«Dobbiamo crescere nella coscienza della cura della casa comune. Abbiamo peccato contro la Terra. Dio perdona sempre, noi perdoniamo alcune volte ma la Terra non perdona mai». Sono le parole di papa Francesco in occasione della celebrazione della Giornata mondiale della Terra 2020, la 50esima, che si è tenuta il 22 aprile dello scorso anno in piena pandemia, durante la quale ha espresso profondo apprezzamento verso i movimenti internazionali che lottano e lavorano per risvegliare le coscienze.

 

Cinquanta più uno sono gli anni di vita di Earth Day, l’organizzazione che prima di tutte sembra avere incarnato in modo profetico i principi dell’enciclica Laudato si'.

«È nata in Usa nel 1970, dopo l’esplosione di una piattaforma petrolifera a Santa Barbara che distrusse un intero ecosistema costiero. Il senatore democratico Gaylord Nelson riuscì a mobilitare l’opinione pubblica facendo leva sugli studenti, già molto attivi contro la guerra in Vietnam. Oltre 20 milioni di americani scesero in piazza per la tutela del pianeta. Un evento epocale che indusse le Nazioni Unite a riconoscere l’Earth Day come movimento globale a tutela della Terra», spiega Pierluigi Sassi, presidente del network italiano.

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Poi, anche grazie al web, la protesta ha coinvolto il mondo intero. Quali obiettivi sono stati raggiunti da allora?

La più grande missione del movimento è stata quella di creare una coscienza ambientale collettiva. In 50 anni l’organizzazione si è moltiplicata in modo esponenziale con 75mila partner nei 193 Paesi membri dell’Onu, diventando la realtà più impattante al mondo. Oggi la sfida è molto più complessa e l’Earth Day si sta organizzando per andare ben oltre la sensibilizzazione.

In Italia i tre grandi temi riguardano l’alfabetizzazione climatica, perché tutti devono sapere cosa sta succedendo, l’educazione ambientale e l’innovazione per sviluppo sostenibile. La cosa più importante e urgente è cambiare il nostro modello economico dall’interno. Dobbiamo formare le nuove generazioni a un approccio climatico corretto e dare a tutti la piena consapevolezza delle sfide che ci troveremo davanti: secondo gli ultimi dati delle Nazioni Unite, purtroppo, gli impegni presi dagli Stati alla Conferenza di Parigi vengono puntualmente disattesi.

 

Il mondo intero è stato colpito dalla pandemia: si è detto che la Terra abbia reagito agli attacchi dell’uomo. Il cambiamento climatico e lo sfruttamento delle risorse hanno probabilmente fornito terreno fertile al virus. In che modo possiamo cambiare il futuro?

Dobbiamo pensare ai giovani e puntare su di loro. Hanno tutto il diritto di rivendicare un pianeta sano e di contrastare modelli economici predatori. Purtroppo,

i governi hanno dimostrato finora di non saper gestire un tema così forte. Dallo storico accordo sul clima di Parigi nulla è cambiato, se non i giovani che sono tornati alla ribalta con movimenti di protesta e che vanno da tutti noi sostenuti.

Earth Day lo fa con passione e guarda alle nuove generazioni in questa prospettiva perché solo loro, senza sovrastrutture, possono cambiare il mondo. Per la prima volta quest’anno e su iniziativa dell’Italia, la Conferenza sul clima sarà preceduta da una sessione interamente dedicata ai giovani.

Un passaggio epocale se consideriamo l’importanza del dialogo tra le generazioni su un tema che è più di chi verrà dopo che nostro. Anche grazie ai media, sono state combattute le sperequazioni sociali e frantumate quelle camere stagne che tenevano lontani chi ha molto e chi non ha niente: oggi siamo tutti vasi comunicanti.

Ancor più con il Covid-19 ci siamo resi conto di essere una sola famiglia umana in un pianeta che ha bisogno di ognuno di noi. È stata una presa di coscienza collettiva e lo stesso virus, a suo modo, ha “parlato” in senso ambientale, perché le ricerche scientifiche hanno dimostrato che il contagio è stato accelerato in modo molto significativo dall’inquinamento.

Pierluigi Sassi, presidente di Earth Day Italia 

Lo scorso anno, nell’impossibilità di celebrare la Giornata della Terra nello spazio fisico e simbolico di Villa Borghese, il web si è rivelato fondamentale. Qual è stato il bilancio?

Avevamo scelto il cuore verde della Capitale come ombelico del mondo. Ma il web ci ha aperto una grande opportunità: la maratona mediatica del 2020 ha prodotto migliaia di contatti e dato voce a organizzazioni e persone che normalmente non ce l’hanno.

La scorsa edizione è stata spettacolare: ad aprirla, uno strepitoso Zucchero davanti a un Colosseo illuminato di blu. Solo, al centro della piazza, come lo era stato papa Francesco in una San Pietro deserta, in preghiera per il perdono universale. Le note di Let your love be known, composta da Bono Vox e interpretata in italiano dall’artista, sono state il ringraziamento a quel gesto meraviglioso. Due immagini fortemente evocative che hanno provocato 150 milioni di contatti in pochi giorni. E altrettanti ne ha portati a casa la nostra campagna di comunicazione.

Risultati importanti che danno la misura della partecipa zione e della condivisione collettiva. Il servizio pubblico televisivo ha ricoperto un ruolo importantissimo, senza la Rai non avremmo potuto raggiungere tanta gente. Abbiamo avuto tanti testimonial e molti ne avremo anche quest’anno.

 

La maratona online del 22 aprile vedrà coinvolte oltre un miliardo di persone. Come sarà strutturata?

Il canale digitale RaiPlay ci offre la possibilità di essere visti da tutto il mondo. Tredici ore di diretta su temi ambientali su un canale gratuito sono il migliore esempio possibile di servizio pubblico. Sarà una staffetta di voci e di cuori – cosi amiamo definirla – una maratona con artisti, giornalisti esperti e scienziati, uno spazio virtuale ricco di contenuti ma anche di momenti di leggerezza.

Quattro i blocchi fondamentali: Obiettivo giovani, in cui faremo collegamenti con le scuole e interviste in vista dell’evento alle Nazioni Unite; Obiettivo Agenda Onu 2030, in cui parleremo dei 17 goal da raggiungere con interventi di esperti e di chi si impegna ogni giorno per migliorare il mondo; Innovazione e sviluppo sostenibile, per capire che bisogna innovare per migliorare la qualità di vita e non per aumentare i profitti; Very important planet – la parte più divertente – con musicisti, sportivi, artisti e celebrità per contagiare i cuori di tutti gli ascoltatori.

 

C’è anche un’altra piaga, ancora poco conosciuta, che affligge la nostra società: quella dei migranti ambientali. Di cosa si tratta e come possiamo combatterla?

Le persone non si spostano più solo perché sono povere ma per l’incapacità della loro terra di sfamarle a causa di guerre, alluvioni, fenomeni climatici devastanti o sfruttamento da parte di colossi multinazionali che devastano le microeconomie locali. La mappa delle crisi ambientali e quella delle guerre sono drammaticamente simili. La questione ecologica è diventata anche una questione di sicurezza che è poi alla base di larga parte dei fenomeni migratori.

Dobbiamo cominciare a parlare di ecologia integrale. La desertificazione da una parte e l’innalzamento del livello del mare dall’altra costringeranno gli abitanti di molti territori e città a modificare le proprie abitudini, se non addirittura a evacuare. Non si può pensare di fermare l’immigrazione senza affrontare il cambiamento climatico.

Articolo tratto da La Freccia