In cover, Museo nazionale del cinema, Torino © Museo Nazionale del Cinema/Michele D’Ottavio

Per dieci anni presidente della Regione Piemonte, deputato e senatore in diverse legislature, da novembre 2019 Enzo Ghigo è alla guida del Museo nazionale del cinema di Torino. «Conoscendo le grandi professionalità che ruotano intorno alla settima arte, ne rimango quotidianamente affascinato», racconta.

 

Inoltre, è un ciclista appassionato, presidente della Lega del ciclismo professionistico, e un amante degli ulivi che coltiva sulle colline di Alassio, in Liguria, nella casa scelta dalla moglie Anna, dove hanno anche un orto. «Siamo quasi autosufficienti», confessa. Il figlio Pietro Luigi, invece, è manager in Cina per una ditta italiana: «Non lo vediamo da tempo a causa della pandemia. Abbiamo assistito al suo matrimonio via zoom dal nostro letto, alle cinque del mattino per il fuso orario. Anna si è commossa ugualmente», racconta Ghigo con un sorriso sornione ed elegante come la sua Torino, dove è nato, cresciuto e oggi vive.

Enzo Ghigo © Museo Nazionale del Cinema/Michele D’Ottavio

Con quale spirito ha cominciato l’incarico di presidente del Museo nazionale del cinema?

Ho accettato molto volentieri la proposta di Alberto Cirio, presidente della Regione Piemonte, che mi ha chiesto di assumere questo ruolo per risolvere alcuni problemi di gestione. Sono un amante del cinema, e ho cercato da subito di creare un clima di reciproco rispetto e sinergia, di essere un buon coach, rinnovando e riorganizzando le cose. Possiamo dire di aver dato una scrollata al tappeto, confermandola fiducia al direttore che era stato indicato dal comitato di gestione, Domenico De Gaetano.

 

Con quali risultati?

Oggi il Museo è una delle principali realtà al mondo, per il suo patrimonio espositivo, didattico, interattivo e di conoscenza dedicato alla storia del cinema, a come è nato e con quali strumenti. Ricordo che Torino, negli anni ’30, è stata la patria dei più grandi produttori cinematografici. Nonostante il periodo molto difficile che tutte le realtà museali ed espositive hanno vissuto, a maggio abbiamo aperto la nuova area dedicata alla realtà virtuale, in due delle 13 chapelle che circondano l’Aula del Tempio, cuore del museo e della Mole Antonelliana, da 20 anni sede del Museo del cinema.

 

Entrare nella Mole è anche per lei, ogni volta, un’emozione?

È una sensazione unica, resta uno degli elementi di fortissimo richiamo insieme all’ascensore panoramico. Tanto che quando i celebri architetti chiamati per nuovi allestimenti alzano gli occhi verso la cupola, con la sua scala elicoidale davvero unica, poi è difficile che rinuncino a tanta bellezza. L’allestimento è infatti rimasto quello originale dello svizzero François Confino, davvero bellissimo.

Una sala del Museo nazionale del cinema, Torino © Museo Nazionale del Cinema/Michele D’Ottavio

Prossimi passi?

Stiamo lavorando per realizzare un settore dedicato agli ultimi 20 anni di storia del cinema, così da coprire un periodo che interessa molto ai nostri visitatori – oltre 800mila all’anno, tra cui moltissimi giovani e studenti – dando spazio ai supereroi della Marvel e alla gaming culture, in collaborazione con la Sony. Nello stesso tempo ci dedichiamo alle icone, per esempio con l’attuale mostra fotografica sulle dive del cinema negli anni‘60, con opere di Angelo Frontoni e altri fotografi tratte dal nostro archivio.

 

Torino ha ben tre festival del cinema, che legame hanno con il Museo?

Li finanziamo tutti e tre: il Torino Film Festival diretto da Stefano Francia di Celle, CinemAmbiente con Giovanni Capizzi e il Lovers, dedicato alle tematiche Lgbt e guidato da Vladimir Luxuria. Oltre a questi, sosteniamo anche una sala cinematografica. Poi, abbiamo forti sinergie con la Film Commission, che si occupa di attrarre produzioni cinematografiche a Torino e in tutto il Piemonte. Invito fin d’ora i lettori a partecipare al prossimo Torino Film Festival, dal 26 novembre al 4 dicembre, nuovamente in presenza. Una rassegna che da sempre presta attenzione alle opere prime e lancia registi capaci.

