Siamo stati al Museo Nazionale Ferroviario di Pietrarsa per intervistare il Direttore, Oreste Orvitti, e farci raccontare qualcosa di diverso da quanto non sia abitualmente riportato in libri, servizi giornalistici e sul web. Dopo avere ammirato in sua compagnia la bellezza del sito, con le antiche locomotive, i grandi padiglioni e i giardini dei viali che si affacciano sul Golfo di Napoli, gli abbiamo fatto qualche domanda.
Sul Museo è stato scritto e detto quasi tutto, ma ci racconta qualcosa di lei, di come è arrivato ad assumerne la guida?
I vertici dell’azienda e la Fondazione FS, che gestisce il Museo, ritennero che a dirigerlo dovesse esserci qualcuno in possesso di particolari requisiti che evidentemente ravvisarono nella mia persona. Ero un avvocato, con esperienza ultraventennale in vari settori delle società del Gruppo FS e, soprattutto, sono nato e vivo in questa zona e conosco bene la realtà locale e l’importanza che i cittadini attribuiscono a questo luogo che per decenni è stato un punto di riferimento per lo sviluppo industriale ed economico del territorio. Probabilmente proprio per questo fui ritenuto motivato al punto giusto per contribuire in maniera significativa a portare il Museo in posizioni di spicco nel panorama culturale e artistico internazionale. E ho sempre cercato di raggiungere l’obiettivo facendo ricorso principalmente alle eccellenze che, in qualsiasi settore, a queste latitudini abbondano. Credo che i numeri parlino da soli se consideriamo che siamo passati dai circa seimila visitatori all’anno registrati fino al 2013 agli oltre 200mila del 2019.
Qualcuno ha detto che a legarla a filo doppio con questo luogo non ci sono soltanto il suo percorso lavorativo e le sue origini, ma anche un episodio particolare. Ce lo racconta?
Credo di capire a cosa si riferisce. Non le nascondo che lo rivelo con un pizzico di pudore ma con un’emozione che ancora mi prende quando ne parlo. Mio padre, scomparso nel 2013, ha lavorato per molti anni come operaio in questi capannoni, fino a quando le Officine chiusero nel 1975. Ricordo con grande piacere la prima volta che misi piede qui. Era la festa dell’Epifania del 1970 e all’epoca era consuetudine, in quel giorno, ospitare le famiglie dei ferrovieri in questi ampi spazi per la consegna dei regali. Naturalmente, così come raccontava anche il compianto Massimo Troisi, nato a poca distanza da qui e anche lui figlio di ferroviere, il mio dono fu un trenino e quasi presagii che il mio futuro sarebbe stato in ferrovia. Ma non è tutto. Il fatto è che mi sentivo proprio a mio agio, come in una grande famiglia. Non avrei mai potuto immaginare, però, quel che sarebbe accaduto dopo tanti anni. Quando in occasione del conferimento dell’incarico facemmo un sopralluogo nei polverosi immensi archivi di Pietrarsa, da uno dei tanti schedari che contenevano centinaia di pratiche del personale, il Direttore Generale della Fondazione, Luigi Cantamessa, ne tirò fuori una a caso. Ebbene, era proprio quella di mio padre! Fu una straordinaria coincidenza, il destino, un evento misterioso, non saprei come chiamarlo. Ma proprio allora compresi che questo posto, lo stesso dove mio padre visse a lungo, sarebbe diventato “casa mia”.
Davvero una bella storia. Oltretutto in un luogo dove la Storia è di casa. Grazie
In treno alla scoperta della Valle dei Templi di Agrigento
24 novembre 2020