Si chiama porta della campana– dice mostrando la corda che sale fino al tetto– e la faceva suonare mia nonna per richiamare noi bambini a pranzo. Primo tocco dieci all’una, secondo pochi minuti dopo, e se arrivavi tardi mangiavi la sera. Avevo forse dieci anni». Vivido e dolce il ricordo con cui il barone Francesco Ricasoli torna con il pensiero a uno dei periodi della vita al castello di Brolio, dove è nato e che appartiene alla sua famiglia dal 1141. Qui nacque e visse Bettino Ricasoli, suo quadrisnonno, il “Barone di Ferro”, che fu sindaco di Firenze e secondo presidente del Consiglio nel Regno d’Italia, dopo Cavour.
Nel corso del tempo il castello ha subito una travagliata storia di assalti, guerre e difese. Seppur distante solo 20 chilometri da Siena, Brolio è sempre stato dalla parte di Firenze, per la quale rappresentava un avamposto strategico. Fu raso al suolo e ricostruito, bombardato e restaurato. Ma oggi, come da dieci secoli, continua a dominare le dolci colline, le valli dai mille toni di verde, gli splendidi vigneti fitti e movimentati come onde del mare, che fanno parte dei 1.200 ettari delle tenute Ricasoli, nel cuore del Chianti classico a pochi chilometri da Gaiole.
L’atmosfera che si respira a Brolio è davvero unica. Lo è per la storia che vi si rivive, ma anche per qualcosa di ancor più intangibile, eppure molto presente. Il senso di una piccola comunità con la persona al centro della vita quotidiana. In passato il castello univa signori e contadini, artigiani e soldati, era difesa e focolare. Così oggi. Il senso è il medesimo con la cantina, i 230 ettari vitati, gli uliveti, le case coloniche, la piazzetta con l’Agribar e l’Osteria di Brolio a pochi passi, l’ospitalità diffusa di Villa Agresto e le Agriroom. Luoghi di vita e lavoro dove è molto forte il senso di appartenenza a ciò che la famiglia Ricasoli incarna e dove l’accoglienza è il filo conduttore. «Si tratta di dare qualità sotto ogni punto di vista», spiega Francesco. «Brolio è sempre stato frequentato, già alla fine dell’800: come recita un cartello che abbiamo conservato, si poteva lasciare il cavallo presso la stalla per visitare il castello. Oggi è una meta molto ambita, perché ci si immerge nella natura e si respira aria pulita godendo di buona cucina, ottimi vini e tanta cultura, grazie alle visite tematiche e al piccolo ma interessantissimo museo storico».
Nella storia della tua famiglia quando compare il vino?
Da sempre. Qui siamo nel cosiddetto Chianti storico, che comprende oltre a quello di Gaiole, i comuni di Castellina e Radda, a un tiro di piccione da Siena. Brolio è sempre stata la fortezza più importante a difesa di Firenze, città con cui la mia famiglia ha sempre avuto un legame. Noi siamo feudatari legati alla terra, in famiglia qualche vescovo e cardinale, ma soprattutto combattenti, questa era zona di uomini d’arme. Qui il vino, dunque, è sempre stato prodotto, diventando nel corso del tempo un aspetto sempre più importante per l’economia locale. Nel 1722 il duca di Norfolk scriveva a un rappresentante di Brolio a Londra, per assicurarsi ogni mese la consegna di non meno di 20 casse del nostro vino. Poi la grande rivoluzione di Bettino Ricasoli, che il 26 settembre1872 ottenne il “vino perfetto” che cercava da decenni: Sangiovese, un poco di Cannaiolo e qualche goccia di Malvasia solo per i vini di pronta beva. Era nata la ricetta del Chianti classico.
Nel 1993 inizi a occuparti direttamente dell’azienda.
Un percorso affascinante ma difficoltoso, un periodo di investimenti, per il rifacimento dei vigneti e l’introduzione di un approccio più contemporaneo, pur mantenendo l’eredità dei Ricasoli: la ricerca quasi ossessiva del miglioramento e dell'impronta stilistica che oggi troviamo nei nostri Chianti classico, riserva e gran selezione, e nei cruda singolo vigneto, massima espressione della conoscenza del territorio, come il Colledilà Sangiovese in purezza e il Colleferro 100% Merlot. Lo stile è anche un valore che si ritrova nei dettagli dei luoghi di Brolio. La quiete caratterizza l’agriturismo Villa Agresto, una casa immersa nel verde delle colline in un piccolo boschetto con sguardo a perdere sui vigneti. Oppure l’Osteria di Brolio, accogliente e d’atmosfera sia negli interni dai toni chiari del legno sia nella zona esterna all’ombra dei pini. Qui, da poche settimane, lo chef Luca Aprea guida una cucina concreta ed elegante che porta in tavola il territorio con un tocco di esperienza dalla sua Ischia. L’orto è a pochi passi dalla cucina e alcuni selezionati produttori locali aggiungono gusto e stagionalità alle ricette. Da non perdere una sosta all’Agribar “frizzato” negli anni ‘60: arredi, oggetti, vecchi poster, una bicicletta, persino la macchina del caffè risale a quell’epoca, seppur restaurata per un servizio moderno. Tutto è dedicato all’Eroica, la manifestazione ciclistica d’epoca che ogni anno richiama a Gaiole in Chianti migliaia di partecipanti dai quattro angoli del mondo (in programma a ottobre, domenica 4 a Gaiole e domenica 25 a Buonconvento la Nova Eroica). Sopra l’Agribar, con vista sulla piazzetta, quattro camere appena terminate consentono di vivere il passaggio dei ciclisti in prima fila. «L’Eroica è una grande idea di Giancarlo Brocci, gaiolese appassionato», sottolinea Ricasoli, «una festa che richiama oltre ottomila partecipanti. La salita al castello sulla strada bianca, come chiamiamo noi lo sterrato, è davvero suggestiva: i primi la percorrono ancora al buio, prima dell’alba, illuminata dalle fiaccole». Il maniero ospita anche il piccolo ma irrinunciabile museo di famiglia, alcune stanze dedicate a momenti e fatti della storia dei Ricasoli. Dalle armi appartenute loro nel corso dei secoli e utilizzate per segnare il destino di quelle terre, alla stanza del Risorgimento dedicata alla figura di Bettino Ricasoli e quella successiva riservata alla visita di Vittorio Emanuele II. Poi i bellissimi giardini esterni e la cappella di San Jacopo con la cripta di famiglia. A Brolio, dunque, si va per tornare indietro nel tempo ma anche per godere di un’accoglienza attenta e contemporanea. E, se capita di incontrarlo, per fare due chiacchiere con il barone Francesco Ricasoli.
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