Chiara Fumai legge Valerie Solanas, videoinstallazione, dettaglio (2013) © Ela Bialkowska

Lottatrice dell’arte e femminista del XXI secolo, ha riflettuto sui più recenti linguaggi dell’estetica attraverso performance e prestazioni creative ad alto tasso di consapevolezza. Chiara Fumai se n’è andata troppo presto, non ancora 40enne, nell’agosto del 2017, ma il suo lavoro – anzi lo “slavoro”, come amava definirlo – complesso e pungente ha saputo lasciare un’impronta profonda nel mondo dell’arte italiana e internazionale.

 

Fino al 7 novembre il Centro Pecci di Prato le dedica Chiara

Fumai. Poems I will never release 2007-2017, una retrospettiva a cura di Milovan Farronato e Francesco Urbano Ragazzi che raggruppa gran parte della poliedrica produzione dell’artista romana: performance, video, collage, wall painting, poesie e installazioni ambientali.

 

In sottofondo, srotolate lungo tutto il percorso espositivo, le parole di alcune donne che Fumai ha utilizzato come mattoncini per costruire le proprie opere e, quindi, la propria identità professionale. Figure femminili controverse, capaci di imporsi e poi riscattarsi, come la medium Eusapia Palladino, la teosofista Madame Blavatsky, la terrorista Ulrike Marie Meinhof, la scrittrice Carla Lonzi e l’anarchica Valerie Solanas, che nel ‘68 sparò ad Andy Warhol. Antieroine di nicchia, tenacemente riabilitate e poi assimilate nei propositi sovversivi, femministi e rivoluzionari tipici della poetica di Fumai.

Articolo tratto da La Freccia