In cover, l'illustrazione per lo spettacolo della Carmen realizzata da Ana Ariane
Per tutte le informazioni - in costante aggiornamento - sugli eventi rinviati o annullati, visita la pagina web teatroregioparma.it
Carmen è una donna anticonformista, emancipata, determinata nel seguire le proprie passioni, tragicamente moderna nella sua ricerca di libertà e tragicamente uccisa dalla gelosia ossessiva di Don Josè, uomo incapace di accettare la fine del loro amore. Parla al presente e mostra tutto il suo fascino e la sua sensualità senza tempo una delle opere più rappresentate al mondo, con le musiche di Georges Bizet e i quattro atti scritti da Henry Méilhac e Ludovic Halévy, tratti dall’omonimo romanzo ottocentesco di Prosper Mérimée.
Un nuovo allestimento della Carmen debutta il 12 gennaio sul palco del Teatro Regio di Parma, che la coproduce insieme ai Teatri di Reggio Emilia e alla Fondazione Haydn di Bolzano e Trento, con repliche fino 23 gennaio. La regia è affidata a Silvia Paoli che ha firmato, tra le altre, opere come Cenerentola, Le nozze di Figaro, Turandot e Il barbiere di Siviglia. L’Orchestra dell’Emilia-Romagna Arturo Toscanini che l’accompagna, invece, è diretta da Jordi Bernacer, resident conductor all’opera di San Francisco dal 2015.
Il Teatro Regio di Parma © Roberto Ricci
«Nel confrontarmi con Carmen, croce e delizia per eccellenza, mi sono interrogata a fondo sia sul libretto sia sulla musica, trovando poi l’illuminazione per come affrontarla», racconta Paoli nelle sue note di regia. «Sono andata alle origini e ho riletto la novella di Mérimée da cui è tratta l'opera di Bizet. È la storia di una donna vista attraverso gli occhi degli uomini: il compositore, i librettisti, lo scrittore e soprattutto Don José. Per questo mi è sembrato importante concentrare l’attenzione sul fatto che Carmen, in realtà, non esista se non attraverso le parole del suo assassino, Don Josè». La sua ossessione malata, che non è amore, e il finale della storia somigliano a una vicenda che potremmo leggere oggi, nella cronaca di qualsiasi quotidiano.
Da queste riflessioni parte la messa in scena: «Ho pensato a una prigione come ambientazione e all’intera vicenda come se fosse non tanto un flashback quanto un ricordo assillante di Don José, che dalla sua cella rivive l’incontro con Carmen. L’epilogo tragico della storia lo racconta deformandolo attraverso l’immaginazione e il proprio punto di vista. È una realtà soggettiva, la confessione di un condannato a morte. La memoria affiora, così, dalla scatola degli oggetti personali che rievocano spazi e situazioni, un fiore, la foto della promessa sposa Micaela, un ritaglio di giornale, la sabbia in una scarpa», sottolinea ancora Paoli.
L’immagine di Carmen e della loro storia è così insistente, quindi, che «Don José arriva a confondere la realtà con la memoria, tanto da alterare perfino il quotidiano, in una spirale che lo condurrà a immedesimarsi con ciò che ricorda, vivere continuamente fra sogno e veglia, senza quasi più poterli distinguere».
La narrazione è ambientata negli anni ‘60, un periodo in cui per le donne comincia a realizzarsi un processo di emancipazione. «Mi sembrava giusto collocare la vicenda in quegli anni, dove il sogno di molti uomini continua a oscillare fra moglie devota e amante lasciva, la Santa e il demonio, Micaela e Carmen, ma per “il sesso debole” si aprono prospettive di crescita e ribellione».
E se in tutta l’opera le donne vengono considerate alla stregua di una merce, la visione proposta da Paoli mira a una presa di coscienza che comincia chiamando le cose con il proprio nome: «Chi uccide Carmen non è un amante tradito o un fidanzato geloso ma un assassino e metterlo in prigione è un modo per rendere giustizia alla protagonista e a tutte le donne che vogliono essere loro stesse, a prescindere dai desideri degli altri».
A dare voce e corpo a Carmen, in questo allestimento dal sapore moderno, è Martina Belli (Ramona Zaharia nelle repliche del 15 e 21), mentre Don José è Arturo Chacon Cruz (sostituito da Azer Zada), Escamillo è Marco Caria (o Alessandro Luongo), Micaela Laura Giordano (Veronica Marini nelle repliche del 15 e 21). Completano il cast il Coro e il Coro di voci bianche del Teatro Regio di Parma, diretti rispettivamente dai maestri Martino Faggiani e Massimo Fiocchi Malaspina.
Articolo tratto da La Freccia