In cover, Cracking Art, Tempo di lupi (2021), stazione di Parma
Senza mezzi termini: l’arte e la cultura sono state gravemente minate dal Covid-19. Da oltre un anno sono paralizzate, senza aria e senza possibilità di essere. Una ferita che fa boccheggiare l’intero Paese, lacera metaforicamente i musei chiusi, cancella il vivido potere taumaturgico che un capolavoro, un’opera teatrale dal vivo o un cinema offrono.
E proprio La Ferita è il titolo dell’opera site-specific, visibile fino al 22 agosto, con cui l’artista parigino JR ha trasformato la facciata principale di Palazzo Strozzi, a Firenze, cambiandone i connotati con un effetto ottico oversize.
Uno squarcio profondo, alto 28 metri e largo 33, realizzato con un collage fotografico in bianco e nero, che crea un effetto suggestivo di prospettiva e profondità. Il palazzo fiorentino sembra lacerato, smembrato delle secolari pietre, aperto all’esterno, graffiato nella sua scorza più dura: mostra una lesione talmente grande da offrire l’intimità dei suoi ambienti, reali e immaginari, in maniera nitida. Si scorgono il porticato del cortile interno, la biblioteca all’ultimo piano e una sala espositiva che contiene le botticelliane Primavera e Venere. Palazzo Strozzi pare profanato nella sacralità di sito d’arte, come fosse a cuore aperto, e si offre per attirare l’attenzione mediatica sull’accessibilità ai luoghi della cultura in pandemia.
JR, La Ferita (2021), Palazzo Strozzi, Firenze © Ela Bialkowska, OKNO studio
A gallerie chiuse, l’arte si fa pubblica, esce dalle sedi espositive per occupare varie e svariate zone urbane. Poco distante, al centro di piazza della Signoria, un’altra installazione si staglia monumentale, superbamente messa al confronto con la Torre degli Arnolfi. È l’Abete dalle grandi misure di Giuseppe Penone, esponente dell’Arte povera da sempre interessato alla riflessione su natura, materia e storia, soprattutto in ambito cittadino: qui, secondo l’artista, perfino in un luogo tanto connotato come la piazza più nota di Firenze, si sviluppa l’estensione tra cultura e paesaggio, memoria e presente.
Con i suoi rami spogli e protesi verso l’alto, il tronco massiccio e pieno di rughe lignee, l’opera di Penone, dall’anima e la corteccia d’acciaio e bronzo, anticipa Alberi In-Versi, la personale dedicata allo scultore torinese allestita dal 1° giugno al 12 settembre alle Gallerie degli Uffizi, nell’ambito delle celebrazioni dantesche. Il richiamo è all’abete «che vive della cima», citato nel Paradiso, simbolo del confine tra terra e cielo.
Sempre in occasione delle celebrazioni per i 700 anni dalla scomparsa del Sommo Poeta, e con la volontà di rendere l’arte accessibile all'intera comunità, a Grosseto è allestita fino al 30 settembre Dinamica. Tra le vie e le piazze del centro, sei grandi sculture bronzee di Sauro Cavallini, immerse tra la gente, inneggiano all’amore. Anche attraverso richiami a figure mitologiche, il sentimento assoluto è espresso come legame universale e sentire comune verso il Creato e i suoi abitanti. Il duomo della città toscana fa da quinta ad Amore Universo, la composizione scultorea in cui due figure antropomorfe si intrecciano e fondono in un abbraccio ideale tra tutti i popoli del mondo.
Antony Gormley, Fai spazio, prendi posto, progetto per Arte all’Arte (2004), Stazione FS (binario 2), Poggibonsi (SI) © Ela Bialkowska, courtesy the artist e Associazione arte continua, San Gimignano
È letteralmente una caccia al tesoro, il percorso Arte all’Arte che si dipana tra installazioni permanenti e all’aperto con nomi del calibro di Sol LeWitt, Anish Kapoor, Mimmo Paladino, Ilya Kabakov, Kiki Smith, Antony Gormley, Joseph Kosuth. Nato da un’idea di Associazione arte continua, in collaborazione con i comuni senesi Colle di Val D’Elsa, San Gimignano e Poggibonsi, il progetto ha l’obiettivo di promuovere i territori anche come distretti del contemporaneo. Tra i vari interventi, quello di Gormley riflette sulla dimensione umana. I suoi uomini di ghisa, presenti in vari luoghi di Poggibonsi, tra cui il secondo binario della stazione ferroviaria, sono ricavati dai calchi di cinque abitanti della cittadina e da quello di uno straniero.
A Parma, invece, sono gli animali selvatici a invadere la fontana del piazzale della Pace e la stazione, in un triplo allestimento dell’opera Tempo di Lupi ideata dal movimento artistico Cracking Art e diffusa nelle aree al secondo piano dello spazio viaggiatori, nel mezzanino e in quello interrato. In occasione di Parma 360, il festival della creatività contemporanea, dall’8 maggio fino a fine giugno, 30 lupi in materiale plastico riciclato diventano simboli e guardiani di una maggiore e più rispettosa convivenza tra esseri umani e natura selvatica, in un dialogo alla pari. Ventinove di loro sfoggiano un giallo intenso, in onore del colore delle case della città che accoglie e protegge, mentre uno è grigio come gli esemplari appenninici che popolano le colline e le montagne circostanti.
Infine, il progetto Sol Indiges. Arte pubblica a Pomezia tra mito e futuro, fino al 15 ottobre nella città in provincia di Roma, abbraccia il bene comune e amplifica il ruolo di uno degli edifici più importanti, la biblioteca pubblica, con un murales ipercolorato di oltre mille metri quadrati. L’antiporta di Agostino Iacurci, assecondando le architetture e le forme geometriche della Biblioteca comunale Ugo Tognazzi, si pone da interfaccia tra passato e presente, mito e futuro, e rievoca il sesto libro dell’Eneide, quello dove la Sibilla cumana profetizza a Enea lo sbarco sulle coste laziali. Sulla grande pittura muraria, il susseguirsi circolare di giochi cromatici, figure mitologiche e riferimenti all’archeologia o ai classici letterari, testimonia come quel grande portale conduca a un sito laicamente sacro: la casa del sapere.
Articolo tratto da La Freccia
Al Mattatoio cinque fotografi internazionali raccontano la Città Eterna
04 maggio 2021