Una pedalata esplorativa sulle piste ciclabili di Roma. A organizzarla nei giorni scorsi, con due intenditori di mobilità ciclistica olandesi, René Dronkers e Catalien Peerdeman, è stata Rete Ferroviaria Italiana, società capofila del Polo Infrastrutture del Gruppo FS, rappresentata da Francesca Ciuffini, responsabile Marketing e Servizi Integrati della Direzione Commerciale, esperta di mobilità e transport planner, i suoi colleghi Pasquale Cancellara, con esperienze internazionali su progetti europei di mobilità sostenibile, Stefano Grandis, urbanista, e Stefano Fondi, esperto di strategie di sviluppo stazioni della Direzione Stazioni.
Scopo della pedalata è stato un “bikeshop”, ovvero un “workshop condotto pedalando”, una formula innovativa volta a individuare il potenziale non ancora sfruttato che l’uso della bici può apportare alla mobilità sostenibile urbana nel suo insieme e, di conseguenza, al trasporto ferroviario e collettivo e alla città.
La pedalata si è svolta su due itinerari complementari. Il primo ha avuto origine dalla ciclabile su via Nomentana di fronte al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e si è concluso alla stazione Roma Termini, con una breve tappa all’Università Sapienza dove è stato illustrato il progetto promosso da RFI finalizzato a collegare in più città d’Italia le stazioni con le rispettive Università; dopodiché da Termini ci si è diretti alla stazione Roma Trastevere, interessata da un progetto di riqualificazione urbana volto a migliorarne l’accessibilità con nuovi accessi pedonali e ciclabili e un’area Kiss&ride lato Piazzale della Radio. Il percorso del ritorno è stato effettuato integrando treno e bici sull’anello ferroviario. La pedalata è stata condotta all’insegna di un “walk the talk”, cioè mettendo in pratica attivamente i principi di sostenibilità in cui RFI crede fermamente: realizzare una mobilità sempre più verde e sostenibile.
RENDERE LA MOBILITÀ URBANA PIÙ SOSTENIBILE
Come ha dichiarato Francesca Ciuffini durante la pedalata, «la mobilità è il frutto di scelte individuali e familiari ma all’interno di un sistema dato, che spesso vincola queste scelte. Se abbiamo a cuore una mobilità più sostenibile, cioè meno dipendente dall’auto di proprietà, abbiamo bisogno di capire in che modo tutto il sistema possa essere modificato da scelte - sistemiche - che abbiano lo scopo di svincolare e ri-orientare le scelte individuali verso modalità più sostenibili. Siamo convinti che occorre guardare ai circoli virtuosi che si possono innescare tra le varie modalità di trasporto e a uno scopo finale chiaro e definito: città più sicure, vivibili, efficienti ed eque. Per tutti».
Per questo RFI, tra i propri cantieri sulla sostenibilità, ha ideato il progetto Rail to GOAL 17 (SDG “Partnership for the Goal” dell’Agenda ONU 2030) con lo scopo di individuare le possibili sinergie interne al mondo del trasporto e non solo, per favorire il cosiddetto modal shift, il trasferimento dall’auto al trasporto collettivo e alla mobilità attiva (pedonale e ciclistica).
LE SINERGIE TRA TRENO E CICLABILITÀ
«Non è solo un tema di ultimo miglio, su cui RFI ha in cantiere numerosi progetti per favorire l’intermodalità treno-bici. Ci interessa che sia favorita la mobilità attiva, pedonale e ciclabile in tutta la città – ha continuato Ciuffini – perché questo favorisce il passaggio dal mindset della monomodalità (utilizzare sempre e solo l’auto) alla multimodalità, cioè servirsi di mezzi diversi a seconda delle necessità: chi si sposta normalmente in città usando le proprie gambe per gli spostamenti brevi è poi più predisposto a servirsi del treno, quando deve fare spostamenti più lunghi, ad esempio per andare in vacanza. Scatta una sorta di predisposizione mentale, che va oltre la pigrizia alimentata dall’automobile».
