«Bologna è una vecchia signora dai fianchi un po’ molli/col seno sul piano padano ed il culo sui colli». Francesco Guccini descriveva così il capoluogo emiliano. E la città ha mantenuto nel tempo quel fascino bohémienne e un po’ retrò. È sempre stata organizzata, viva, a misura di cittadino e – soprattutto – simbolo di inclusione e avanguardia. Lo sa bene il sindaco Virginio Merola che si prepara a ripensarne ritmi e attività, avendo ancora negli occhi la situazione difficile delle ultime settimane.

 

Qual è l’immagine che le è rimasta più impressa in questo periodo particolare?

Quella che porterò con me risale a fine marzo, in pieno lockdown. In tutti noi c’era la consapevolezza che i sacrifici e la responsabilità stavano mettendo in ombra un aspetto doloroso e allo stesso tempo importantissimo: la possibilità di non riuscire a piangere, in maniera adeguata, i morti. Così, assieme al cardinale Matteo Zuppi, al presidente della Comunità islamica bolognese Yassine Lafram e al rabbino Alberto Sermoneta, abbiamo pensato a un momento simbolico: trovarci assieme, a mezzogiorno, in una piazza Maggiore vuota, mentre le campane delle chiese e quella della torre civica risuonavano nella città. Un gesto di condivisione per il dolore dei tanti che non hanno potuto celebrare il funerale per i propri cari.


Come cambierà il futuro della città dopo questo periodo?

Mentre rispondo a questa domanda siamo nel pieno del dibattito sulla cosiddetta fase due. Stretti tra consapevolezza e timori, abbiamo il dovere di guardare avanti. Le città saranno profondamente modificate dalla pandemia, dai trasporti alle scuole, dalla fruizione della cultura al modo di stare assieme. E poi ci sarà il lavoro: nel nostro Comune oltre duemila dipendenti, su circa quattromila, hanno potuto svolgerlo a

distanza. Attivare questa possibilità ha richiesto uno sforzo imponente e non dobbiamo di certo lasciarla andare con la fine delle restrizioni. Da questa lezione dobbiamo trarre degli insegnamenti ipotizzando, per esempio, un’organizzazione del lavoro diversa. Poi ci sono le politiche della mobilità e lo sviluppo dell’architettura

cittadina: nel nostro piano urbanistico generale abbiamo previsto che la dimensione di un immobile non possa essere inferiore a 50 mq. Il tema dello spazio di vita è stato

attualissimo nel lockdown.

Come si è evoluto il suo rapporto con i cittadini in queste settimane?

È stato costante, in particolare attraverso i social. Nei primi tempi i bolognesi avevano bisogno di ogni tipo di informazione, soprattutto quando sono iniziate le restrizioni. Alle prese con una situazione totalmente nuova, cercavano indicazioni certe. Come Comune abbiamo puntato sull’informazione, realizzando anche un sito ad hoc che contiene tutte le notizie sul coronavirus.

 

Cosa le resterà di questa difficile esperienza, come uomo e primo cittadino?

Il fatto che la competenza sia, fortunatamente, tornata di moda anche nel discorso pubblico. Abbiamo reimparato ad affidarci alla scienza. E si tratta di un’importante occasione, perché i politici possono dimostrare di fare il bene della comunità. Ovviamente questo discorso, per un sindaco, è moltiplicato all’ennesima potenza: siamo e resteremo quelli più vicini ai cittadini.

 

Quali iniziative in suo potere intende attuare per agevolare la ripartenza nei vari settori della vita cittadina?

Abbiamo lavorato molto sulle aziende, partendo agli inizi di aprile con un tavolo metropolitano, un’esperienza pilota che poi anche la Regione ha esteso agli altri territori. Lavoriamo per filiere, per applicare i contenuti del protocollo raggiunto

tra governo e parti sociali. E consentire una riapertura in sicurezza delle imprese.

 

Quali strategie, idee, proposte state studiando per favorire il turismo nei mesi a venire?

È molto difficile rispondere adesso, ma sappiamo che dovremo utilizzare creatività e un approccio nuovo perché il turismo continui a rappresentare un settore trainante. Non solo per la nostra città, ma per tutta l’area metropolitana. Noi già ci stavamo orientando per un’offerta che coprisse tutto il nostro territorio, dall’Appennino alla pianura, privilegiando una formula slow, molto attenta alle proposte culturali. Credo

sia una strada da intraprendere, adattandoci alle regole di sicurezza che dovremo seguire.

 

Dove vorrebbe andare e che cosa non vede l’ora di fare non appena potremo considerarci fuori dall’emergenza?

Lo abbiamo chiesto alle bambine e ai bambini delle scuole primarie di Bologna, attraverso un concorso creativo di idee da realizzare con un disegno. Mi ispirerò sicuramente a loro.