 

È più interessante conoscere chi è famoso o scoprire chi ha talento?

Un regista affermato racconta quello che ha fatto. Chi non ha ancora fatto nulla racconta ciò che vorrebbe fare. Del primo mi interessa l’esperienza, mentre trovo il secondo molto più stimolante dal punto di vista creativo. Soprattutto se si tratta di giovani con belle idee, come i tanti che sosteniamo con il Torino Film Lab, nella nostra continua ricerca di espressività cinematografica emergente.

Photo Museo Nazionale del Cinema/Michele D’Ottavio

Lei va al cinema? Quale genere preferisce?

Certo che ci vado, la sala è il luogo principe del film. L’immediatezza dell’immagine ti fa viaggiare nella storia e nelle emozioni, ti fa riflettere. Il cinema ha anticipato problemi, affrontato battaglie, è uno strumento culturale fondamentale. Il genere che preferisco è la commedia, con una distinzione tra quella anglosassone e il resto. Senza nulla togliere ai grandi attori italiani, gli inglesi e gli americani hanno il pregio di saper raccontare storie dal significato universale, capaci di catturare un vastissimo pubblico. Noi italiani, come i francesi, cerchiamo troppo spesso di lavorare per un’élite, con trame tormentate. Poi gli americani hanno Steven Spielberg, che ha coperto con i suoi film tutto lo scibile cinematografico: a breve uscirà il suo remake di West Side Story, addirittura un musical. E poi le attrici Meryl Streep, Helen Mirren, icone del cinema, o Robert De Niro e Dustin Hoffman. Ci sono pellicole che rivedo spesso, come Will Hunting - Genio ribelle di Gus Van Sante i film di Sergio Leone, Federico Fellini, Ettore Scola e Woody Allen.

 

Se le offrissero una parte in un film, chi vorrebbe interpretare?

Il tenente Colombo.

 

Il suo rapporto con il viaggio in treno?

Fantastico, mi piace da sempre. Da parlamentare sono stato tra i primi a privilegiare il Frecciarossa per Roma a sfavore dell’aereo. Il treno mi rilassa e mi offre qualche ora per organizzare il mio lavoro e ciò che voglio approfondire. Lo uso anche da ciclista, con bici al seguito. Mi piacerebbe percorrere uno dei tratti coperti dalle ferrovie storiche, da Cuneo a Nizza per esempio.

Il presidente del Museo nazionale del cinema, Enzo Ghigo, con il giornalista Andrea Radic alla stazione di Torino PN

Ha una passione per la Liguria e il mare.

Nasce da Anna, mia moglie, ho un rapporto affettivo con quei luoghi, dove mi dedico anche all’agricoltura. Ho studiato agraria, anche se non l’ho mai praticata.

 

Un presidente contadino?

Come Cincinnato (ride, ndr). Abbiamo un uliveto di 300 anni che era abbandonato da 70, così l’ho riportato in vita e alla produzione, minima: quest’anno abbiamo imbottigliato 55 litri di olio ed è stata una grande soddisfazione.

 

Lei è un convinto sostenitore delle eccellenze agroalimentari.

Ho sempre seguito e sostenuto questo settore, importante anche dal punto di vista occupazionale. Da presidente della Regione abbiamo dato vita al Salone del Gusto e sono tuttora membro del cda dell’Università di Scienze gastronomiche di Pollenzo, a Bra (CN). A proposito, il fondatore di Slow Food Carlo Petrini ha assaggiato il mio olio e lo ha promosso senza riserve. Poi con la Film Commission cerchiamo di promuovere sullo schermo i territori del Piemonte e le sue eccellenze gastronomiche ed enologiche. Vorrei realizzare ciò che Ridley Scott ha fatto con il film Un’ottima annata.

 

Il profumo della sua infanzia?

Quello che si sente in campagna quando a maggio si taglia l’erba, ricordo mio papà che nelle ripe tagliava i rovi con la falce.

Articolo tratto da La Freccia