È una storia particolare quella di Martina Cusano ed Elisa Tattoni. Racconta l’incontro e la fusione di due mondi simili ma differenti: l’e-commerce e il crowdfunding di prodotto. Insieme, infatti, nel 2015 hanno fondato Mukako, brand nativo digitale dedicato agli articoli per l’infanzia che dal 2018 è nella top ten delle migliori startup italiane per valore di vendite. Ma anche tra le piccole e medie imprese italiane cresciute di più nel triennio 2015-2018 (+316%) e con esportazioni in oltre 40 Paesi tra cui, come primo mercato, la Cina.

 

Martina, come vi siete conosciute e perché avete deciso di fondare Mukako?

Tutto è cominciato nel 2014: come amiche, mamme e professioniste con una lunga esperienza manageriale nel campo digitale, abbiamo deciso di dare vita al primo e-commerce italiano dedicato ai prodotti per l’infanzia puntando a restituire tempo ai neogenitori. Grazie alla live chat attivata sul sito abbiamo avuto la possibilità di confrontarci con numerose famiglie, cogliendo un bisogno crescente di prodotti evolutivi ed educativi, di alta qualità e al giusto prezzo, capaci di accompagnare la crescita dei piccoli.

 

Cosa significa Mukako?

Scegliere come battezzare la nostra startup è stato come decidere il nome dei nostri figli. Ci siamo ispirati al Paese natale della mamma di Elisa, la Finlandia, che da anni si classifica come il migliore al mondo in cui essere madre. Così, dall’unione di due parole finlandesi nasce Mukako, ovvero “la scatola che ti aiuta e ti restituisce tempo”.

 

Il portale offre articoli per la prima infanzia, giocattoli e pezzi di design, anche originali, con un comune denominatore: la qualità.

I nostri prodotti nascono dalla conoscenza approfondita del cliente e dall'idea di voler offrire un articolo di qualità e design ricercato ma accessibile a tutti. Nel progettarli abbiamo pensato tanto all’estetica quanto alla funzionalità, utilizzando quasi esclusivamente il legno. Non risparmiamo un solo centesimo in qualità, mentre tagliamo i costi inutili attraverso il modello di vendita direct to consumer. Nella distribuzione classica il prezzo al consumatore arriva a quadruplicarsi a causa dei passaggi tra distributori, negozi e rivenditori, mentre noi ci occupiamo anche della vendita e della consegna direttamente a casa del cliente riuscendo a garantire il miglior rapporto qualità/prezzo. Il resto lo possono raccontare le famiglie che, da ogni parte del mondo, ci hanno dato fiducia: in soli due anni dal lancio, 28mila bambini in circa 40 Paesi giocano con il nostro MUtable, una rivisitazione moderna del tavolo per i piccoli, pluripremiato a livello internazionale.

Martina Cusano (a sinistra) ed Elisa Tattoni con MUtable e, sullo sfondo, la parete multifunzione MUwall © Spinelli Barrile

Come nasce questo prodotto?

Dall’ascolto delle necessità dei genitori. Per realizzarlo ci siamo ispirate al metodo Montessori, in particolare al principio dell’indipendenza del bambino che prevede di incoraggiarne l’autonomia attraverso giochi e strumenti alla sua portata, lasciandolo libero di scegliere le sue attività preferite. In questo modo segue le proprie inclinazioni, impara a riordinare in modo divertente e, giocando, cresce e apprende in maniera naturale ed efficace. MUtable è infatti modulare e personalizzabile, si adatta a tutte le fasi della crescita, da uno a otto anni, ed è stato pensato per stimolare le diverse abilità dei piccoli. Il suo successo ci ha dato una grande spinta per osare di più e porci un obiettivo ambizioso: ridisegnare l’intera cameretta, partendo da una parete attrezzata multifunzione che abbiamo chiamato MUwall, in fase di sviluppo.

 

Vi siete affidate all’e-commerce e al crowdfunding di prodotto: un’accoppiata vincente?

Il nostro modello di vendita è unicamente l’e-commerce, ambito nel quale lavoriamo da tantissimi anni. Ma in alcune occasioni abbiamo fatto ricorso al crowdfunding con una doppia finalità: il lancio di nuovi prodotti e la conquista di nuovi mercati. Questo sistema di finanziamento collettivo attraverso piattaforme come Kickstarter, infatti, funziona bene soprattutto in alcune aree geografiche, come quelle anglosassoni. Lo abbiamo utilizzato per raccogliere i fondi necessari allo sviluppo iniziale di MUtable ma anche per far conoscere Mukako ai principali mercati. Si tratta, tuttavia, di campagne puntuali che durano poche settimane: una volta concluse, la vendita avviene tramite il nostro sito. Raggiungendo in maniera diretta i clienti di oltre 40 Paesi attraverso una struttura operativa per la consegna basata su tre magazzini centrali in Italia, Stati Uniti e Cina.

 

Com’è composto il vostro team?

Quello diretto è costituito da una ventina di persone, quasi tutte donne. Abbiamo sempre lavorato in presenza nella nostra sede centrale di Milano, perché dovendo coordinare attività in tutto il mondo riteniamo fondamentale restare uniti. Dal lockdown di marzo, purtroppo, non andiamo più in ufficio, crediamo sia la scelta più responsabile per combattere il Covid-19. Siamo comunque abituati a lavorare da remoto: oltre a coordinare i magazzini e il personale dedicato, abbiamo diverse persone che collaborano con noi attraverso agenzie di marketing e di consulenza e presso il nostro partner produttivo Hape Toys, una multinazionale tedesca che opera in Cina.

 

Nuovi progetti o prodotti in vista?

Per natura abbiamo sempre nuove idee nel cassetto, anche se in questo delicato momento storico abbiamo deciso di restare focalizzati soprattutto sui progetti già avviati. Lavorando sul digitale non abbiamo vissuto le difficoltà di tanti altri business, ma la catena produttiva e logistica è stata certamente rallentata. E l’impossibilità di viaggiare rende lo sviluppo di nuove proposte davvero complicato.

 

Lei è entrata anche a far parte delle Inspiring Fifty italiane, le 50 donne più influenti in ambito tecnologico, e MUtable si è aggiudicato il Red Dot Award 2019 per l’High Design Quality e il Gold Parents’ Choice Award. Un consiglio per diventare imprenditori di successo?

Sono molto soddisfatta, ma non credo ci sia una ricetta, piuttosto penso che molte startup in Italia nascano con obiettivi poco ambiziosi. Come Paese ci mancano storie visionarie a cui ispirarci, al di là di poche “mosche bianche”, e l'ecosistema porta spesso i giovani imprenditori a essere molto cauti. Premesso che non c’è nulla di male nel voler creare un piccolo business, è anche vero che a livello sistemico servono realtà che possano fare innovazione ed esportarla sia verso le grandi aziende sia all’estero. Quindi il mio consiglio è di credere molto nella propria idea e di impegnarsi al 110% per farla diventare un successo. Senza risparmiarsi, puntando anche a risultati che possono sembrare irraggiungibili.

Articolo tratto da La Freccia