In cover, Rovereto (TN) © Freesurf/AdobeStock

Raggiungo Rovereto in mattinata, sono partito da Trento in bicicletta lungo la pista ciclabile del fiume Adige. Quaranta minuti, per quelli allenati 30, di pace tra vigneti, chiese e castelli. Il paesaggio è fiabesco e non ti accorgi del trascorrere del tempo, una bella sensazione di armonia ti accompagna per tutto il percorso. Parcheggio la bicicletta vicino alla stazione dei treni e inizia il mio itinerario per Rovereto alla ricerca di un tale Tonek Pripichek.

 

Chiedo informazioni per il centro: «Sempre dritto», mi rispondono. Mi dicono sempre così, ma io poi mi perdo di continuo assecondando la curiosità. Eleganti edifici con affreschi ristrutturati in stile neorinascimentale, piazza Battisti con la caratteristica fontana del Nettuno e, ancora, vicoli e vicoletti dal sapore autentico.

 

È ora della colazione, come al solito chiedo di un bar dove si possano mangiare cose tipiche e tre persone su tre mi indicano il Caffè Bontadi, sede della torrefazione più antica d’Italia. Mi siedo e ordino un cappuccino e uno zelten, dolce a base di farina, uova, burro, zucchero e lievito, che si uniscono in un matrimonio perfetto con noci, fichi secchi, mandorle, pinoli e uva sultanina. Una delizia per il palato. Chiedo di Pripichek: è passato dieci minuti fa, continuo il cammino alla sua ricerca.

Il Museo d'arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto (Mart) © Marco Togni/AdobeStock

La passeggiata va avanti tra case che si drizzano al lato di strade ciottolose e botteghe artigiane ricche di umanità. Arrivo in piazza Erbe e cerco ancora Pripichek: un signore è sicuro di averlo visto passare e prendere un caffè proprio due minuti prima del mio arrivo. Vado verso il Castello sperando che sia andato in quella direzione ma niente. Magari ha attraversato il ponte Forbato per ammirare le cascate del fiume Leno che fanno da cornice agli edifici con la Casa dei Turchi, d’epoca veneziana. Chiedo a una signora con un cappotto rosso se conosce Pripichek, è sicura di averlo visto entrare al Museo d’arte moderna e contemporanea (Mart), trai più importanti d'Europa. Entro e, tra un’opera e l’altra, continuo a cercarlo.

 

Incontro un signore che potrebbe assomigliarli. Mi dice che è in zona e si spaccia per un suo grande amico, uno che sa tutto di lui. Gianfranco, così si chiama, ha un allure molto accentuato. Inizia a parlarmi di sé e di quanto la passione sia il motore della sua vita. Mi racconta di quando, già da ragazzo, aveva chiaro che voleva intraprendere la via della musica e, soprattutto, che desiderava allontanarsi dal suo paesello, non perché non stesse bene ma per il desiderio di nuove scoperte. Con alcuni amici, di origine slovena, conosciuti grazie a vari contatti e combinazioni, era approdato in Danimarca dove aveva suonato per un anno in un club.

 

Ci sediamo al bar del museo, ordiniamo due spritz e mi racconta di quando si trasferì ad Amsterdam, cercando di inseguire la sua strada in un locale allora famosissimo in tutta Europa, il Blue Note. Ma Gianfranco mi parla anche della sua passione per il cibo e per la scoperta di nuovi ingredienti e nuove frontiere della cucina. Voleva andare in Giappone ma a Singapore lo bloccarono rispedendolo indietro per via della capigliatura troppo folta. Ma non è stato certo questo a farlo arrendere.

Tonek Pripicheck con i Salzburg Chamber Soloists al Museo internazionale e biblioteca della musica di Bologna

Gli chiedo del suo ritorno in Italia: «A un certo punto ho sentito la necessità di tornare, il piacere del viaggio è anche il piacere di ritrovare le proprie radici. Sentivo di dover approfondire gli studi musicali, che completai diventando maestro di musica e professore di pianoforte. Entrai in conservatorio come insegnante e vi rimasi per 27 anni. Continuai a viaggiare per concerti e, nello stesso tempo, si ampliava anche la mia conoscenza culinaria».

