In cover Giuseppe Fiorello © Anna Camerlingo
È l’uomo della fiction targata Rai. Il suo nome è simbolo di successo e, negli anni, ha acquistato sempre più credibilità grazie a personaggi positivi e storie bellissime di riscatto come nelle miniserie Salvo D’Acquisto, Joe Petrosino, Io non mi arrendo, I fantasmi di Portopalo e Il mondo sulle spalle, giusto per citare qualche titolo. Giuseppe Fiorello non si è fatto mancare neanche il cinema diretto da grandi registi: da Baarìa di Giuseppe Tornatore a I baci mai dati di Roberta Torre, fino a Magnifica presenza di Ferzan Ozpetek, Benvenuto Presidente! di Riccardo Milani e Chi m’ha visto di Alessandro Pondi.
Una credibilità che ha permesso all'attore di sbancare il prime time di Rai1. Il serial Gli orologi del diavolo, ispirato dall’omonimo libro (Rizzoli, pp 672 € 19) scritto dal testimone di giustizia Gianfranco Franciosi insieme al giornalista Federico Ruffo, ha sbancato l'auditel: oltre cinque milioni di italiani sono rimasti incollati al piccolo schermo per seguire l’avventura tosta e avvincente di un uomo qualunque infiltrato tra i narcos ma tradito dallo Stato. Un successo che ha segnato il 21% di share e che stasera torna con la seconda, imperdibile, puntata.
Giuseppe Fiorello © Anna Camerlingo
Cosa ti è piaciuto di questo progetto?
L’impianto drammaturgico e narrativo e il percorso di questo ragazzo. La sua è, davvero, una vita da film: un uomo comune con la passione per il mare e una tranquilla esistenza di provincia scombussolata da una decisione che si trova a dover prendere. In qualche modo, a spingerlo verso una determinata scelta è l’amore per il suo lavoro. Si sarebbe sentito un traditore a non aiutare lo Stato. Gianfranco Franciosi è, oggi, uno dei testimoni di giustizia più famosi del nostro Paese, con una storia complicata.
Cosa ti ha spinto ad accettare il ruolo?
Ci ho visto subito una grande serie e la possibilità di mettermi nei panni di un personaggio diverso da quelli interpretati finora. Sebbene anche lui sia mosso da un grande senso di giustizia, pronto a tendere la mano verso gli altri e a fare un gesto valoroso, pur non essendo eroe.
Una prima volta, quindi…
Ce ne sono tante di prime volte in questo lavoro: Rai1 che dedica una fiction ai narcos e io che vado oltre le due serate-evento, alle prese con una serialità più lunga. Mi interessava anche il mondo dei motori, il mare e l’adrenalina.
Hai incontrato Franciosi?
Prima ho letto Gli orologi del diavolo, poi Federico Ruffo, il giornalista che ha scritto il libro con Gianfranco, mi ha regalato il suo punto di vista appassionante. Solo dopo ho incontrato Franciosi: mi ha illuminato sugli anfratti di questa storia che, nella biografia, erano solo accennati. Mi ha colpito la sua generosità. Credo non sia facile aprirsi, dopo una vita così complessa. È un uomo molto coraggioso, per certi versi anche incosciente, ma rifarebbe mille volte quello che ha fatto: il più grande sequestro di narcotraffico nel nostro Paese.
Giuseppe Fiorello © Antonio Serrano
Come scegli le storie da interpretare?
Sono curioso e sempre alla ricerca di racconti. Anni fa, in Sicilia, incontrai due signori anziani della provincia di Torino. Era inverno pieno e mi domandavo che ci facessero in un paesino sperduto e nemmeno vicino al mare. Ho scoperto che erano lì per cercare una verità nascosta su una persona, a loro cara, che non c’era più. Una storia di vita che mi ha appassionato tantissimo, un potenziale da raccontare per una famiglia che cerca giustizia. Comunque, mi affascina tutto, anche gli incontri in treno. Tra l’altro la scena iniziale del mio primo spettacolo teatrale, Delitto per delitto, era ambientata proprio su un vagone. L’opera, ispirata al film di Alfred Hitchcock il cui titolo originale era Strangers on a train, diede inizio alla mia carriera sul palcoscenico.
A proposito di teatro: dopo aver interpretato Domenico Modugno nella fiction Volare, hai portato il tributo anche on stage con Penso che un sogno così…. Novità in vista, nonostante il Covid-19?
Ne stiamo facendo un adattamento per la televisione che dovrebbe andare in onda l’11 gennaio su Rai1.
Nella fiction Gli orologi del diavolo il viaggio è molto presente. Per te cosa rappresenta?
Un momento di riflessione, di solitudine bellissima, romantica. È come staccare dal mondo per dedicarsi a se stessi. A certi professionisti della psicanalisi proporrei di trattare i pazienti in treno. Sono convinto che la terapia avrebbe ancora più valore. Il viaggio, in qualche modo, alleggerisce anche chi lo compie per raggiungere destinazioni complicate, dolorose, amare. Ogni tanto un treno bisognerebbe prenderlo, anche senza meta.
Articolo tratto da La Freccia