Photo Caritas Italiana [in tutto l'articolo immagini dei volontari e dei centri Caritas in Italia] 

«In questi mesi di emergenza sanitaria e sociale abbiamo incontrato una povertà dalle mille sfaccettature, con un preoccupante aumento dei problemi legati alla perdita del lavoro e delle fonti di reddito. Ma abbiamo anche riscontrato una grande condivisione e partecipazione solidale attraverso offerte in denaro o la messa a disposizione del proprio tempo. È necessario che ora ognuno faccia la sua parte per superare questa sfida insieme. C’è bisogno dell’aiuto e dell’impegno di tutti». Questo l’appello di don Francesco Soddu, direttore di Caritas Italiana, che spiega come è cambiato lo scenario sociale nell’ultimo anno e come si è evoluta la solidarietà.

 

Secondo il rapporto Caritas, i nuovi poveri sono passati dal 31% del 2019 (periodo maggio-settembre) al 45% nel 2020. Quali fasce possono considerarsi le più colpite?

Con nuovi poveri si intendono le persone che per la prima volta hanno sperimentato condizioni di disagio e deprivazione economica tali da spingerli a chiedere aiuto. Prevalgono i disoccupati e le persone con impiego irregolare che sono rimaste ferme a causa delle restrizioni imposte dal lockdown. Ma anche i lavoratori dipendenti in attesa della cassa integrazione ordinaria o in deroga e quelli precari o intermittenti che, al momento della presa in carico, non godevano di ammortizzatori sociali. Le Caritas diocesane hanno segnalato in primo luogo un forte incremento della povertà, legato alla perdita del lavoro e al prosciugamento delle fonti di reddito, e poi tutte le difficoltà connesse al mantenimento della propria abitazione.

Francesco Soddu, direttore Caritas Italiana

Avete riscontrato nuove problematiche dovute all’emergenza sanitaria?

Accanto ai classici ambiti di bisogno, aggravati dalla pandemia, sono comparsi fenomeni nuovi. Alcune famiglie, per esempio, hanno avuto difficoltà a procurarsi la strumentazione adeguata per la didattica a distanza: tablet, pc, connessione WiFi. Colpiscono anche i numerosi alert delle Caritas inerenti la dimensione psicologica: è stato rilevato un evidente aumento del disagio relazionale, delle problematiche connesse alla solitudine e delle forme depressive. I territori hanno sottolineato anche un accentuarsi dei conflitti di coppia, delle tensioni tra genitori e figli, delle difficoltà di accudimento di bambini piccoli o di familiari colpiti da disabilità. Preoccupa, infine, anche il fenomeno della rinuncia o del rinvio di cure mediche, determinato dal blocco dell’assistenza specialistica ordinaria e di prevenzione, che potrebbe determinare in futuro un effetto di onda lunga sul piano del carico sanitario e del profilo epidemiologico del Paese.

 

Quali norme anti Covid-19 avete adottato per garantire i vostri servizi?

Rispetto a un fenomeno tanto vasto e inedito, le Caritas hanno evidenziato una grande capacità di adattamento, mettendo in atto risposte innovative e diversificate: servizi telefonici di ascolto, gruppi di assistenza all’aperto, consegna di pasti a domicilio o da asporto (in sostituzione delle tradizionali mense), distribuzione di dispositivi di protezione individuale e igienizzanti, offerta di alloggi per i periodi di quarantena e isolamento, servizi di assistenza psicologica o legati all’acquisto e alla distribuzione di farmaci e prodotti sanitari. Una vivacità di iniziative e opere, realizzate anche grazie alla disponibilità di oltre 62mila volontari, a partire dai giovani del Servizio civile universale, che da Nord a Sud si sono spesi a favore dei più vulnerabili.

 

Sono state 136 su 218 le diocesi che hanno erogato sostegni economici. Come sono avvenuti gli aiuti?

Merita di essere sottolineato il potenziamento complessivo di tutti i servizi. In particolare l’incremento di attività della rete degli Empori della solidarietà – 106 in tutta Italia – a favore dell’emergenza alimentare, come pure la nascita o il potenziamento in molte diocesi di fondi destinati a chi per la pandemia ha perso il lavoro o non riesce a trovarlo. In un periodo di sofferenza per tanti piccoli commercianti e lavoratori autonomi questi fondi sono stati utilizzati per sostenere le spese più urgenti come l’affitto, le rate del mutuo, le utenze e gli acquisti necessari alla ripartenza dell’attività. Anche qui è stata decisiva la rete dei Centri di ascolto delle Caritas diocesane e parrocchiali che, pure nelle limitazioni del confinamento, sono stati il segno di una Chiesa attenta e accogliente verso i bisognosi.

Siete venuti incontro anche alla sanità italiana offrendo i vostri spazi.

Nella prima ondata della pandemia sono state ben 68 le strutture, per un totale di quasi 1.450 posti, messe a disposizione della Protezione civile e del Sistema sanitario nazionale da parte di 48 diocesi in tutta Italia. A queste se ne sommano altre 46, per oltre 1.100 posti in 34 diocesi, disponibili per persone in quarantena o dimesse dagli ospedali e più di 64, per oltre 1.200 posti in 42 diocesi, destinate all’accoglienza aggiuntiva di persone senza dimora, oltre all’ospitalità residenziale ordinaria. È un ulteriore segno di sinergia, perché solo con un comune impegno solidale sarà possibile evitare che gli ultimi e gli indifesi paghino il prezzo più alto della crisi.

 

Con la campagna Emergenza Coronavirus: la concretezza della Carità avete lanciato un appello alla solidarietà collettiva.

La Conferenza episcopale italiana (Cei) ha voluto far partire questa iniziativa fin dai primi momenti dell’emergenza, affidandone la realizzazione a Caritas Italiana. Oggi più che mai è tempo della responsabilità e della condivisione: tutti insieme possiamo dare un segno di speranza e di conforto. Per le persone più fragili ancora più colpite dalla pandemia, ma anche per quanti, nonostante tutto, sono rimasti accanto agli ultimi e ai più bisognosi. Così le chiese possono continuare a non far mancare il dinamismo della carità. Sentiamoci dunque tutti parte attiva di questa campagna.

 

Come vede il post Covid-19? Che cosa bisognerà ancora fare e cosa invece ci ha insegnato?

«Se abbiamo potuto imparare qualcosa in tutto questo tempo», ha sottolineato papa Francesco, «è che nessuno si salva da solo». Oggi abbiamo la sensazione di aver percorso, da un giorno all’altro, una serie non calcolabile di tempo: molto è cambiato, niente è come prima. Perciò, non esistendo più immediata continuità, siamo consapevoli di non avere la presunzione di riprendere da dove ci eravamo lasciati. Il cuore di questa dolorosa esperienza deve essere la fraternità e la solidarietà. Sono le premesse fondamentali per affrontare in modo costruttivo i problemi attuali. Occorre rafforzare – anche con un corretto e intelligente utilizzo dei fondi europei – le politiche di attivazione e gli strumenti di inclusione socio-lavorativa, ponendo le basi per un nuovo mondo del lavoro fatto di maggiore giustizia sociale e ambientale. In accordo con le realtà diocesane stiamo avviando un progetto per sostenere la nascita e lo sviluppo di start-up che si occupano di inclusione lavorativa, gestite soprattutto da giovani. Ne nasce una sfida alla politica, ma anche alla Chiesa e alla comunità cristiana. Con il presupposto del bene comune.

Articolo tratto da La Freccia