Ma c’è ancora un'altra sinergia che riguarda il treno e la bici. «Le politiche a favore della mobilità attiva in tutta la città, che progressivamente restituiscono alle persone lo spazio a esse sottratto dalle automobili e riducono la pericolosità del traffico – ha proseguito Ciuffini – consentono di eliminare una bella fetta di traffico, almeno negli spostamenti più brevi che sono una quota considerevole (in media in Italia il 40% circa degli spostamenti in auto è sotto 5 km). Con meno congestione, il trasporto pubblico di superficie può andare più veloce, essere più frequente e quindi più attrattivo. Un favore doppio, in verità, perché si andrebbero anche a liberare posti occupati su bus e metro da chi si sposta sulle distanze brevi che potrebbero essere destinati a chi percorre distanze più lunghe, migliorando il comfort e ancora una volta l'attrattività del trasporto pubblico, anche come ultimo miglio del treno. Allo stesso tempo è nell'interesse della ciclabilità e del Trasporto Pubblico Locale urbano che funzioni meglio il sistema su ferro, poiché in grado di scaricare le strade di accesso alle città dal traffico pendolare e ad autobus e biciclette di muoversi meglio. E così via, in un circolo virtuoso che può girare a beneficio di una città più vivibile, anche per chi va in auto per necessità».
Nel progetto europeo di ricerca H2020 FLOW questi concetti sono stati anche tradotti in numeri (effettivamente rilevati) che dimostrano come la mobilità pedonale e ciclistica è in grado di ridurre la congestione stradale, oltre che migliorare le condizioni di vivibilità della città. Alcuni esempi: a Strasburgo le migliorie alle infrastrutture pedonali non solo hanno migliorato la sicurezza di pedoni e ciclisti, ma hanno anche avvantaggiato enormemente il trasporto pubblico, riducendo del 40% i tempi di percorrenza degli autobus; a New York nuove piste ciclabili hanno accorciato i tempi in auto del 35%; a Bolzano il programma School Street ha eliminato 4.000 vetture nelle ore di punta; a Dublino una nuova piazza pubblica ha migliorato la mobilità e ha consentito ad altre 700 persone di spostarsi nelle ore di punta; a Lisbona il restringimento delle corsie stradali per ridurre la distanza di attraversamento per i pedoni non ha aumentato la congestione stradale.
DA DOVE INIZIARE: L’UOVO O LA GALLINA?
René Dronkers ha spiegato che raggiungere i risultati sulla ciclabilità di Amsterdam è possibile (anche a Roma) e ciò può apportare benefici enormi alla mobilità urbana quotidiana, nonché al benessere psicofisico di tutti: «Le città in cui la gente si sposta in bici sono più felici. Guardando a quelle che hanno sviluppato una cultura della bicicletta, di solito ci si chiede cosa sia nato prima, le piste ciclabili o l'alto numero di ciclisti. La questione dell’uovo e della gallina, insomma. Nei Paesi Bassi è stato il numero crescente di ciclisti a rendere necessarie piste ciclabili più ampie e sicure. Ma nelle città in cui sono ora in corso trasformazioni per sviluppare la mobilità ciclistica, la domanda è più impegnativa. Da dove iniziare? Aumentare la quantità di piste ciclabili di qualità (e invitare i ciclisti volenterosi) oppure motivare le persone a usare la bicicletta (e capire quando è necessario ampliare la quantità di piste ciclabili)? Nessuno vuole piste ciclabili belle ma vuote. Così come nemmeno una campagna governativa per motivare le persone ad andare di più in bicicletta è credibile se poi non ci sono di fatto piste ciclabili sicure e non invase dal traffico automobilistico».
L’esperto olandese ha quindi suggerito: «Il mio consiglio è iniziare a promuovere entrambe le possibilità allo stesso tempo. Realizzare infrastrutture ciclabili belle e funzionanti e farle conoscere. Utilizzarle in campagne online, inaugurarle ufficialmente, festeggiare ognuna di esse. Allo stesso tempo, comunicare con la comunità dei ciclisti, percepire dove sono le esigenze e unire le forze. Lavorare insieme, con associazioni, cittadini, rappresentanti del territorio, e non dividersi, convergere insieme su una strategia comune è la chiave per sviluppare progetti di successo».
“SÌ, MA ROMA NON È AMSTERDAM!”