 

Poi mi racconta di aver voluto concretizzare una percezione che lo accompagnava da tempo: «Era un’immagine che avevo in testa fin da piccolo. Suonare con i bicchieri di cristallo. Avevo visto un documentario sul più grande esecutore dell’epoca, trasmesso in televisione; una televisione che ero costretto a guardare al bar perché in casa non l’avevamo. Fu così che dopo molti anni iniziai la costruzione del cristallarmonio, strumento poco conosciuto e usato molto raramente, ma davvero speciale».

 

Fa una pausa, ma solo per riprendere fiato. «Mettendo insieme varie conoscenze, apparentemente slegate tra loro, riuscii a confezionare questo strumento che mi ha portato ancora una volta in giro per il mondo, ma in una dimensione culturale diversa. Si trattava di concerti in teatri, non più serate nei locali di turno. Ho avuto la possibilità di esibirmi con grandi professionisti, grazie anche a Wolfgang Amadeus Mozart e Gaetano Donizetti, che avevano scritto opere dedicate a questo strumento particolare. Eravamo veramente in pochissimi a eseguirle, così ho avuto anni di grande lavoro e soddisfazioni».

Pripicheck e le Terrine di agnello con mirtilli nel suo locale Al Silenzio, Rovereto (TN) © Carlotta Grisi

Gianfranco mi affascina, anche perché sono pochissimi i suonatori di bicchieri al mondo, e sono curioso di sapere se poi in Giappone è riuscito a tornarci. «Sì, certamente, con il Teatro Donizetti di Bergamo», mi racconta, aggiungendo che le frequentazioni giapponesi hanno cambiato la sua vita grazie alle scoperte gastronomiche che ha potuto fare. Così, è tornato in Italia con l’idea di creare un sushi territoriale, il Trentinsushi, idea che si è realizzata grazie alla figlia maggiore, da poco rientrata dalla Turchia, dove era impegnata socialmente su vari fronti.

 

«Ricordo che mi aveva accompagnato in Spagna per alcuni concerti dove l’organizzatore era un giornalista del quotidiano El País esperto di vini e cibo. Dopo un concerto abbiamo parlato, brindato, fantasticato ed è stato così che si è concretizzata l’idea di aprire addirittura un locale. È stata la svolta, ennesima, della mia vita. Dopo alcuni anni di attività diviso tra musica, insegnamento e cucina, ho dovuto prendere una decisione, fare una scelta radicale. Ho lasciato tutto – conservatorio, concerti e musica – per dedicarmi alla cucina. Avevo trovato nuova linfa, seguito il bisogno di rigenerarmi, cercato altre strade e passioni. Un’altra identità».

Si ferma e io mi fermo a guardarlo. Lui sorride e continua. «Eh sì, non potevo più continuare con il mio nome, ormai stavo facendo altro e le cose si stavano mescolando troppo, anche perché nel frattempo, per distrarmi da alcune difficoltà della vita, mi ero messo a dipingere ma, soprattutto, ero diventato produttore di gin. Così mi sono trasformato in un ebreo-polacco (discendenza da parte materna) amante della musica klezmer, del buon bere e della cucina succulenta. Sì, perché chiaramente, come affermava un grande scienziato, la vita è tutta un’illusione».

 

Mi congedo da lui, la mia ricerca deve continuare, sto per uscire dal museo e chiedo a una guida se ha visto uscire Pripichek. Mi guarda in maniera strana e sorride spiegandomi che ci ho parlato per un’ora. Perché Tonek Pripichek è il nome d’arte di Gianfranco Grisi, uno dei più importanti suonatori di cristallarmonio. E uomo dalle mille vite.

Articolo tratto da La Freccia