In apertura, photo © tierney/AdobeStock

Novembre: «Silenzio, intorno: solo, alle ventate, / odi lontano, da giardini ed orti, / di foglie un cader fragile. È l’estate / fredda, dei morti». Così Giovanni Pascoli ha tratteggiato un mese che sempre appare, nell’immaginario collettivo, grigio e melanconico. Eppure, nonostante quell’ossimoro finale, estate-fredda, e il richiamo ai morti che ogni due novembre commemoriamo, lo scampolo d’illusorio tepore, regalato proprio dall’estate di San Martino, ci lascia intravedere una pur tenue luce nel plumbeo mese, appunto, dei morti.

Noi, con la nostra cover, abbiamo voluto trasformare quella tenue luce in una folgorante illuminazione, associata a leggerezza, gioventù, successo. E alla solidità, allo spessore e all’impegno estremo sottesi all’abilità, grazia e leggerezza che hanno condotto la protagonista della nostra copertina, la campionessa di ginnastica ritmica Sofia Raffaeli, 18 anni, a conquistare 78 vittorie dal 2018 a oggi, quattro ori e un bronzo agli ultimi Mondiali. Non bastano le doti naturali, non basta il genio. Per trasformare le potenzialità in atti, manufatti e gesta concrete e di successo, occorre la solidità e la disciplina dello studio e dell’allenamento.

La campagna istituzionale di Ferrovie dello Stato Italiane, a un certo punto, recita così: «Abbiamo scoperto la leggerezza nel momento più duro e abbiamo costruito qualcosa che fosse solido abbastanza da sostenere quella leggerezza». Un altro ossimoro, solo apparente. Perché per sostenere la leggerezza e per renderla possibile occorrono esercizio, cultura, lavoro. Sofia Raffaeli, con i suoi successi, lo testimonia.

Cover La Freccia novembre 2022

La voglio accostare, con un pindarico volo di secoli e cambiando campo, alla leggerezza attribuita da Giovanni Boccaccio a Guido Cavalcanti nell’allontanarsi dalle molestie di una brigata di giovani gaudenti della Firenze di quegli anni. «Sì come colui che leggerissimo era, prese un salto e fusi gittato dall’altra parte, e sviluppatosi da loro se n’andò». A ricordare questa novella è Italo Calvino, in una delle sue memorabili Lezioni Americane: «L’agile salto improvviso del poeta-filosofo che si solleva sulla pesantezza del mondo, dimostra […] che la sua gravità contiene il segreto della leggerezza». Questa gravità è fatta di studio, letture, approfondimenti, laboriosità poetica e conferisce a lui e a tanti suoi versi una lievità autentica, contrapposta a quella che, cito ancora Calvino, «molti credono essere la vitalità dei tempi, rumorosa, aggressiva, scalpitante e rombante», la quale invece «appartiene al regno della morte, come un cimitero d’automobili arrugginite».

Il regno della morte rimanda alle arche e al cimitero dove Cavalcanti, meditando, passeggiava, e dove abbandona, con quel facile salto, il gruppo di giovinastri. Loro davvero morti, seppure inconsapevoli di esserlo. A suggellare il tutto, ecco poi la corrosiva e violenta immagine calviniana del cimitero di automobili arrugginite. A questo punto arriva, istantanea ai nostri occhi, l’associazione con i desolati panorami bellici, le carcasse abbandonate dei carri armati, i cadaveri dissepolti dalle fosse comuni, i brandelli di palazzi e appartamenti martoriati da missili e droni kamikaze.

Istantaneo, insomma, il corto circuito mentale con la guerra, l’apoteosi della morte e della distruzione morale e fisica, l’altare sacrificale di giovinezza e leggerezza. Dove a vincere è soltanto il disfacimento di ogni valore. Niente di nuovo, troppe le guerre combattute ancora oggi nel mondo. Vorremmo che la vita e la vitale leggerezza avessero sempre la meglio, ma sappiamo che così non potrà essere, quantunque infiniti siano i nostri esercizi di buona volontà. Che comunque vale sempre la pena fare.

Uno, insignificante come una goccia (che pure sa incidere nel tempo anche la pietra) è condividere con voi queste e altre riflessioni, e anche accompagnarvi nei vostri viaggi, lasciarvi o propiziarvi emozioni positive, farvi incontrare, aiutare a comprendervi. Cerchiamo di ripetere questo piccolo esercizio anche a novembre, attraverso il nostro umile lavoro giornalistico, con il numero della Freccia che vi apprestate a sfogliare o a leggere nella sua versione digitale.

Articolo tratto da La Freccia