Attraversare lo specchio è la metafora e il motto della 35esima edizione del Salone internazionale del libro di Torino. Trascendere la passività quotidiana per accedere a un mondo in cui reale e fantastico si mescolano in un universo di suggestioni e scoperte. L’edizione 2023 segna un ulteriore passaggio. È infatti l’ultima a svolgersi sotto la guida dello scrittore Nicola Lagioia, che cura la manifestazione da sette anni e passa il testimone ad Annalena Benini, scrittrice e giornalista.
Tra speranze per il futuro e ricordi dell’intenso lavoro svolto sin qui, l’autore Premio Strega racconta novità e temi del Salone del libro che, dal 18 al 22 maggio, accende di pagine e parole gli spazi del Centro congressi Lingotto.
Cosa significa il tema di quest’anno?
Abbiamo preso spunto da Lewis Carroll e dalla sua creatura letteraria più celebre e felice, Alice nel paese delle meraviglie. Negli ultimi anni siamo stati molto impegnati a decifrare la realtà: l’abbiamo sezionata, esaminata in modo lenticolare, ma questo non è evidentemente servito a migliorarla in modo sensibile, visto il mondo in cui viviamo. Quello che abbiamo fatto poco e male, invece, è stato provare a reinventarlo, a guardarlo con occhi completamente diversi, ad attraversare lo specchio come fa Alice. «Esiste un altro mondo, ma è in questo», scriveva il poeta Paul Éluard. Ecco, forse noi in quell’altro mondo non abbiamo creduto abbastanza. I libri possono darci la forza immaginativa che è mancata.
Sono attesi tantissimi ospiti, italiani e internazionali. Chi con più emozione?
Tutte e tutti, senza distinzione. Uno dei principi guida del Salone del libro è la bibliodiversità. Per noi sono importanti allo stesso modo i premi Nobel e le voci poco conosciute ma molto illuminanti.
Immagini dell'edizione 2022 del Salone internazionale del libro di Torino
Tra le novità c’è la Sala della montagna, uno spazio interamente dedicato alla narrazione e alla cultura delle terre alte. Quanto è importante il tema della sostenibilità ambientale per la fiera?
Il cambiamento climatico non è un’opinione, è un problema gigantesco. Da una parte viviamo nel cosiddetto Antropocene, cioè la prima epoca durante la quale l’essere umano è in grado di determinare modifiche territoriali, strutturali e climatiche così profonde da incidere, come mai prima, sui processi geologici del Pianeta. Dall’altra, questa stessa epoca sembra essere totalmente fuori dal nostro controllo. Non riusciamo a governare delle forze – alcune delle quali molto pericolose – che noi stessi abbiamo scatenato o rinfocolato. Per uscirne serve un cambio di mentalità, una trasformazione esistenziale, spirituale, antropologica. Noi esseri umani, del resto, nel corso della nostra breve avventura siamo più volte riusciti a trascenderci e, così facendo, a cambiare il corso della storia. I libri possono dare il loro contributo per favorire questo processo trasformativo.
Quali sono gli altri valori che guidano la manifestazione?
Ho già citato la bibliodiversità. Aggiungerei: polifonia, tolleranza, amicizia, ricerca, evoluzione, giustizia, tutela dei diritti. E poi comunità, democrazia.
Gli eventi più attesi?
Al Salone ci sono circa duemila incontri in cinque giorni. Sembrano moltissimi, in realtà vanno quasi tutti esauriti. Prepariamo, curiamo e seguiamo ciascuno di essi con grande amore e attenzione. Sono importanti due grandi nomi come Svetlana Aleksevič ed Emmanuel Carrère. Ma era anche importante, anni fa, l’allora sconosciuta Stefania Auci che esordì al Salone con il suo romanzo, I leoni di Sicilia, poi diventato un best seller. Ed è da me e da noi ugualmente atteso lo scrittore di nicchia che rimane tale. Magari vende relativamente poche copie ma il suo peso specifico è enorme perché, per esempio, sta ridefinendo le regole della scrittura, e quindi anche le nostre griglie interpretative, la nostra mappa emotiva e sentimentale.
A dicembre è nato Luci sui festival, un progetto dedicato agli eventi letterari italiani.
Queste iniziative culturali sono importanti. Quando funzionano sono in grado di creare intorno all’evento una vera comunità, e di vere comunità, non di un semplice pubblico, abbiamo bisogno. Ma i festival creano anche ricchezza, viste le ricadute economiche positive che hanno sul territorio che li fa nascere o li accoglie. Il Salone è una fiera editoriale, ma anche una grande rassegna: proprio per questo si mette a disposizione di tutti i festival culturali sparsi in giro per l’Italia, per aiutarli a crescere e a farsi conoscere. Luci sui festival va in questa direzione.
Quest’anno debutta anche il concorso letterario A/R Andata e racconto-Appunti di viaggio, in collaborazione con il Gruppo FS Italiane. Esiste un legame particolare tra treno, o viaggio in generale, e letteratura?
Ho fatto rottamare la mia automobile da anni. In città mi muovo con i mezzi e il bike sharing. Per attraversare l’Italia uso il treno. Amo viaggiare così e in itinere lavoro, studio, leggo. Tra il treno e la letteratura il legame è da sempre molto forte. A volte nei romanzi, come Anna Karenina o i racconti di Agatha Christie, i treni sono collegati a snodi drammatici. In altri casi, come La ferrovia sotterranea di Colson Whitehead, al treno viene associata un’idea di pura libertà. Anzi, di liberazione. Diciamo che questo mezzo si adatta a ogni esigenza narrativa.
Sei stato direttore del Salone per sette anni. Quali sono i cambiamenti che hai apportato in questo lungo periodo? Di quali sei più orgoglioso?
In questi anni il Salone è stato salvato, rafforzato, ingrandito e reso più internazionale. E poi è diventato ancora più bello. Sono orgoglioso di aver avuto la forza di lasciare quando tutto era al culmine, prima che io mi logorassi.
Affidi la guida della manifestazione ad Annalena Benini. Che raccomandazioni le lasci in consegna?
Sono certo che farà bene. Non ho particolari consigli da darle, perché ognuno fa storia a sé, ha le proprie idee, trova la propria formula. Forse l’unica cosa da dire, in generale, è che il Salone è la sua comunità di lettori e lettrici, autori e autrici, case editrici. Se hai fiducia in questa collettività, e te ne prendi cura, il Salone ha già vinto.
Un aneddoto o un episodio indimenticabile di questa lunga esperienza?
Ricordo l’incontro con Edgar Morin, il grande filosofo francese, che oggi ha 101 anni. Qualche tempo fa lo invitammo, anche se le speranze di averlo erano ragionevolmente poche. Invece si presentò a Torino in ottima forma e fece un discorso bellissimo. Ricordo la prima volta di Aleksevič, una delle grandi voci della letteratura mondiale. E poi Bernardo Bertolucci, con cui c’era anche un’amicizia personale. A un certo punto il regista, dopo un’ora di dialogo con Luca Guadagnino (a moderare c’era Elena Stancanelli), smise di parlare di cinema – quando Bernardo toccava questo tema alterava letteralmente lo stato di coscienza di chi lo stava ad ascoltare – e disse alle centinaia di persone che erano venute a veder - lo e ascoltarlo: «Adesso potremmo provare a meditare un po’ insieme». E partirono così, all’improvviso, alcuni minuti di meditazione collettiva, sotto l’egida del maestro, in un silenzio meraviglioso. Come potrei dimenticarlo?
Articolo tratto da La Freccia
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