In cover Tulips (1995-1998), collezione privata © Jeff Koons Photo Tom Powel Imaging

Ironico, controverso e discusso. Jeff Koons è un nome che nel mondo dell’arte significa fama, sperimentazione e linguaggi in continua evoluzione. «Un artista per cui si usano molto i superlativi», spiega Arturo Galansino, curatore insieme a Joachim Pissarro della grande mostra a Firenze dedicata allo scultore americano. «In effetti, ha incarnato le trasformazioni del contemporaneo negli ultimi 40 anni».

 

Jeff Koons. Shine, a Palazzo Strozzi fino al 30 gennaio 2022, promette di essere una delle più complete monografiche che gli siano mai state dedicate, con una selezione delle opere più celebri che coprono tutta la sua carriera. Dai primi lavori degli anni ’70 alle più recenti rimodulazioni della classicità, dai piccoli oggetti alle grandi installazioni. Con una lettura critica più approfondita, capace di far emergere simboli, denunce e biografie personali, intrecciandole a certi riti della società occidentale.

 

«Spesso lo si associa a un’arte sempre più globale e costosissima, legata a un mercato in costante crescita», prosegue Galansino, che della Fondazione Strozzi è il direttore generale, spiegando i passaggi salienti della mostra. «Questo è un dato incontrovertibile, le sue opere sono state battute all’asta come le più care al mondo per un artista vivente». Nell’immaginario collettivo, Koons è l’artista delle grandi sculture a forma di palloncino, tra cui Rabbit, venduto a quasi 100 milioni di dollari, il record di sempre. Ne parliamo con Galansino.

Ballon Dog, collezione privata © Jeff Koons Photo Mike Bruce, Gate Studios, London. Courtesy the Royal Academy of Arts, London Serie Celebration

Cosa vuole far emergere questa rassegna?

Vorrei che uscissero anche le caratteristiche più profonde del lavoro di Jeff, che con le sue creazioni parla di inclusione, di critica sociale e al consumismo, di spiritualità. Ha come precedenti Andy Warhol e i ready-made di Marcel Duchamp, Salvador Dalí e il Concettuale. I suoi sono lavori ironici, ludici, citano e reinterpretano, ma rappresentano molto di più, rimandando a temi profondi.

 

Il critico Francesco Bonami, in un suo saggio, ha scritto che Koons trasforma la banalità in qualcosa di prezioso.

È vero. Ha elevato la convenzionalità del quotidiano e, soprattutto, ha svelato molto della nostra società, quella dei consumi, sbattendoci in faccia il kitsch e il gusto delle masse sublimandolo in oggetti del desiderio per l’élite, in capolavori per grandi collezionisti.

 

Come ci è riuscito?

Con un’operazione condotta con grande generosità e rimettendo in gioco i punti di vista di tutti i visitatori, quelli addetti ai lavori e quelli che hanno gli occhi meno allenati. Jeff considera l’arte, che sia nota o meno, alla portata di tutti e vuole considerare qualsiasi percezione, approccio, sguardo e riflessione che ne deriva.

 

In mostra ci sono anche i suoi ultimi progetti.

Sì, quelli della serie Gazing Ball, forse ancora poco capiti, in cui propone una rilettura delle sculture e dei dipinti classici. Che sia un calco da accademia o una copia concepita per abbellire i giardini, realizza riproduzioni che diventano memoria delle opere d’arte stesse, caratterizzandole con una palla di vetro blu.

Bluebird Planter, collezione dell’artista © Jeff Koons Photo Tom Powel Imaging, Courtesy Gagosian Serie Gazing Ball

Ogni pezzo ha una sua lettura più concettuale e profonda.

Le palle di vetro soffiato blu, per esempio, sono create dal respiro umano e rappresentano la nostra biologia ma sono anche un ricordo della periferia americana dove le case si abbelliscono con sfere specchianti. Riflettendo l’immagine dei visitatori e dell’opera stessa, includono tutto, anche il qui e ora, in un’unica continua storia culturale.

I pezzi della serie Celebrationconosciutissimi come Balloon Dog, traggono invece ispirazione da giocattoli e feste familiari. fa parte della serie più celebre e riconoscibile legata all’immaginario ludico e colorato dei bambini. E' una serie intrisa di nostalgia e autobiografia, perché legata alla paternità dell’artista e al travagliato rapporto con la moglie, Ilona Staller, che dopo il divorzio gli permette di vedere poco il figlio. Queste opere ricordano le feste di compleanno dei piccoli e i pranzi familiari, sono legate ai riti della società borghese occidentale riportata, qui, con punte di critica mista a malinconia e senso di incompiuto.

A livello tecnico sono miracoli barocchi, perché per quanto sembrino leggeri sono di acciaio pesantissimo. Indagano le modalità con cui la cultura si trasmette, viene tramandata e percepita dai vari strati della società. Koons non è solo il creativo giocoso e provocatore da 100 milioni di dollari ma anche e soprattutto l’artista che scandaglia l’animo umano e il contemporaneo, rendendolo accessibile e comprensibile al grande pubblico. C’è, in questo, l’accettazione del punto di vista di ognuno. Costruisce palloncini in acciaio, ma allude al respiro e all’effimero del nostro stare al mondo.

Bluebird Planter, invece, è ispirato al mondo delle porcellane - continua Galansino - i soprammobili della nonna considerati di cattivo gusto ma, di fatto, parte dell’immaginario di molti. Koons rende cultura anche gli interni delle abitazioni e delle famiglie più semplici. Democraticizzare il gusto e l’arte è tra le sue maggiori finalità.

 

Domanda di rito. A cosa serve l’arte contemporanea?

A formare e far conoscere, perché parla del presente, dell’oggi. Dovrebbe essere l’arte meglio compresa.

Articolo tratto da La Freccia

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