In cover Monte Adone (BO) © Simone Frignani

Con i suoi 15mila viandanti registrati nel 2019 lungo 120 chilometri, la Via degli Dei è il cammino più densamente frequentato d’Italia. Nessun altro, infatti, richiama così tanti turisti a piedi in un tratto relativamente breve e i suoi numeri sono in costante crescita. Le ragioni del successo di questo percorso rappresentano un caso di studio, ora che la risposta alla ripresa del turismo italiano, e al suo futuro in generale, sembra essere unanime: viaggiare al ritmo dei propri passi.

 

La distanza che separa Bologna da Firenze passando per la via transappenninica che unisce l’Emilia alla Toscana, valicando i passi della Futa e dell’Osteria Bruciata, è quella che intercorre «tra il burro e l’olio, tra le zeta vibranti e le acca aspirate», come sottolinea Simone Frignani, autore del best seller Guida alla Via degli Dei. Un tracciato che unisce boschi e borghi, luoghi sconosciuti eppure ricchi di storia, per abbracciare due tra le città più amate del Paese. Città universitarie e popolate dai giovani, città della creatività e dell’ingegno umano da secoli, città facilmente raggiungibili da ovunque si parta: già questi sono presupposti importanti per il successo del percorso.

 

Ma, guardando oltre, non è soltanto la presenza delle città capisaldi, alfa e omega di questo percorso, ad attrarre in modo irresistibile: l’x-factor aleggia in un senso di spensierata leggerezza, apprezzato soprattutto dagli under 30, che si riversa su questo cammino come su nessun altro in Italia. E dunque uno dei compiti più preziosi che il percorso tosco-emiliano assolve è proprio la sua capacità di fare innamorare le nuove generazioni al mondo slow: la Via degli Dei, infatti, rappresenta per la maggior parte dei suoi viandanti la prima esperienza di viaggio a piedi. Dopodiché, fare a meno di visitare paesi, boschi e montagne con la sola forza motrice delle proprie gambe diventa quasi impossibile.

Anche la brevità del percorso è un grande punto a favore per chi si trova agli esordi: cinque, sei giorni al massimo bastano per compierlo in un senso, o anche nell’altro, essendo questo un cammino bifronte, perfettamente segnalato in entrambe le direzioni. Si tratta oltretutto di un’avventura molto sicura per i principianti: i meno esperti non potranno perdersi, e a ogni passo è facile incontrare un collega camminatore pronto a fugare qualsiasi dubbio di orientamento. C’è poi l’accoglienza a cuore aperto caratteristica dell'Emilia, che passa il testimone, sul confine regionale, alla goliardia dei Toscani: grandi sgroppate di giorno che terminano con gustose mangiate alla sera, nei ristoranti di paese e nelle ospitalità predisposte a misura dei camminatori.

 

Insomma, nessuna esperienza che si possa compiere in Italia gambe in spalla assomiglia, più della Via degli Dei, al viaggio in cammino alla volta di Santiago: come in Spagna, tutte le località attraversate dal percorso vivono al ritmo scandito dai passi dei viandanti e l’unica sostanziale differenza con l’avventura a piedi più famosa al mondo è che quella tosco-emiliana non è religiosa, anche se sono molti i luoghi spirituali attraversati che portano a scoprire pievi, conventi e chiesette sperdute tra boschi e colline.

Il santuario di San Luca (BO) © Simone Frignani

Dominante qui è l’antico spirito profano degli dei, e anche questo aggiunge fascino alla miracolosa ricetta del percorso. La presenza di culti persi nella notte dei tempi si riverbera nei nomi di località come Monzuno (da Mons Junonis), Monte Venere, Monte Luario (dalla dea Lua) e lo stesso Monte Adone, la meta panoramica più spettacolare di tutto il tracciato. D’altronde, già dagli anni ‘50, la Strada Provinciale 59 da queste parti veniva chiamata Via degli Dei. Fu così che il nome rimase nelle orecchie degli abitanti tra Bologna e Firenze e fu adottato, nei primi anni ‘90, da un gruppo di appassionati di trekking capeggiato da Domenico Manaresi che, sotto il nome dell’associazione Dû pâs e ’na gran magnè (due passi e un’abbuffata, in dialetto bolognese), prese a compiere i sentieri più diretti a congiungere i due capoluoghi, facendo ben presto diventare questo percorso molto popolare.

