In cover, la Basilica di san Francesco ad Assisi (PG) © Giorgio Galano/Adobestock

«Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, non mietono, non raccolgono in granai e il Padre vostro celeste li nutre. Osservate come crescono i gigli della campagna: essi non faticano e non filano; eppure io vi dico che neanche Salomone fu vestito come uno di loro» (Matteo 6, 25-34)

 

L’ammirazione verso il creato e l’interesse per la sua tutela sono presenti dovunque nella Bibbia e sottolineati nel Vangelo. L’eredità spirituale della conservazione della Terra è stata raccolta nei secoli successivi da diversi santi, che hanno dimostrato una particolare attenzione per la natura e gli animali.

La statua con san Francesco e il lupo, Gubbio (PG) © lcphoto80/Adobestock

SAN FRANCESCO L’ECOLOGISTA

In primis san Francesco d’Assisi, che nel suo Cantico delle creature chiama fratelli il sole, il fuoco e il vento e considera sorelle la luna, le stelle e «nostra matre terra». Non a caso papa Francesco ha scelto di chiamarsi proprio come il religioso, da cui ha appreso l’attenzione per l’ambiente e si è ispirato per l’enciclica del 2015 Laudato si’. Da quell’anno, ogni 1° settembre si celebra la Giornata mondiale di preghiera per la cura del creato, una ricorrenza che va avanti fino al 4 ottobre per sensibilizzare i credenti sulle buone pratiche da adottare per proteggere il pianeta.

E se san Francesco fu nominato da Giovanni Paolo II il patrono dei cultori dell'ecologia, la sua città – immersa nella verde Umbria – è simbolo della bellezza del creato e di attenzione alla sua tutela. Tutti conoscono la Basilica nella piazza principale, affrescata da capolavori di Giotto, ma per ripercorrere le orme del Poverello bisogna arrivare anche al Santuario della Porziuncola, dove era solito raccogliersi in preghiera. O fare tappa al Santuario di San Damiano, la chiesa che il santo trovò in stato di abbandono e decise di ricostruire pietra su pietra dopo che, durante una preghiera, Cristo sembrò invitarlo dal crocifisso a «riparare la sua casa in rovina».

 

Lungo il suo cammino in missione di povertà, Francesco si fermò anche a Gubbio. È commovente l’incontro con il lupo che il Santo riuscì ad ammansire tanto da portarlo a poggiare il muso sul suo ginocchio. Il prodigio, dovuto a doti straordinarie di sintonia con le creature del pianeta, avvenne nella zona dove è sorta poi la piccola Chiesa di san Francesco della pace.

Veduta del Santuario di san Francesco di Paola, Paola (CS) © Francesco Bonino/AdobeStock

NATURA E ANIMALI AL CENTRO

Molto sensibile nei confronti della natura e dei suoi abitanti era anche sant’Antonio Abate che, nel III secolo d.C., visse per 80 anni in solitudine in Egitto. Considerato il protettore degli animali, si festeggia il 17 gennaio, nel pieno dell’inverno, per propiziare l’arrivo della primavera. Sono tante quel giorno le tradizioni religiose che si celebrano in tutta Italia, con protagonisti i piccoli amici dell’uomo, per l’occasione benedetti davanti ai luoghi di culto.

 

Anche il romano san Filippo Neri, vissuto nel ‘500, non sopportava che le bestie fossero maltrattate: i suoi atti di canonizzazione testimoniano che non poteva passare vicino ai macelli, perché soffriva nel vedere gli animali che sarebbero stati soppressi con crudeltà. Era un vegetariano ante litteram san Rocco, raffigurato spesso con un cane al suo fianco, pronto a leccargli le piaghe della peste. Mentre san Francesco di Paola, venerato nella cittadina in provincia di Cosenza, dove si trova un santuario a lui dedicato, è stato protagonista di alcuni miracoli legati agli animali e all’armonia con la natura. Fece risorgere un agnellino a cui era molto affezionato e auspicava per tutti un ritorno alle origini, quando ci si nutriva solo dei prodotti della terra.

Un altro prodigio, nel 1464, consolidò il suo legame con gli elementi naturali. Il Santo avrebbe dovuto attraversare con altri due frati lo Stretto di Messina, ma non avendo denaro non trovò nessuno che li trasportasse. Così, sostenuto da una solida fede, stese sulle onde il suo mantello, legandolo al bastone e creando così una sorta di barca, tanto sicura da portare lui e i suoi compagni di viaggio sulla terraferma.

 

In sintonia con la natura aspra ed essenziale, viveva anche san Girolamo, spesso ritratto con poche vesti in mezzo al deserto. Nel dipinto conservato nelle Gallerie degli Uffizi a Firenze, Giovanni Bellini lo mette al centro di un paesaggio scarno e selvaggio in fondo al quale si apre la veduta di una città, emblema della contrapposizione fra natura e civiltà. 

L’Abbazia delle Tre Fontane, Roma © misterbike/Adobestock

TRA ORTI E PREGHIERE

A inseguire l’obiettivo di una relazione armonica tra uomo e natura sono anche molti consacrati al Signore, tra frati e monache, che si dedicano ancora oggi a coltivare orti e curare giardini per ottenere prodotti a chilometro zero. A poca distanza dal centro di Roma vivono i frati trappisti dell’abbazia delle Tre Fontane, seguaci di san Benedetto e della sua regola ora et labora, che prevede un’alternanza quotidiana tra ore di preghiera e tempo dedicato al lavoro della terra. Dai loro orti, in un’oasi di pace, provengono frutta e verdura di stagione, olio extravergine, miele, birra e la rinomata cioccolata.

 

Mosse dallo stesso spirito di comunità, sono le monache cistercensi di Nostra Signora di Valserena a Guardistallo (PI). Il loro lavoro manuale è dedicato soprattutto alla raccolta delle olive per produrre l’olio e, in tempi di pandemia, venderlo online. Il modo migliore e più umile di seguire il messaggio di papa Benedetto XVI: «Una parte della vita monastica, insieme alla preghiera, è anche il lavoro, la coltivazione della terra in conformità alla volontà del Creatore. Così in tutti i secoli i monaci, partendo dal loro sguardo rivolto a Dio, hanno reso la Terra vivibile e bella».

Articolo tratto da La Freccia