In apertura profughi sopravvissuti all'attacco del villaggio di Rann, in Nigeria, e sfollati in Camerun © Unhcr/ Xavier Bourgois
«Apriamo il nostro cuore ai rifugiati, facciamo nostre le loro tristezze, le loro gioie, impariamo dalla loro coraggiosa resilienza. Così tutti insieme faremo crescere una comunità più umana, una sola grande famiglia». Questo l’appello di papa Francesco in occasione dell’ultimo World Refugee Day, la Giornata mondiale del rifugiato indetta dalle Nazione Unite per il 20 giugno di ogni anno allo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema della protezione internazionale e delle migrazioni forzate.
Ascolta l'intervista a Carlotta Sami, portavoce per il Sud Europa dell'Unhcr
Da allora, guerre, persecuzioni e violenze hanno costretto altri 100 milioni di persone a lasciare la propria terra per cercare salvezza altrove. «Quella dei rifugiati e degli sfollati è una crisi globale. Sono ormai più di dieci anni che assistiamo a una crescita continua e costante del numero di esseri umani in fuga dentro e fuori dal loro Paese», spiega Carlotta Sami, portavoce per il Sud Europa dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati - nel mondo United Nations High Commissioner for Refugees (Unhcr) - associazione impegnata in prima linea a salvare vite umane, tutelarne i diritti e aiutare milioni di persone a ricostruirsi un futuro migliore.
Nata nel 1950 con il compito di assistere i cittadini europei fuggiti dalle proprie case a causa della Seconda guerra mondiale, l’Unhcr lavora oggi in oltre 130 paesi e, con l’emergenza in Ucraina, è tornata a operare nel cuore dell’Europa. «Dall’inizio dell’invasione russa, lo scorso 24 febbraio, sono usciti dal Paese quasi 6 milioni di ucraini (dato aggiornato al 10 maggio 2022 ndr). All’interno ci sono altri 7,7 milioni di sfollati e almeno 13 milioni di vite bloccate o in estremo bisogno umanitario. Il 90% di chi fugge è rappresentato da donne, bambini, anziani e disabili. Secondo le nostre pianificazioni operative, entro dicembre saranno 8 milioni i cittadini ucraini che lasceranno la loro nazione», racconta Sami.
Oltre all’Ucraina, l’Unhcr opera costantemente in molte altre zone di crisi nel mondo. «Siamo in Afghanistan, accanto al popolo Rohingya tra Birmania e Bangladesh, in molti Paesi africani dove è in corso un conflitto, come l’area del Sahel sottoposta alla violenza jihadista, senza dimenticare poi Yemen e Siria». Quest’anno, per la Giornata mondiale del rifugiato, con lo slogan “Chiunque, ovunque, sempre. Ogni persona ha il diritto di cercare protezione”, l’Unhcr vuole focalizzare l’attenzione sul fatto che chiunque fugga da conflitti, discriminazioni e sofferenze ha diritto all’asilo, all’accoglienza e a vivere in un luogo che gli dia sicurezza.
Il motto sembra risuonare anche nelle stazioni, che rappresentano una delle principali mete da raggiungere per chi fugge da una guerra. Ad affrontare il fenomeno dell’emarginazione sociale negli scali ferroviari, dove spesso si concentrano forme di disagio e povertà, ci sono gli Help center, coordinati dall’Osservatorio nazionale della solidarietà nelle stazioni italiane (Onds). Sportelli di ascolto che hanno l’obiettivo di intercettare e prendere in carico le persone più fragili, non solo tra i migranti, indirizzandoli verso percorsi di reinserimento. Nel 2002, con l’attivazione del primo centro a Roma Termini, prende il via questo modello di welfare che vede impegnati il Gruppo FS, le istituzioni e le associazioni del terzo settore in un vero e proprio network della solidarietà.
Ascolta l'intervista ad Alessandro Radicchi, direttore dell'Onds
Dal 2016 al 2020, 107mila persone si sono rivolte alla rete dei 18 Help center presenti nelle principali stazioni d’Italia, tra cui Milano, Bologna, Torino, Genova, Firenze, Napoli, Foggia, Reggio Calabria e Messina, e gli interventi effettuati sono stati circa 2 milioni e 400mila, con supporti per l’igiene personale e la distribuzione di beni primari come pasti, abiti e coperte. È prevista anche un’assistenza medica e legale, oltre a percorsi di orientamento per la ricerca di un lavoro. In media circa 20mila persone all’anno si rivolgono a questi centri: il 50% sono “nuovi”, cioè non sono mai passati prima per uno sportello di stazione, il 75% stranieri, tra richiedenti asilo, rifugiati politici o migranti economici.
Il centro Binario 95 all'interno del Polo sociale dell'Help center di Roma Termini © Daniele Leoni
«Il centro di Roma sta collaborando con la task force del Comune dedicata all’emergenza in Ucraina per gestire un numero verde che riceve migliaia di chiamate», spiega Alessandro Radicchi, direttore dell’Onds. «Passano diverse ore dal momento in cui una persona arriva nelle stazioni di Termini o Tiburtina fino a quando viene inserita nel circuito dell’accoglienza. Il nostro centro di ascolto diventa un punto di riferimento fondamentale per favorire questa connessione».
Centinaia sono le storie dei giovani che, grazie alla rete degli Help center, hanno ritrovato fiducia in loro stessi. Ewan è stata aiutata a valorizzare la laurea conseguita nello Zimbabwe e ora è dottoranda con una borsa di studio in Scienze agrarie, alimentari e ambientali all’Università di Ancona. Jasmine, di origine sudafricana, e Vasile, dalla Romania, non si sono scoraggiati e sono riusciti a trovare un posto di lavoro. Ogni storia è una vita e ogni vita è un bene prezioso che va curato con la massima attenzione. Perché il valore dell’inclusione diventi un principio fondamentale della nostra società.
Articolo tratto da La Freccia