La prima obiezione che generalmente viene fatta è relativa ai Sette Colli, alla pericolosità del traffico e all’estensione della città. A proposito della fatica, secondo Pasquale Cancellara, che ha vissuto per nove anni a Bruxelles, città collinare per certi versi simile a Roma, estensione a parte, «oltre alle salite a Bruxelles e nei Paesi Bassi ci sono anche il vento e la pioggia che ti arrivano in faccia mentre pedali. Roma avrà pure le sue salite, ma un clima assolutamente favorevole per la mobilità attiva. E poi ci sono moltissime zone di Roma pianeggianti dove puoi spostarti senza incontrare salite. Ad esempio, nel mio tragitto quotidiano di 6 km casa – lavoro non incontro nessuna salita. Il vero ostacolo sono le troppe automobili che dominano lo spazio oggi».
Ciuffini aggiunge: «La questione del traffico è un cane che si morde la coda: si va in auto perché si ha paura delle auto! Questo circolo vizioso si può invertire attivando le sinergie di cui abbiamo detto sopra. Non ci dimentichiamo inoltre che la nuova frontiera, non solo a Roma, è costituita dalle e-bike, che estende il potenziale delle distanze percorribili in bici».
Data la sua estensione per Roma diventa cruciale anche il trasporto pubblico urbano, in modo da generare tutte le possibili sinergie. Roma potrebbe diventare un esempio per tutti. Secondo Stefano Fondi, «l’esperienza con Renè Dronkers dimostra come RFI possa contribuire in maniera determinante a una vera e propria rivoluzione della mobilità urbana, promuovendo un approccio basato sui dati (“data-driven”) per l’individuazione di soluzioni di mobilità integrata “treno+bici”, grazie alla collaborazione con Ministeri, amministrazioni pubbliche e associazioni per lo sviluppo dei progetti».
RFI è da sempre disponibile e aperta al confronto con enti, associazioni e ogni genere di interlocutore per la promozione del turismo slow e in particolar modo del cicloturismo, attraverso il riuso delle linee dismesse a fini cicloturistici e l’Atlante della Mobilità Dolce.
Per l’utilizzo della bici anche in città, RFI ha avviato da tempo un graduale processo di trasformazione delle stazioni. Il piano di riqualificazione interessa oltre 600 stazioni presenti su tutto il territorio nazionale, che accolgono complessivamente il 90% del volume viaggiatori. L’investimento di RFI per gli anni 2023, 2024 e 2025 è di 1,54 miliardi di euro, di cui 822 milioni saranno impiegati per l’abbattimento delle barriere architettoniche in 484 stazioni (160 nel biennio 2023-2024). Gli interventi per migliorare l’accessibilità riguarderanno rampe, ascensori, percorsi pedotattili e marciapiedi. Intanto, negli ultimi anni il numero degli ascensori presenti nelle stazioni è raddoppiato e, per agevolare una migliore salita e discesa dai treni, sono stati innalzati e adeguati con mappe e percorsi pedotattili circa 400 marciapiedi. Ad oggi, sono complessivamente 258 gli hub ferroviari totalmente accessibili.
Un altro campo in cui RFI è coinvolta, insieme ad ANAS, è quello dell'educazione stradale per la prevenzione degli incidenti, un dramma cui ancora troppo spesso assistiamo, e che possiamo affrontare anche con la strategia del trasferimento modale dall’auto alla mobilità attiva e al trasporto pubblico.
QUALCHE NUMERO SULL’INTERMODALITÀ TRENO-BICI
Con riferimento alle stazioni attive gestite da RFI, il numero totale di posti per bici è di circa 56.000; di questi, il 75% è in rastrelliera semplice e il 15% è in velostazione. Il modal share bici per l’accesso/ingresso in stazione (Fonte: Osservatorio di Mercato RFI) è dell'1,6% nel 2022 (+0.4% rispetto al 2019). Inoltre, laddove presenti sistemi di bikesharing e micromobilità (monopattini) cubano un ulteriore 1,09% (dato 2022). Nel bacino a 15 minuti in bici dalle stazioni ferroviarie RFI vive e lavora la metà della popolazione italiana, ci sono il 51% degli istituti scolastici superiori e l’85% delle sedi universitarie, il 53% degli ospedali e il 51% dei punti di interesse, come ci dice StationLand, il sistema di Data Intelligence di RFI. Un bel potenziale da sfruttare, che infatti RFI mostra anche a interlocutori esterni per trovare partnership che servono a sviluppare ogni possibile sinergia, a favore di una mobilità più sostenibile per tutti.