In apertura © Donatella Rimoldi

 

Le sue canzoni restano nella testa, si canticchiano con facilità. Come capita con le creazioni geniali che, nella loro semplicità, arrivano a tutti e diventano iconiche. Chi non ha mai ascoltato Ma il cielo è sempre più blu o la sua versione di A mano a mano?

 

E chi non ha mai intonato una strofa di Gianna, con cui nel 1978 Rino Gaetano conquistò il terzo posto al Festival di Sanremo? Un’esibizione memorabile del cantautore calabrese di adozione romana che si presentò con un look da outsider – cilindro, frac e ukulele – nonostante fosse in realtà un timido.

«Aveva una visione petroliniana, in contrasto con il mondo di allora.

 

Basti solo pensare che fu il primo a portare all’Ariston la parola sesso e a trattare il tema dell’emancipazione femminile», ricorda il nipote Alessandro Gaetano, figlio di Anna, sorella di Rino.

 

È lui, insieme ad Alessandro Nicosia, a curare la mostra Rino Gaetano, ospitata dal 16 febbraio al 28 aprile nel Museo di Roma in Trastevere, promossa da Roma Capitale, Assessorato alla cultura, Sovrintendenza capitolina ai beni culturali e organizzata da C.o.r. - Creare organizzare realizzare.

«Un progetto diventato finalmente realtà. Era anche un desiderio tenuto per molto tempo nascosto da mia madre, un po’ gelosa dei sentimenti e dei ricordi familiari, che negli anni ‘90 fondò anche la Rino Gaetano Band per riproporre i brani del fratello». 

RIno Gaetano Mostra

Foto © Archivio Anna Gaetano

 

L’esposizione «vuole raccontare non solo l’artista, ma la personalità che si era costruito nel tempo e anche le sue passioni e aspirazioni, come il teatro. Rino, infatti, aveva iniziato recitando Samuel Beckett ed Eugène Ionesco. I visitatori potranno scoprire quali libri leggeva, cosa assorbiva nei suoi innumerevoli viaggi tra Germania, Spagna, Città del Messico e Miami. Ma anche la sua passione per la fotografia, visto che scattava e sviluppava anche da solo», spiega Alessandro.

 

Tra gli elementi narrativi esposti ci sono i suoi strumenti musicali, gli indumenti, video e clip di Rai Teche, il suo documento d’identità. E poi le pagine scritte da lui, «racconti buttati giù con uno stile personale», ma anche il frac che affittò a Sanremo. Nel periodo di apertura della mostra Alessandro suonerà piccoli live, acustici e raccolti, con la Rino Gaetano Band e Diana Tejera, con cui si esibisce ogni anno nella ricorrenza del 2 giugno, il Rino Gaetano Day per ricordare quel giorno del 1981 in cui Gaetano perse la vita, e in occasione del Buon compleanno Rino, il 29 ottobre. Rino e Alessandro hanno vissuto insieme per circa dieci anni, la differenza di età tra loro era di 20.

 

Il ricordo del nipote è molto affettuoso: «Mio zio era divertente e scherzoso, mi accompagnava a scuola e mi faceva da padre, visto che il mio era poco presente, ed era un buon fratello con mia madre». Ma la passione per la musica Alessandro l’ha assorbita dalla nonna. «Sono andato ad abitare con lei, si sentiva sola dopo aver perso il figlio, il marito e la sua più cara amica. A volte, poi, mia nonna mi confidava che Rino le diceva divertito di non voler apparire troppo in tv per non stancare il pubblico. Mentre alla fine il suo messaggio universale, semplice e di speranza è arrivato a tutti».

 

La canzone più significativa dello zio, secondo lui, è Ti ti ti ti, con il suo testo chiaro e non ermetico, mentre è più complesso quello del brano E la vecchia salta con l’asta, il pezzo più adatto al palco, composto da Gaetano quando era molto giovane, nel 1974. E poi ad Alessandro vengono in mente Io scriverò, che racconta di un eroe a tempo perso, come si sentiva Rino, e Mio fratello è figlio unico. Canzoni dal ritmo veloce e orecchiabili, ma anche provocatorie e ironiche su politica e costumi sociali. E viene voglia di sentire e risentire i brani per ritrovare se stessi tra «chi vive in baracca, chi suda il salario, chi ama l'amore e i sogni di gloria».