viaggiare all’estero. Non è troppo secondo te?
Tutto va valutato con spirito critico. Greta deve far passare un messaggio: la scorsa estate ha attraversato l’Atlantico in barca a vela per partecipare allo Youth Climate Summit dell'Onu e ci ha messo 15 giorni per arrivare a New York. Ma non tutti possono fare la stessa cosa, ovviamente. Per quanto mi riguarda, in quell’occasione ho dovuto prendere l’aereo. Confido però che arrivi presto il giorno in cui si potrà volare a zero emissioni: si stanno già sperimentando dei mezzi a idrogeno per spostarsi in modo sostenibile anche a lungo raggio.

 

Sei stata l’unica ragazza italiana selezionata per partecipare al vertice dei giovani dell’Onu sul clima, il 21 settembre 2019. Com’è andata?

Ci hanno sempre fatto pensare che entrare nel Palazzo di Vetro fosse una prerogativa di pochi. Ma il problema ambientale coinvolge vecchie e nuove generazioni e anche noi abbiamo il diritto di parlare. Quel giorno c’erano 500 giovani da tutto il mondo che hanno potuto porre domande ai grandi leader del mondo. Domani, in quella stessa aula, ci sarà qualcuno di loro a prendere decisioni sul futuro del pianeta.