Foto di apertura Giovanni Tagini

Se ami la musica, Cremona è una meta che ti stupirà. La capitale mondiale del violino, che diede i natali ai più grandi liutai della storia, come Antonio Stradivari, Andrea Guarneri, Nicola Amati, Francesco Ruggieri, è uno scrigno di tesori da record.

È qui che Stradivari costruì il violino più pregiato al mondo, 350 grammi per un valore attuale che si aggira intorno ai 25 milioni di euro, ed è qui che trovano spazio 170 botteghe liutaie, figlie di una tradizione che non ha eguali e della prestigiosa Scuola Internazionale di Liuteria.

Ma Cremona è città della musica che sorprende per molte altre ragioni: vi nacque Claudio Monteverdi, il creatore della prima opera lirica nel 1607, è sede della più importante facoltà di Musicologia italiana e, sempre qui, dal 1986 si tengono i corsi per strumenti ad arco dell’Accademia Walter Stauffer, diretta dal leggendario violinista Salvatore Accardo.

 

Per tutte queste ragioni a Cremona va il primato di città più musicale d’Italia, sede ideale del Cremona Musica International Exhibitions and Festival, la maggiore fiera del settore a livello internazionale. L’ultima edizione si è svolta a settembre 2019, portando nei padiglioni di Cremona Fiere oltre 300 espositori provenienti per il 64% dall’estero, per un totale di oltre 40 Paesi e – nel weekend più intensa mente musicale del mondo – 178 eventi e 358 artisti. «Cremona è la capitale mondiale dei violini tutto l’anno, ma per tre giorni diventa la capitale di tutti gli strumenti musicali», ha commentato il presidente di CremonaFiere, Roberto Zanchi.

 

Ma quali sono le ragioni storiche e culturali che hanno per messo alla città lombarda di rappresentare da 500 anni una meta ambita da musicisti e operatori del settore di tutto il mondo? Lo abbiamo chiesto a Virginia Villa, direttore generale del Museo del Violino, e a Fausto Cacciatori, conservatore delle collezioni.

«La fioritura della liuteria è figlia del Rinascimento», specifica Cacciatori. «Nel ’500, Cremona era la seconda città del Ducato di Milano per portata economico-culturale e per popolazione. Caratteristiche che ne fecero il terreno ideale per lo sviluppo delle arti: basti pensare alla scuola manierista degli straordinari componenti della famiglia Campi, o alle scoperte scientifiche di Janello Torriani, orologiaio e inventore considerato il genio degli automi.

 

Anche nel settore dell’artigianato la città recitava un ruolo importante, soprattutto per la lavorazione del legno, e la musica si avvaleva di personaggi come Marc’Antonio Ingegneri, maestro di Claudio Monteverdi». Prosegue la Villa: «Era il contesto ideale per lo sviluppo della liuteria, che combinava l’interesse per le invenzioni, la tradizione della scultura lignea e l’attitudine alla musica. Tutto congiurò favorevolmente per l’affermazione di Andrea Amati, il primo grande liutaio di un’eccezionale famiglia di artigiani, che in questa visione sincretica dell’ingegno umano fece addirittura dipingere gli strumenti dai migliori pittori cremonesi, apponendo i segni del potere della corte di Francia. La committenza rispondeva infatti al nome di Caterina de’ Medici, la madre di Carlo IX, un’italiana alla corte di Francia che traghettò un significativo simbolo italiano – un brand, come diremmo oggi – oltralpe. Già allora, infatti, questi strumenti erano considerati i migliori, perché fossero imbracciati dall’intero corpo di musicisti del sovrano: les violons du Roi».

 

Dopo gli Amati, capostipiti della liuteria, vennero i Guarneri, i Ruggieri, gli Stradivari, i Bergonzi: furono queste le famiglie che dominarono il settore fino al 1770, e in particolare divenne di culto la figura di Antonio Stradivari, che nel corso di una lunghissima vita riuscì a ultimare la lavorazione di ben 1.100 strumenti: tanti violini, alcune decine di violoncelli, una manciata di viole e persino qualche chitarra, man dolino e arpa», ricorda la Villa, «ma numerosi sono sparsi per il mondo».

 

Foto Cristian Chiodelli

Fu anche per restituire una casa ai capolavori della liuteria cremonese che nel 2013 è nato il Museo del Violino, «con l’idea di riportare differenti collezioni in città, creando un percorso interattivo guidato (in tutte le principali lingue, cinese e giapponese comprese), alla scoperta dell’alchimia tra acero e abete rosso, i legni più utilizzati nelle nostre botteghe. Lo spazio espositivo è costituito da uno scrigno di tesori permanenti e da un’area dedicata ai Friends of Stradivari, per i cremonesi sparsi nel mondo».

Così è giunta al Museo una collezione che proviene dal South Dakota per il progetto Reunion: «Abbiamo ricevuto la visita di 22 mecenati americani del National Music Museum di Vermillion, che hanno prestato alla città di Cremona otto strumenti: un’esposizione che rimarrà aperta al pubblico fino al 18 ottobre 2020, comprendendo anche la doppia rarità di un mandolino e un archetto stradivariani».

 

Un altro aspetto centrale del Museo è costituito dallo spettacolare Auditorium Giovanni Arvedi: 460 posti con palcoscenico centrale, racchiusi in una sorta di enorme cassa armonica dalle linee sinuose e senza angoli, per donare agli spettatori un’esperienza di ascolto immersiva. L’appuntamento con la musica è garantito da un fitto calendario di concerti e audizioni. «Per dare la possibilità a tutti di ascoltare il suono degli Stradivari, abbiamo creato le audizioni: brevi concerti, a mezzogiorno, in cui si esibiscono molti dei migliori musicisti attivi in città», conclude Virginia Villa.

Musica da ascoltare come il suono dei diamanti, se pensiamo che valgono 25 milioni di euro i circa 350 grammi del Messiah, lo Stradivari del 1716 conservato a Oxford e considerato il più perfetto degli strumenti giunti ai nostri giorni, tanto pregiato da non poter essere suonato da nessuno.

 

Ancora più impressionante la quotazione della viola Stradivari Macdonald del 1719, valutata 30 milioni di euro a un’asta londinese dello scorso anno. Eppure, al Museo del Violino, c’è spazio anche per il violino che non ti aspetti: «I concerti per le famiglie si concludono con un’esecuzione davvero speciale», commenta Fausto Cacciatori. «Il protagonista è un violino giunto da Cateura, baraccopoli alle porte di Asunciòn, in Paraguay». Ai margini della società, la musica ha fatto rinascere un’intera generazione grazie alla Landfill Harmonic Orchestra, un progetto noto anche come Recycled Orchestra e vincitore di innumerevoli riconoscimenti in tutto il mondo. Gli strumenti dell’orchestra filarmonica della discarica sono tutti costruiti con materiale riciclato: latte, bidoni, pezzi di legno. Perché la creatività ha un valore che non ha prezzo.