«Nel 2020, a seguito della pandemia da Covid-19, in tutti i Paesi europei i flussi turistici subiscono un profondo shock». Queste le parole con cui si apre il report 2020 dell’Istat sul movimento turistico italiano che, purtroppo, va a seguire il trend negativo che ha colpito anche tutto il resto d’Europa.

Nonostante un gennaio 2020 inizialmente positivo, con oltre il 5% in più di presenze rispetto allo stesso periodo del 2019, le conseguenze della pandemia e delle procedure di lockdown hanno bloccato qualunque speranza di espansione dei flussi turistici. Con una domanda quasi azzerata e una presenza ai minimi nelle strutture ricettive, sono i mesi tra marzo e maggio a rappresentare il momento di massima crisi per tutto il settore con la perdita del 91% della clientela, pari a circa 74 milioni di turisti.

Segnali di ripresa, fiducia nel turismo alternativo e di prossimità

Sebbene il periodo estivo abbia ottenuto in generale numeri inferiori se confrontati con quelli degli anni precedenti, non mancano comunque segnali di leggera ripresa che vedono turisti sia italiani che stranieri, composti per il 47% da tedeschi, ricominciare a viaggiare all’interno dei confini nazionali.

Le mete preferite non sono però le grandi città, che invece sembrano subire maggiormente la paura della pandemia, ma «comuni – come si legge nel report Istat - a vocazione culturale, storico, artistica e paesaggistica» che riescono persino a registrare un incremento di oltre il 6% delle presenze rispetto al 2019.

Anche il tipo di soggiorno sembra subire lo stesso cambio di mentalità con le strutture extra-alberghiere in grado di registrare un aumento del 4,5% degli ospiti nel mese di settembre.