In cover, Miriam Gualini, amministratrice delegata di Gualini Lamiere International
Miriam Gualini è di Bergamo e qui, precisamente a Bolgare, dirige dal 1994 la Gualini Lamiere International, l’azienda di famiglia specializzata nella lavorazione di acciaio e materiali metallici in cui ha cominciato a lavorare nel 1981, fresca di diploma.
Negli anni è riuscita ad affermarsi in un comparto industriale prettamente maschile, vincendo ogni pregiudizio, fino a ricevere il Premio GammaDonna 2020 come migliore imprenditrice innovativa d’Italia.
Da 27 anni guida l’azienda fondata da suo padre, una “carpenteria metallica” altamente specializzata. È stata dura prendere il suo posto?
No, perché mio padre è stato bravo a gestire la transizione. Abbiamo lavorato bene insieme per diversi anni, senza sovrapporci mai: lui aveva competenze inerenti alla produzione, io mi occupavo di amministrazione e controllo di gestione. Poi ha iniziato a lasciare sempre più spazio a me, soprattutto nelle decisioni, quindi il passaggio è stato morbido.
Lei che studi ha fatto?
Ho una formazione tecnica e un master in amministrazione e gestione d’impresa. Ho voluto coniugare questi due aspetti ed è stato un bene per il mio lavoro.
Cosa significa per una donna lavorare in un settore come quello dell’acciaio? È riuscita ad abbattere i pregiudizi di un comparto declinato al maschile?
Fino a qualche anno fa, in questo mondo le donne erano davvero poche. E gli uomini difficilmente le ritenevano all’altezza della situazione. Oggi, per fortuna, le nuove generazioni scelgono il proprio percorso indipendentemente dal genere e aumentano le ragazze che frequentano ingegneria all’università. È compito di tutti spingere le giovani ad approfondire materie tecniche e scientifiche oltre a quelle umanistiche e filosofiche. Anche se poi il pregiudizio si abbatte solo con il merito e la competenza. L’inizio non è mai facile.
Lei ha avuto particolari difficoltà con i suoi dipendenti?
No, sono in azienda da dopo il diploma e siamo cresciuti insieme. Ci diamo del tu, conosco tutti i miei dipendenti e le loro famiglie, siamo un centinaio quindi è ancora possibile. Hanno la mia stima e io credo di avere la loro. Li incontro tutti, a rotazione, una volta a settimana: hanno un canale diretto con me, oltre a quello aperto con il proprio manager o capo produzione, perché ho istituito Un’ora con il tuo amministratore. Inizialmente si chiamava Un caffè con il tuo amministratore ma alla fine il caffè non lo beveva nessuno (ride, ndr). Li ricevo raggruppati per reparti o a volte mescolati, in gruppi di quattro o cinque, e lascio loro la parola. Ma non è un “lamentatoio” bensì un momento di condivisione per avere suggerimenti, trovare idee e soluzioni. Si parla di come sta andando l’azienda, di come si sentono loro e come percepiscono i cambiamenti e le difficoltà. Insomma, è un bel filo diretto.
Proprio una bella iniziativa…
Sì, ne ho parlato con alcuni colleghi di Confindustria che, guardandomi stralunati, hanno esclamato: «Ma davvero incontri tutti i tuoi dipendenti?». Hanno compreso, però, che si tratta di una cosa positiva.
È stata definita “lady di ferro”. Le piace?
Mi ha chiamata così il primo giornalista che mi ha intervistata dopo aver ricevuto il Premio GammaDonna. Ma più che il ferro preferisco valorizzare la resilienza. Sono ancora qua, rappresento la capacità di adattarsi alle sfide e al mondo che cambia.
Negli anni avete internazionalizzato l’impresa, raddoppiato i dipendenti, investito sull’innovazione e la sostenibilità. Il vostro punto di forza?
