In cover, Orgosolo (1964) © Lisetta Carmi/Martini & Ronchetti

Mani che rifiniscono tappi di sughero, donne che impastano il pane in casa o escono da una chiesa vestite di nero, uomini sorridenti ripresi durante una pausa di lavoro o mentre passeggiano a cavallo per le strade di paese. Anziani che riposano seduti per strada in attesa che arrivi inesorabile il proprio tempo, bambini che giocano durante una festa, disegnano enormi scarabocchi sui muri o sono affaccendati nel portare secchi d’acqua.

 

Sono i soggetti degli scatti – un centinaio, in bianco e nero – che compongono la sezione principale della personale di Lisetta Carmi Voci allegre nel buio. Fotografie in Sardegna, al Man di Nuoro fino al 20 giugno (fatte salve eventuali chiusure temporanee per contrastare il Covid-19).

Calangianus, sugherificio (1964) © Lisetta Carmi/Martini & Ronchetti

La mostra, curata da Luigi Fassi e Giovanni Battista Martini, è parte di una ricerca condotta dal museo nuorese sul rapporto tra i grandi maestri italiani dell’obiettivo e la Sardegna: un dialogo iniziato nel 2020 con la retrospettiva dedicata al cesenate Guido Guidi.

Nuoro, funerali del carabiniere (1962) © Lisetta Carmi/Martini & Ronchetti

La Carmi, tra le più stimate fotografe del secondo ‘900, inizia a interessarsi all’isola negli anni ‘50, seguendo i racconti di Maria Giacobbe, insegnante elementare a Orgosolo in Barbagia, pubblicati sulla rivista Il Mondo e poi nel libro Diario di una maestrina. L’artista genovese raggiunge per la prima volta il paesino nel 1962, per incontrare quegli studenti saliti ormai agli onori della cronaca, ma finisce per scoprire e immortalare il quotidiano dell’intera comunità sarda, frequentata anche in soggiorni successivi, fino al 1976.

Irgoli (1964) © Lisetta Carmi/Martini & Ronchetti

È del 1966 il testo della fotografa Il Capodanno di Orgosolo: la festa della Candelaria, da cui sono estratte le parole che danno il titolo alla mostra: «Gruppi di donne (per lo più quattro) cominciano a girare per il paese, si fermano vicino alle case dei giovani sposi e cantano brevi canti di augurio. Nel buio si sentono queste voci allegre […]».

 

Il risultato della ricerca artistica di Lisetta Carmi è così il ritratto antropologico di una vita dominata da riti e tradizioni, ruoli sociali incasellati e lavori faticosi. Un’esistenza difficile che sembra emergere anche dai paesaggi ripresi dalla fotografa: strade, case, spianate e montagne in cui spicca l’invadenza della pietra, dura e solida.

Articolo tratto da La Freccia