In cover il Teatro Donizetti di Bergamo appena restaurato © Gianfranco Rota

Il Teatro Donizetti di Bergamo, da poco restaurato, era pronto a ospitare la sesta edizione del festival dedicato al grande compositore. Un avvenimento molto importante, e non solo dal punto di vista artistico, per la città lombarda tragicamente colpita dalla grande ondata del Covid-19. Le misure anti-contagio annunciate il 25 ottobre, però, hanno disposto la chiusura dei teatri e l’evento per ora rimane confermato solo in streaming. In attesa di nuove disposizioni che potrebbero consentire di nuovo gli spettacoli dal vivo, la direzione del festival ha deciso di realizzare comunque le opere in programma, senza spettatori in sala, trasmettendole online, con la speranza che non intervengano ulteriori restrizioni.

 

Tre i titoli: Belisario, Marino Faliero e Le nozze in villa. «Gli artisti non vedono l’ora di ricominciare», spiega il direttore musicale Riccardo Frizza, «perché non lavorare è come morire, in qualche modo. Nessuno si è tirato indietro, nessuno ha rinunciato a venire a Bergamo per far parte del festival. È importante che l’artista si faccia protagonista e promotore della cultura, che sta rischiando di morire».

A proposito di protagonisti, lo spagnolo Plácido Domingo è per la prima volta Belisario nell’opera eseguita in forma di concerto. Il baritono, superati i 60 anni di carriera, continua ad aggiungere ruoli al suo sterminato repertorio. E si presenta così ai lettori della Freccia: «Quest’opera è poco rappresentata ma è stata scritta l’anno dopo la più celebre Lucia di Lammermoor e sempre dallo stesso librettista, Salvadore Cammarano. Donizetti in quegli anni ha vissuto un periodo terribile per la morte dell’amico Vincenzo Bellini, dei genitori e di suo figlio. Il personaggio di Belisario, infatti, è veramente tragico. Un condottiero che passa dal trionfo della vittoria all’infamia dell’esilio. Alla fine della sua vita ottiene il riscatto, quando finalmente emerge la verità, e si compie così il ritratto di questo padre e uomo magnanimo. Purtroppo Donizetti non ha scritto una romanza per Belisario», conclude il baritono, «ma abbiamo pagine di recitativi, duetti e terzetti estremamente drammatici che meritano di essere valorizzati».

Riccardo Frizza sul podio © Gianfranco Rota

Frizza, sul podio anche per questo titolo, si entusiasma: «Domingo è una leggenda e per Bergamo è un grandissimo onore averlo in queste recite. È la prima volta che canta in città. Due anni fa l’ha visitata, se ne è innamorato e ha espresso il desiderio di tornare per il nostro festival. Noi ovviamente abbiamo preso la palla al balzo. Tra l’altro, è il primo ruolo baritonale di Donizetti che canterà. Belisario è un’opera importante nel repertorio del compositore e siamo felici che sia lui a interpretarla».

 

Sarà invece in forma scenica Marino Faliero, con Michele Pertusi nel ruolo del protagonista. Si svolge nella Venezia del ‘300 e a metterla in scena sono Stefano Ricci e Gianni Forte, che vengono dalla prosa d’avanguardia e che negli ultimi anni si sono fatti valere anche nella lirica. «Ho condiviso totalmente la scelta del direttore artistico Francesco Micheli di affidare la regia a questa coppia di innovatori», commenta Frizza. «Sanno scavare all’interno della drammaturgia portandola nella nostra epoca e dando un senso al teatro dell’800. Ho visto la loro Turandot al festival di Macerata, uno spettacolo rivoluzionario sotto tutti i punti di vista».

Al festival ci sono anche Elio e Rocco Tanica: un’occasione per scoprire il lato classico dei due artisti, che hanno scritto un numero mancante nel dramma buffo Le nozze in villa. «Nella partitura a noi giunta manca la musica del quintetto, così abbiamo affidato a loro la composizione», specifica il direttore. «È un titolo del Donizetti giovane e si presta alla sperimentazione. Elio e Rocco Tanica sono musicisti di formazione classica, diplomati al conservatorio ma prestati al pop. Abbiamo quindi pensato che potessero essere il collegamento tra la contemporaneità e l’opera lirica».

 

E sul ruolo di Donizetti nella storia dell’opera italiana Frizza conclude: «Ha un posto di assoluta importanza, però spesso non riconosciuto. È il compositore che anticipa gli argomenti e le innovazioni drammaturgiche su cui poi lavorerà Giuseppe Verdi. È stato un apripista nello sviluppare le scene e dare protagonismo agli aspetti psicologici dei personaggi. Nelle parti recitate per me è il primo. Come musicista nessuno lo mette in discussione, ma come drammaturgo lo stiamo riscoprendo adesso».

Articolo tratto da La Freccia