 

Il binomio identificato da Manaresi era perfetto: camminare per luoghi meravigliosi e poco noti, gustando gioiosamente la cucina tosco-emiliana. Ma il boom esponenziale della Via degli Dei è storia più recente se si pensa che la guida redatta da Frignani per Terre di mezzo è giunta alla terza edizione a due anni dalla sua pubblicazione, contando anche numerose ristampe.

Oltre alle notevoli caratteristiche da un punto di vista naturalistico, artistico e gastronomico, bisogna riconoscere all’itinerario un ulteriore aspetto capace di offrire un contributo fondamentale al suo magnetico fascino: per il 65% il percorso ricalca la Via Flaminia Militare, la strada romana fatta costruire dal console Caio Flaminio nel 187 a.C. al fine di permettere il passaggio dei legionari da Bologna ad Arezzo, passando per Fiesole. Si tratta, dunque, anche di un percorso archeologico, con un tocco investigativo che ha del romanzesco: questa spettacolare via romana è rimasta per secoli sepolta nel tempo fino a quando, 40 anni fa, i bolognesi Cesare Agostini e Franco Santi, due giovani appassionati di archeologia, intrapresero un intenso lavoro di ricerca e scavi.

 

«Sapevamo che là sotto c’era l’antica strada romana, siamo cresciuti con questi racconti tramandati da generazioni. Ma quando abbiamo trovato quella moneta che confermava le storie apprese sui banchi di scuola, con sopra incisi i simboli della lupa e di Romolo e Remo, l’emozione è stata infinita. Ora eccoci qui, circondati da centinaia di giovani camminatori che hanno riportato in vita l’arteria viaria della Flaminia Militare», racconta con commozione lo stesso Agostini, incontrato proprio sul basolato rimasto intatto del tratto di Poggio Castelluccio (BO).

La Via Flaminia Militare a Poggio Castelluccio (BO) © Simone Frignani

Ma andiamo a ricapitolare i momenti salienti di quest’avventura, ripercorrendola in senso inverso da Firenze a Bologna, così come l’abbiamo compiuta quest’estate in compagnia dello stesso Frignani. La prima tappa ci porta da piazza della Signoria a Olmo in poco più di 17 chilometri, e vale la pena sfruttare la recente variante messa a punto dall’autore della guida: il magnifico sentiero di Stilicone che s’intraprende subito dopo Fiesole, seguendo il percorso del generale romano Flavio Stilicone il quale, alla guida dell’esercito dell’Impero d’Oriente, sconfisse gli Ostrogoti che minacciavano Florentia nella battaglia del 23 agosto 406.

 

La seconda tappa, in circa 20 chilometri, conduce a San Piero a Sieve, delizioso borgo immerso nella natura del Mugello, su un tracciato che ci porta a toccare anche il Santuario di Monte Senario, uno dei più importanti complessi religiosi della Toscana.

La terza raggiunge Monte di Fò in 25 chilometri e presenta la seconda nuova variante studiata da Frignani. Essa offre la possibilità di visitare il Convento di Bosco ai Frati, dov’è custodito un prezioso crocifisso ligneo di Donatello, attraversando la magnifica riserva naturale di Schifanoia e superando due suggestivi passi: quello dell’Osteria Bruciata, noto per un’affascinante leggenda medievale tramandata nei secoli, e quello della Futa, dov’è possibile visitare l’impressionante cimitero militare germanico e le sue 32mila salme (siamo sulla Linea Gotica).

 

Il quarto giorno si lascia la provincia di Firenze e si scavalla in Emilia per raggiungere, a fine tappa, Madonna dei Fornelli (BO). Diciassette chilometri di pura emozione: è qui che si tocca il punto più alto del cammino, 1.200 metri al Poggio delle Banditacce, in una tappa interamente immersa nella faggeta appenninica che raggiunge il tratto di massimo pregio della Flaminia Militare a Poggio Castelluccio

Dalla tappa più breve si passa alla più lunga: 26 chilometri e mezzo da compiere il quinto giorno per raggiungere Badolo, portandoci ad attraversare l’allegra cittadina di Monzuno prima di ascendere alla vista più spettacolare, quella che si gode dalle arenarie plioceniche scolpite dal tempo sul Monte Adone.

 

Mancano solo 22,3 chilometri alla meta e, così, in un’emozionante finale di cammino che attraversa lo scenario quasi tropicale del Parco della Chiusa, la Via degli Dei, dalla prospettiva inversa, culmina il sesto giorno nella discesa trionfale dal portico di San Luca, il più lungo al mondo con i suoi 3.800 metri. Piazza Maggiore non è mai stata così bella.

 

Articolo tratto da La Freccia ottobre 2020