© Luigi De Palma

Sono tornati i Perturbazione, la band capitanata da Tommaso Cerasuolo, con un album sull’amore, anzi, sul (dis)amore: così si intitola, infatti, l’ottava fatica della formazione torinese. Attraverso 23 brani, si racconta una love story in tutte le sue fasi. Il singolo di lancio è Io mi domando se eravamo noi, che ad ascoltarlo fa subito pensare al periodo che stiamo vivendo. Anche se il frontman precisa che, in realtà, nasce da tutt’altro spunto: «È la frase di un racconto autobiografico scritto da Natalia Ginzburg, in cui lei parla del suo secondo marito Gabriele Baldini. E rappresenta uno dei temi centrali del disco».

Vale a dire?

Nei nostri dolori, nelle manchevolezze, nelle piccole ferite c’è molta più verità rispetto alle nostre aspirazioni.


Come mai avete deciso di approfondire questo tema?

Per spostare la cinepresa, mostrando tutte le angolature di una relazione amorosa. Ci piace trattare il sentimento in maniera non didascalica. Le atmosfere malinconiche di un testo crudo e spietato non si devono riflettere per forza nell’attitudine musicale. Si possono evocare situazioni più vere rispetto alla descrizione stucchevole dell’essere felici. Felicità e tristezza sono emozioni misteriose.


Il vostro disco è composto da oltre 20 pezzi. Cosa insolita, oggi, a livello discografico…

Abbiamo assecondato la nostra musica. Alcune canzoni raccontano un momento, altre sono micro brani che evocano un’atmosfera nella loro brevità, come quei passaggi dei Quadri di un’esposizione del compositore russo Modest Petrovič Musorgskij, in cui

sembra che il protagonista passi da un brano all’altro della suite per pianoforte.

© Luigi De Palma

Credi che l’emergenza Covid-19 potrà insegnarci qualcosa?

Ho la sensazione che siamo terribilmente bravi a non imparare nulla. Questa situazione ci ha messo di fronte a fantasmi che già avevamo e se c’erano dei problemi si sono acuiti. Come musicista mi sono guardato allo specchio e ho visto anche cose che non mi piacciono. Dobbiamo imparare ad analizzare e accettare i nostri limiti e la nostra eredità, senza avere fame di libertà e desideri.

 

Come avete trascorso le giornate durante l’isolamento?

Abbiamo cancellato gli eventi, continuando però a raccontare il disco sui social. Stiamo organizzando un live di quartiere e vorremmo farlo senza passare dal web: è bello anche suonare per i propri vicini.


Cosa vi augurate per la ripartenza del Paese?

Che non ci siano esclusi. Dobbiamo essere tutti liberi, senza disparità.