In apertura SHY (2017), foto di Ela Bialkowska-OKNO Studio

Trasmette silenzio e salda fermezza. Impossibile non alzare lo sguardo su di lei o rallentare il passo per girarle intorno e ammirarla, silenziosa e imponente, appunto. È SHY, l’opera di Antony Gormley inaugurata lo scorso dicembre a Prato dal Comune e dalla Fondazione per le arti contemporanee in Toscana, attraverso il Centro Pecci, in collaborazione con l’Associazione culturale Arte Continua.

Il colosso di 3.600 chilogrammi – anima di ghisa e testa tra le nuvole, con i suoi quasi quattro metri d’altezza – ha una missione: occupare per sei mesi, fino a giugno, un luogo urbano secolare, piazza del Duomo, per inscenare un testa a testa con Michelozzo e Donatello, che lì hanno decorato la facciata della Cattedrale con il celebre pulpito.

Un modo per far nascere una relazione tra antico e moderno che reinterpreti il concetto di spazio pubblico, dove gli umani sentimenti si connettono. «L’arte non deve servire il potere, come accadeva nell’antichità, ma fare da catalizzatore per memorie future. Trasformarsi in una possibilità collettiva che occupi la nostra vita quotidiana e ci racconti il tempo e lo spazio», afferma l’artista londinese. Come a dire che la scultura, accessibile e socializzante, ci parla. Timidamente.