Siamo reduci da tre anni tribolati. Cosa auspicarci da quello appena inaugurato è quindi fin troppo facile da dire. Ma abbiamo da tempo smesso di confidare nelle «magnifiche sorti e progressive». E non riusciamo a illuderci che il nuovo anno d’incanto porti mirabolanti novità. Per escluderlo ci aiuta l’ironia del compianto Lucio Dalla, perché anche se lo dicesse la televisione (frase che ai più attempati ricorda l’autorevolezza un tempo tributata ai media), sappiamo già che non «sarà tre volte Natale», non «ci sarà da mangiare e luce tutto l'anno», e persino i muti resteranno muti. Però, e nonostante tutto, da questa pagina della Freccia più volte abbiamo incitato all’ottimismo. Non ce ne sottraiamo neppure all’inizio del 2023. L’ottimismo della   volontà, dell’impegno, del sacrificio congiunto all’entusiasmo. Insomma, anche se il futuro non sarà più quello di una volta, sulle pagine ancora da disegnare abbiamo il dovere di imprimere il nostro segno, per quanto piccolo sia. Lo dobbiamo fare con l’inchiostro della nostra vita mischiato con l’inchiostro altrui.  Scommettendo sulle nostre risorse e sul nostro talento, qualunque esso sia, e mettendoli a servizio non soltanto delle nostre legittime ambizioni, ma di tutti. Dobbiamo uscire dal ristretto guscio del nostro io, ed entrare in quel noi che non è spersonalizzazione, ma sublimazione della molteplicità. Appartenenza a una comunità che può espandersi, con generosità, fino a oltrepassare i confini di una famiglia, un rione, una città, una nazione.

 

Cento anni fa nasceva Italo Calvino. Ci sono pagine di Palomar, suo romanzo pubblicato 40 anni fa, che rimandano alla complessità della realtà e al tentativo spesso frustrato di una comprensione soddisfacente dei singoli elementi che la compongono. Persino di guardare il mondo essendone parte. Ma il fascino sta proprio in questo. C’è altro fuori da chi lo osserva, ma ogni io che guarda è parte di quel tutto. E ogni io è unico, composto da un differente universo di storie, legami, sensazioni, capacità, emozioni. Di “io” ne esistono miliardi e accanto tanto altro, che sopravviverà a loro. Molteplicità è appunto il titolo dell’ultima delle Lezioni americane di Calvino che si chiude con un sogno: «Magari fosse possibile un’opera concepita al di fuori del self, un’opera che ci permettesse d’uscire dalla prospettiva limitata d’un io individuale, non solo per entrare in altri io simili al nostro, ma per far parlare ciò che non ha parola, l’uccello che si posa sulla grondaia, l’albero in primavera e l’albero in autunno, la pietra, il cemento, la plastica [...]».

 

Il nostro augurio, il mio personale, quello della redazione della Freccia e dei colleghi ferrovieri è che quel sogno letterario si realizzi nella vita e ci sia e vi sia concesso di uscire, qualche volta, da quella “prospettiva limitata”. Per un 2023 ricco di viaggi, esperienze, contatti umani, storie da vivere e futuro da costruire.  Chiudo ricordando che i vostri viaggi, reali o immaginari, li potete raccontare per partecipare così al concorso letterario lanciato da Ferrovie dello Stato Italiane in collaborazione con il Salone del libro di Torino.  Su La Freccia di gennaio e qui su FSNews troverete tutte le informazioni di cui avete bisogno. Buon anno, quindi. Anche da leggere.  Insieme.