Don Winslow è autore di romanzi che hanno appassionato legioni di lettori in tutto il mondo, dalla trilogia sul cartello di Sinaloa a questo nuovo e riuscito esperimento di sei romanzi. Iscrivendosi così, anche lui, al club di autori di racconti brevi in cui, a nostro avviso, spiccano i 49 di Ernest Hemingway e quelli dell’Ohio di Sherwood Anderson.

 

Broken in inglese significa rotto, spezzato. È un verbo forte, di pronuncia aspra, quasi onomatopeico, che vuol significare al lettore: «Qui è tutto rotto!». Il filo che unisce i sei racconti è proprio questo: «Non è importante come entri in questo mondo, comunque ci entri, ne uscirai spezzato».

Winslow parla sempre degli stessi temi perché vive lì, tra il Texas e il Messico, e sa bene che i suoi personaggi sono corrotti, vendicativi e traditori magari destinati a redenzione, ma non c’è pietà neppure per i redenti.

 

Ognuno dei romanzi descrive le stazioni di una sorta di Via Crucis del crimine: truffatori spregevoli e poliziotti non certo integerrimi, cacciatori di taglie e fuggitivi, uomini che cercano di salvare vite fuori e dentro il loro lavoro senza regole, in un clima cupo, di infernale e dantesca memoria.

L’autore ci fa assaggiare la bellezza di luoghi come New Orleans, violenta come la vendetta, San Diego con i suoi mitici surfisti, le Hawaii con le onde gigantesche e infine El Paso in Texas, al confine con il Messico, con i terribili e impietosi campi di detenzione voluti da Donald Trump. Ed è proprio nel romanzo finale, L’ultima cavalcata, che Winslow ci propone una violenta ribellione in nome di una giustizia e di un’umanità non contemplate dalle leggi. Saranno gli occhi di una bambina rinchiusa in una gabbia a cancellare l’indifferenza di Cal, poliziotto di confine, e a fargli ottenere la sua totale redenzione.

 

Una storia provocatoria che vuol essere anche un atto d’accusa alle politiche d’immigrazione degli Usa. Non c’è mai nulla di scontato o di banale nelle parole di Winslow, che romanzo dopo romanzo ci porta, con il suo grandangolo, a indagare la condizione di un Paese trascurato, abbandonato a sé stesso, smarrito. Insomma, spezzato. 

L’autore ha una sua ricchezza interiore che è un tutt’uno con le avventure di alcuni grandi protagonisti cinematografici: quando leggiamo Rapina sulla 101 ci appaiono Steve McQueen e lo splendido Getaway! mentre la continua sovrapposizione di crudeltà dal vero e gli effetti metaforici come potrebbero non richiamare Kill Bill di Quentin Tarantino? Eva McNabb, la poliziotta che lavora al centralino e chiede al figlio Jimmy di vendicare suo fratello poliziotto torturato e ucciso atrocemente, è davvero una sorta di Ultima cavalcata, che segna un’infinità di punti di contatto tra il primo e il sesto romanzo.

 

L’autore, certo, vuole ammonire sul momento particolare che vive oggi l’America, ma la profondità e la drammaturgia messe insieme in queste sei opere vanno al di là di una riflessione politica ed entrano di diritto nelle pagine della letteratura d’Oltreoceano.