Ci sono le donne della Coldiretti che, nelle Terre del Custoza in Veneto, la scorsa estate hanno aperto i cancelli che delimitano le loro fattorie per coccolare i primi avventori post lockdown tra assaggi, merende e yoga. Ci sono le donne del progetto di agricoltura sociale Aspem, in Molise, uscite da situazioni di violenza seguendo un corso per olivicoltori e che ora producono e vendono olio utilizzato per degustazioni e gelati gourmet. Ci sono le donne della cooperativa agricola Terra e vita, nelle Marche, nella quale giovani con disabilità gestiscono una casa colonica con sei camere senza barriere architettoniche.
Nelle pagine de La nuova Guida delle libere viaggiatrici la cellulosa si mescola a vite resilienti, a scintille di riscatto, alla potenza del viaggio che può essere anche solo sognato. Il volume, scritto da Iaia Pedemonte e Manuela Bolchini e uscito a novembre, è la traduzione cartacea del lavoro di Gender Responsible Tourism (GRT), un’associazione che fa incontrare le viaggiatrici con le donne che lavorano nel turismo responsabile. Involontariamente è diventato anche una raccolta di storie di resistenza durante l’emergenza Covid-19, ma questo è solo il capitolo più recente.
«Tutto è iniziato dieci anni fa, quando ho aperto un blog per dare consigli, attraverso contributi e interviste a esperti, alle donne occupate nel turismo o che volevano cominciare a lavorarci», spiega Pedemonte, giornalista e fondatrice di GRT.
Col tempo, Iaia ha iniziato a interessarsi al turismo responsabile declinato al femminile: «Alle fiere internazionali di Londra e Berlino, mi sono resa conto che lo sprone all’empowerment femminile attraverso le opportunità del settore proveniva da più parti, in primis dalle organizzazioni internazionali».
Un momento del laboratorio Coloroff durante Frantoi Aperti, Umbria © Coloroff/Sandra Quarantini
Secondo UN Women, l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di uguaglianza di genere, e UNWTO (United Nations World Tourism Organization) il turismo responsabile che occupa equamente le donne può rappresentare la leva su cui puntare per vincere le grandi sfide globali, la povertà e le diseguaglianze. A fine 2019, UNWTO ha presentato il secondo Rapporto di genere che inquadra lo scenario: il 54% degli occupati nel turismo (industria che da sola raccoglie il 10% degli occupati nel mondo) sono donne. Tuttavia, in questo segmento come in molti altri, sono concentrate soprattutto in attività familiari, svolgono mansioni a bassa specializzazione, con salari poco dignitosi, senza garanzie e a cadenza stagionale. Costituiscono il 70% della forza lavoro nell’industria dell’ospitalità, ma solo l’8% ricopre ruoli apicali. Quindi il numero complessivo di donne che traggono benefici economici da questo circuito è difficile da calcolare, ma senza dubbio si parla di diversi milioni.
L’imprenditoria femminile genera vantaggi diffusi per tutta la comunità: «Molte Ong con cui sono entrata in contatto mi dicono che i progetti portati avanti da donne durano di più e con grandi risultati. La Banca Mondiale ha sottolineato come, nei Paesi in cui la parità di genere è più avanzata, le imprenditrici del turismo siano in grado di risollevare tutto il territorio, mentre l’Organizzazione internazionale del lavoro raccomanda l’accesso al credito e la formazione per le giovani», sostiene Pedemonte.
E nel viaggio sostenibile il “brand donna” funziona bene. Le donne sono particolarmente abituate alla cura delle persone e delle cose, tendono a custodire con premura ciò che gli appartiene e, il più delle volte, sono attente a non sprecare, preservano, ricuciono, riportano in vita. Sono legate alle radici, ma al tempo stesso sono dotate di lungimiranza. Queste predisposizioni, a cui contribuiscono elementi biologici e fattori culturali, si traducono in un turismo che poggia sull’ospitalità familiare, l’agricoltura bio, la cucina tipica, l’artigianato locale, la valorizzazione di antiche tradizioni. Un processo partecipativo, esperienziale e relazionale che passa spesso attraverso il racconto, la poesia, il canto, il ballo e l’arte.
Gender Responsible Tourism cerca di promuoverlo tenendo conto di un altro fenomeno significativo: sono le donne a scegliere l’80% dei viaggi per famiglia e amici. Molte, poi, fanno le valigie e partono da sole: secondo una ricerca del Centro studi sul Turismo, le viaggiatrici in solitaria, in Italia, sarebbero 517mila. Siti e tour operator dedicati a loro crescono a vista d’occhio e le globe trotter, ovviamente, sono attratte dalle proposte turistiche offerte dalle donne.
La piattaforma online GRT traccia una mappa delle mete migliori, contrassegnate da un numero di bollini che cresce in base al livello di partecipazione femminile (luoghi dove le donne gestiscono progetti e svolgono un ruolo rilevante nel turismo).
Fattoria didattica Coldiretti, Veneto © Coldiretti Verona
In India, nel Nord Kerala, l’impresa Village Ways coinvolge le comunità locali e propone relax sulle spiagge, pesca nei villaggi, visite nelle piantagioni di banane e nel giardino delle spezie. In Italia, nel Parco dell’Aveto in Liguria, il consorzio di ospitalità diffusa Una montagna di accoglienza vede attive molte donne che esplorano i sentieri per osservare i cavalli selvaggi, insegnano ai bambini i segreti dei boschi, organizzano feste medievali nei borghi, percorsi tra la lavanda e yoga nei boschi.
Una sezione del sito GRT è dedicata ai dossier, mentre in un’altra si trovano offerte speciali. Le imprenditrici si iscrivono all’associazione che poi procede a controllare se la loro attività sia effettivamente sostenibile. Successivamente, vengono pubblicate le loro promozioni riservate alle libere viaggiatrici (per diventarlo basta lasciare la propria e-mail).
Negli ultimi mesi la pandemia ha fatto crollare il settore dei viaggi, compresi quelli sostenibili. «Realizzando le interviste per la guida, ho parlato con donne di tutto il mondo. Alcune in Perù mi hanno raccontato di essere tornate alla terra e alla vita che conducevano le nonne prima dell’arrivo del turismo. Quelle del Benin erano arrabbiate perché lì il virus non ha avuto larga diffusione, ma comunque gli arrivi sono calati drasticamente», spiega Pedemonte. Ma, nonostante il periodo buio, molte hanno tirato fuori risorse inaspettate creando sistemi di vendita online, mettendo in piedi servizi di delivery, cimentandosi con la comunicazione social per mantenere vivo il rapporto con i clienti.
«In Nuova Zelanda Debbie, ferma per mancanza di visitatori, è andata a parlare con le donne aborigene che abitano alcune isole e ha studiato un nuovo itinerario per portare le persone a conoscerle. Grazie al sito di turismo responsabile della francese Martine, alcune donne di cooperative del Nord del Perù hanno venduto piccoli souvenir ai viaggiatori, in attesa che possano tornare a fargli visita dal vivo».
Se da una parte il coronavirus ha accentuatole disuguaglianze e peggiorato le condizioni dei lavoratori più deboli, in primis le donne, dall’altra ha fatto emergere con forza la necessità di ricominciare proprio da loro. Il programma di rilancio Next Generation EU punta proprio su ricerca, innovazione, digitalizzazione, lotta ai cambiamenti climatici e parità di genere. Occorre ripartire in fretta ma, per andare lontano, il viaggio dovrà essere sostenibile e includere tutti.
Articolo tratto da La Freccia