Duecentoquarantuno opere presentate da 56 broadcaster di tutto il mondo, 60 giurati e dieci prestigiosi riconoscimenti da assegnare. Ecco i numeri della 73esima edizione del Prix Italia, concorso internazionale organizzato dalla Rai, che quest’anno ha un titolo decisamente significativo: Rebuilding Culture and Entertainment. Media’s Role for a New Start.

 

Dal 14 al 18 giugno, a Milano, il contest punta sul ruolo dei media, guardando alla duplice sfida dell’innovazione e dell’offerta dei prodotti, per rilanciare la cultura dopo la pandemia e riportare al centro del dibattito pubblico l’arte in tutte le sue espressioni.

 

Annalisa Bruchi, giornalista e segretario generale della manifestazione non ha dubbi: «Durante il lockdown, quando il Paese era fermo, il servizio pubblico e i mezzi di comunicazione di massa hanno cercato di fare lavorare i professionisti dell’intrattenimento, mantenendo vivo un settore tra i più penalizzati. Rai Cultura e Rai Storia hanno continuato a mandare in onda spettacoli teatrali con la consapevolezza che tantissimi lavoratori – soprattutto autonomi, il famoso “popolo dei bauli” – stavano vivendo un periodo molto triste». Per questo, secondo Bruchi, i media «sono fondamentali per un nuovo Rinascimento, per dare un impulso a un settore così in crisi. Bisogna solo cercare di capire come rilanciare la cultura sensibilizzando il pubblico e tenendolo vivo».

Annalisa Bruchi

Anche se, ammette la conduttrice del talk show di Rai2 Restart, l’universo dei mass media è destinato inevitabilmente a cambiare: «Le piattaforme hanno concesso al pubblico un inedito profilo di fruizione e si stanno diffondendo sempre di più le co-produzioni internazionali di serie e film». La pandemia, infatti, ha spinto il rilancio del glocal «che consente di mantenere i propri tratti identitari ma nello stesso tempo di studiare quelli degli altri Paesi attraverso i serial. Una condivisione di valori che, in questa situazione drammatica, ha dato una spinta positiva verso la conoscenza di altre culture».

 

Secondo Bruchi, «sarà un Prix Italia della ripartenza, esattamente come la prima edizione del concorso nel 1948, dopo la Seconda guerra mondiale». Si registra già una bella novità: nonostante la grave crisi a livello produttivo provocata dal Covid-19, il numero di opere presentate in concorso è stato da record: «La voglia di partecipazione fa capire quanto sia forte il desiderio di condivisione nel settore. In questo periodo tutto è difficile, ma si tratta di una comunità più viva che mai. Paesi e aziende che non partecipavano da anni, come la Russia e Mediaset, hanno scelto di esserci».

 

La scelta di organizzare il contest a Milano non è casuale: «In questa emergenza, la Lombardia ha pagato il prezzo più alto. Abbiamo previsto l’inaugurazione proprio al teatro alla Scala per lanciare un segnale importante», prosegue Bruchi. E sottolinea anche il consueto spazio riservato agli esordienti, grazie a un accordo siglato tra la Rai e la Conferenza dei rettori delle università italiane. «Puntiamo sui giovani che formano una giuria speciale incaricata di nominare il loro programma preferito. In più, verranno organizzati progetti di formazione grazie al coinvolgimento degli atenei del territorio: la loro presenza permette di rinnovare il settore e creare contatti tra studenti e mondo del lavoro».

 

Lo sguardo, quindi, è già rivolto al futuro: «Puntiamo a far partecipare broadcaster di nuovi Paesi. Inoltre, vorremmo andare avanti per tutto l’anno grazie ai progetti nati attraverso le nostre masterclass. Già lo scorso anno autori, protagonisti e creatori dei format che hanno vinto hanno tenuto lezioni speciali, da gennaio a marzo, per spiegare a studenti e addetti ai lavori come li hanno realizzati. In pratica, è stato uno spin off del Prix Italia col motto Learning from the best. Mi auguro che questa esperienza non si perda. D’altronde, stimolare la cultura e la curiosità rientra nel ruolo del servizio pubblico».

Articolo tratto da La Freccia