Nel nostro Dna c’è da sempre l’innovazione. Gualini investe in nuove tecnologie, scegliendo le macchine più performanti e reinventando continuamente il proprio modello di business. I nonni dei miei nonni, quando hanno iniziato quest’attività, ferravano i cavalli: ecco, se non avessimo “cavalcato” – è proprio in caso di dire – il nuovo, non avremmo potuto dare un futuro alla nostra impresa. Ci prendiamo il rischio di accettare commesse sempre diverse, producendo cose mai fatte prima, come quando nel 2006 ci fu chiesto di costruire una galleria a Rotterdam, nei Paesi Bassi. Lavoravamo già per aziende che si occupavano di semilavorati per gallerie, ma non ne avevamo mai costruita una: ci siamo reinventati e ce l’abbiamo fatta. Lo stesso è successo, qualche anno fa, quando ci hanno chiesto di realizzare degli scrubber, impianti di depurazione, e dei traghetti: siamo partiti da zero e li abbiamo fatti bene. Diversifichiamo molto, progettando e costruendo manufatti che trovano applicazione in diversi settori: dal navale all’eolico, dal ferroviario al sollevamento terra, dalle infrastrutture all’Oil&Gas.
A proposito, Gualini Lamiere International è stata scelta da Renzo Piano per la ricostruzione del ponte Morandi di Genova...
Sì, i ponti hanno sempre fatto parte del nostro core business, che comprende appunto altri importanti settori applicativi. La sostenibilità ambientale, oltre all’innovazione, è un elemento fondante del nostro lavoro.
Ha ricevuto il Premio GammaDonna 2020. Che effetto le fa essere la migliore imprenditrice innovativa d’Italia?
È bellissimo, un grandissimo onore, sembra una frase fatta ma è veramente la sensazione che provo. Sarei stata contenta anche solo di aver fatto parte delle cinque finaliste: ho avuto l’opportunità di conoscerle e sono tutte imprenditrici eccezionali, oneste, competenti. Sono convinta che le donne dimostreranno sempre più le proprie capacità professionali e imprenditoriali, anche in settori tradizionalmente maschili.
Che effetto ha avuto la pandemia sulla vostra produzione?
Ci siamo fermati per un mese, nel primo lockdown, poi abbiamo ripreso con le necessarie certificazioni e ci sono voluti tre mesi per rientrare nei processi. Bergamo è stata duramente colpita dalla prima ondata, quindi i contraccolpi si sono sentiti. Ma spero che si possa ripartire presto con il Recovery plan e un serio piano di azione per le nuove generazioni.
La sua è un’azienda di uomini, però magari anche loro, al pari delle donne, vorrebbero poter conciliare lavoro e vita privata. Inoltre, l’emergenza sanitaria ha evidenziato ancor di più la carenza di politiche per la famiglia. Cosa ne pensa?
Lo dico da sempre, non mi piace quando si riduce a una questione di genere un problema che in realtà appartiene alla famiglia. In Gualini il 90% dei dipendenti è composto da uomini, sono padri e hanno gli stessi problemi delle madri. Occorrono politiche attive a sostegno delle famiglie, non solo delle donne, altrimenti non ci sarà mai un incremento demografico nel nostro Paese. E bisogna muoversi velocemente perché con il Covid-19 abbiamo perso l’aiuto dei nonni, che coprivano una mancanza delle istituzioni. Non c’è più tempo, è un dovere.
Lei è riuscita a conciliare bene il ruolo di mamma e quello di manager?
Per farlo bene bisogna darsi delle priorità. Esserci sempre quando è necessario, in famiglia come sul lavoro, e delegare quando si può. Nei momenti importanti della vita dei miei figli ci sono stata. Questo succede a tutte le mamme e i papà che lavorano, credo. Se i nostri figli prendono il pulmino per andare e tornare da scuola va bene, ma nelle occasioni importanti i genitori devono essere presenti.
Progetti per il futuro di Gualini Lamiere International?
Ne abbiamo tanti, siamo in continuo cammino. Sicuramente puntiamo sull’eolico e sulla progettazione di elettrodotti. Vogliano implementare il nostro business, consolidare il fatturato e, magari, tra dieci anni quotarci in Borsa.
E l’impresa Italia come sta?
Credo che il nostro Paese sia molto fecondo dal punto di vista dell’innovazione. Penso a realtà come il distretto Kilometro rosso, il Consorzio Intellimech, Bergamo Sviluppo, braccio operativo della Camera di Commercio, l’Università di Bergamo e il Digital Innovation Hub. Sono esempi legati al mio territorio, ma scenari così virtuosi se ne trovano in molte parti d’Italia. Il terreno è fertile, però tutte le aziende devono contribuire alla crescita di questo vivaio creativo per partecipare veramente all’innovazione. Da soli non si va da nessuna parte.
Articolo tratto da La Freccia