© Associazione Ferrovie in Calabria

Carrozza 9, lato finestrino. Bianca sta leggendo un libro mentre il Frecciarossa su cui viaggia corre lungo i binari che costeggiano il mare cristallino della Calabria. Gira lo sguardo, vede dall’alto verso il basso un lungo tappeto azzurro e calmo. Afferra lo smartphone e scatta una foto. La luce del primo pomeriggio di giugno la rende perfetta.

 

«Il mare, dopo tanto tempo rivedo il mio mare», dice quasi emozionata, «è la prima volta che lo osservo da questa nuova prospettiva». Il mare calmo che si intravede dal finestrino è quello di Paola, provincia di Cosenza. E la nuova prospettiva è il Frecciarossa Torino-Reggio Calabria che sta per arrivare in stazione dopo aver attraversato la Riviera dei Cedri e le meraviglie di Maratea.

 

Il nuovo collegamento con il treno AV ha fatto il suo debutto il 3 giugno, proprio nella giornata di riapertura agli spostamenti liberi tra le regioni, dopo il lockdown imposto dall’emergenza sanitaria. Una data importante, quasi simbolica. Ma sono i giorni, le settimane e i mesi successivi a segnare il cambio di passo. È il passaggio dall’eccezionalità alla normalità a stabilire il successo. A creare l’abitudine, a rendere certa la novità. A far crescere la consapevolezza di poter partire dal Piemonte al mattino per arrivare in Calabria prima del tramonto, senza dover spezzare il viaggio o cambiare treno. E senza dover utilizzare l’auto.

 

Una bella routine. Quattro collegamenti al giorno, due verso Sud e altrettanti verso Nord, che da inizio giugno permettono a tante persone di tornare e ripartire, andare al lavoro e rientrare a casa, vedere i propri cari e trascorrere qualche giorno di relax per riprendere fiato. Di viaggiare per visitare una città d’arte. Di salire sul Frecciarossa Torino-Reggio Calabria per sentirsi parte di una storia o semplicemente per provare un’alternativa ad altri mezzi di trasporto. Anche solo per vedere l’effetto che fa.

 

Un servizio che fin dal viaggio di debutto ha significato molto. Metafora dell’Italia che riaccorcia le distanze e che avvicina il Sud alle città servite dall’Alta Velocità. Metafora di un Paese che riparte e si ritrova in un abbraccio, che torna a casa, guardando fuori dal finestrino a testa alta.

Veduta panoramica di Reggio Calabria ©Giuseppe Tommaso/AdobeStock

Il treno è diventato ancora una volta portatore di libertà, gioia, sorrisi, seppur nascosti dietro una mascherina. Portatore di normalità. Quella che tutti ricercano nei momenti di difficoltà, quella che tutti credevamo di aver perso durante il periodo buio del lockdown, e che stiamo, a piccoli passi, ritrovando: «La prima cosa che farò sarà andare al mare, salutare gli amici, vedere i miei nonni, cose normali, niente di speciale», dice Luca, 20 anni, partito da Milano e diretto in Sicilia, «è da sei mesi che non vedo i miei genitori, mi basta esser riuscito a ritornare».

 

Enzo, 60 anni, legge invece la scritta Torino sul tabellone elettronico della stazione di Reggio Calabria e si ferma a pensare. La memoria, quando vuole, sa essere più veloce anche di un Frecciarossa. Riapre i cassetti e rispolvera gli archivi, corre subito indietro nel tempo e mostra fotografie nitide del tempo che fu. Il suo ricordo va subito ai Treni del Sole, i collegamenti fra il Sud e il Nord d’Italia che venivano presi d’assalto da chi lasciava la propria terra in cerca di lavoro e fortuna. Venivano chiamati i viaggi della speranza. La speranza di una casa, un salario, una vita dignitosa seppur lontana dalle proprie origini.

 

Il mondo oggi è cambiato, e con lui anche i trasporti. Per speranza si viaggia ancora, ma le valigie di cartone hanno lasciato il posto a trolley colorati e sacche per le bici. Non si sgomita più per l’ultimo posto in piedi, ma a bordo di Frecce e Intercity i passeggeri si sistemano sui posti distribuiti a scacchiera mentre sopra i sedili un marker rosso indica quello da lasciare libero per rispettare il distanziamento personale. «Ancor prima di salire ci è stato distribuito un kit gratuito con mascherina, poggiatesta, guanti, gel igienizzante e lattina d’acqua», racconta Luca, «e vediamo il personale igienizzare continuamente ogni maniglia, pulsante e bottone».

 

Nuove norme introdotte con l’emergenza Covid-19, ma che non hanno cambiato la natura dei viaggi in treno. Il treno è sicuro, affidabile, sostenibile. Green. «È bello», dice Giada, 22 anni, studentessa a Milano. E questa è forse la parola giusta. Il treno è semplicemente bello. Può sembrare un aggettivo banale, generico. Pane comune per i poveri di vocabolario. Ma in realtà racchiude in sé tutta l’essenza dell’esperienza vissuta.

 

Se non fosse semplicemente bello, sui social non si troverebbero decine di video girati nei primi giorni di vita del nuovo collegamento. Per riprendere i primi passaggi del Frecciarossa in Calabria c’è chi si è appostato su un ponte a Lamezia Terme (CZ), chi in stazione a Rosarno (RC), chi sulla banchina della stazione di Scilla (RC). Anche nell’ultimo chilometro verso la stazione di Reggio Calabria, il Frecciarossa è stato accolto da curiosi e passanti. In silenzio, in attesa di qualche suono premonitore. Un sibilo, un fischio. La Freccia arriva, pochi istanti, e riscompare.

 

«Questo treno è lunghissimo», dice un bambino al padre, «ho contato 12 carrozze». Sugli Etr 500, i Frecciarossa di Trenitalia, le carrozze sono 11. Ma sui Torino-Reggio Calabria è stata aggiunta la dodicesima per consentire una maggiore capienza dei convogli e, al tempo stesso, rispettare il distanziamento a scacchiera fra i posti a sedere.

 

Se viaggiare in treno non fosse semplicemente bello non resteremmo a occhi aperti ogni qual volta dal finestrino appare il mare della Calabria, la natura selvaggia del Cilento, il sole di Napoli e il fascino di Bologna. Viaggiare sul collegamento AV più lungo d’Europa, 1.266 chilometri da Nord a Sud del Paese, è come scattare una lunghissima panoramica dell’Italia. Benvenuti, insomma, sul treno della ripartenza, benvenuti sul Frecciarossa Torino-Reggio Calabria.