Foto di Enrico Procentese

Quando ha preso per la prima volta il treno? Se lo ricorda quel viaggio?
Da ragazza, ero alle superiori – se ricordo bene – e il viaggio credo che fosse Milano-Piacenza-Milano, che – diciamo così – è un classico visto che abbiamo più di diecimila pendolari.

Mi sembra che suo figlio, tre anni e mezzo, l’abbia battuta sui tempi: va e viene con i treni...
Pietro a 28 giorni era sul Frecciarossa con la carrozzina. Chiedevo sempre il posto all’inizio della carrozza perché lì c’è uno spazio per parcheggiare la carrozzina. In questo modo stavo seduta io, e curavo e allattavo lui. Ora viaggiando così spesso, sale con me sul treno e si sente a casa. La prima mezz’ora gioca coi suoi giochini, poi va a farsi un giro, e quando ha finito entra in bagno, vuole vedersi allo specchio. Insomma sull’Alta Velocità ha tutti i suoi riti.

Lei è nata e vive a Piacenza. L’università l’ha fatta a Milano. Insomma una vera pendolare…
Sì, anche se i primi due anni sono stati quelli più intensi. Poi, avendo perso mio padre, ho dovuto rallentare molto la mia attività universitaria per lavorare, perché dovevo mantenere me stessa agli studi e i miei fratelli più piccoli. E mi sono laureata tardi. Quelli sono stati gli anni in cui ho cominciato a prendere anche l’aereo: avevo responsabilità professionali in diverse aziende e, quindi, dovevo girare il mondo.

Quando andava all’università che faceva sul treno?

Parlavo sempre, commentavo le notizie, leggevo il giornale ad alta voce, trovavo sempre qualcuno con cui chiacchierare . Tutto questo alle sette di mattina, il che, oggettivamente, poteva essere anche leggermente fastidioso… Allora non c’erano le carrozze del silenzio come sui Frecciarossa. E io davo sfogo a tutta la mia fantasia…

Un consiglio da ex pendolare?
In questo momento più che dare consigli devo esercitare una guida politica e condividere le scelte per gli investimenti delle Ferrovie. Saranno importanti le risorse aggiuntive che avremo nei prossimi anni, senza considerare i 15,4 miliardi che saranno a breve approvati in Parlamento con l’atto aggiuntivo del contratto di programma. Dobbiamo avere, da una parte, massima attenzione alla manutenzione dell’Alta Velocità e, dall’altra, continuare a investire sulla rete ordinaria. Abbiamo anche dei progetti di forte velocizzazione di linee fuori dalla rete AV con benefici sia per i viaggiatori sia – cosa molto importante – per le merci. Parliamo della Calabria, della tratta tra Venezia e Trieste, tra Roma e la Puglia con la Napoli-Bari dove si raggiungeranno punte di velocità prossime a quelle dell’AV. Si potrà andare a Roma e Bari in tre ore e in due da Napoli. Dopo anni di parentesi in cui tutti gli sforzi sono stati concentrati sull’Alta Velocità, adesso c’è molta attenzione verso il trasporto regionale e, al di là delle parole, stanno arrivando i fatti.

In realtà gli investimenti nel trasporto regionale sono stati avviati già da qualche anno, e stanno conoscendo un’accelerazione. Oggi vediamo concretamente i primi risultati con la consegna dei nuovi treni Rock e Pop all’avanguardia e con un disegn concepito a misura delle persone.
Ha fatto da apripista l’Emilia Romagna e poi, via via, le consegne nelle altre regioni. Perché il vero rilancio del trasporto regionale passa anche da un forte intervento di manutenzione e potenziamento della rete ordinaria, con il raddoppio dei binari per aumentare la capacità di trasporto delle linee e migliorarne l’efficienza soprattutto nelle zone produttive dove ci giochiamo la partita dell’intermodalità sulle merci, e con l’investimento in nuovo materiale rotabile.

L’Alta Velocità adesso compie 10 anni. Come ha cambiato il Paese dal punto di vista sociale ed economico?
Ha cambiato il modo di viaggiare, accorciato le distanze, reso l’attività e la vita, per esempio, tra Roma e Napoli, potenzialmente da pendolari, messo in competizione tutte le idee di viaggio, anche diverse da quelle su ferro. Si è arrivati all’idea di viaggio comodo, con la possibilità di essere anche un po’ coccolati a cominciare dai servizi di bordo e dall’intuizione della pulizia nelle carrozze. E poi il fatto di stare bene determina più facilmente comportamenti positivi.

Foto di Enrico Procentese

Quindi la filosofia dell’Alta Velocità vede il treno come luogo di incontro e di attenzione verso le persone.
Credo che questo sia effettivamente un aspetto importante e insisto sulla qualità del viaggio. Quando una persona prende il biglietto dell’Alta Velocità sa che viaggerà bene. E per chi viaggia molto questo è un aspetto dirimente. Lei provi a fare la stessa tratta in macchina. A volte io lo faccio perché su quella tratta magari ho cinque soste diverse e quindi devo prendere la macchina. Il livello di qualità del viaggiare non ha paragone.

Dopo la rivoluzione di questi primi 10 anni, quale sarà quella dei prossimi 10?
Sul piano tecnologico sarà quella introdotta dalle tantissime innovazioni in corso, soprattutto sulla parte elettronica, sul segnalamento, sulla sicurezza, cose di cui i passeggeri non si renderanno conto perché non le vedranno direttamente. Proseguirà continuando a disegnare treni sempre più a misura d’uomo, completando la rete ad Alta Velocità verso il Sud Est. Ma anche e soprattutto estendendo alcuni benefici dell’Alta Velocità anche in aree oggi non servite per migliorare la vita di quanti vivono in quei territori.

Il treno evoca molte immagini. Lei ha detto, in un discorso pubblico, che fa rima con “casa” e “relazione”. Mi spieghi…
Con “casa” perché per quelli che come noi che viaggiano tanto c’è una sorta di tranquillità acquisita. Quando sei sul treno – io lo vivo così – dopo aver sistemato la valigia, puoi leggere il giornale, gustare uno snack, sorseggiare un bicchiere di coca cola, un caffè... un po’ come a casa. “Relazione”, anzitutto, perché quel tempo che trascorro in viaggio è spesso anche un pezzo della qualità del tempo che dedico a mio figlio: viaggiare tre ore con un bambino significa condividere con lui cose importanti. E poi anche perché, se viaggio per lavoro, sul treno facciamo le riunioni assieme a colleghi e collaboratori. 

Sempre in quel discorso ha detto che il treno fa rima con “velocità” e “progresso”. Aggiungo una definizione di Milan Kundera che mi è piaciuta molto, «la velocità è una forma di estasi che la rivoluzione tecnologica ha regalato all’uomo».
Ha ragione. Devo dirle di più. Ricordo benissimo un viaggio verso Milano in macchina, in autostrada. Di fianco l’ETR 1000, uno dei primi, che sfrecciava sulla Milano-Bologna dove raggiunge la vetta dei 300 km/h. Quando sei sul treno ti sembra un’andatura normale, guardi le macchine e sono tutte al rallenty. Però, vedendo la velocità del treno dalla macchina mi sono stupita: «Ma davvero nel mio Paese succede questa cosa?». Quando dico velocità e progresso è perché da ministro, ho toccato con mano il nostro livello di tecnologia. Una roba strepitosa. Quando sono andata all’Expo ferroviaria di Milano mi sono resa conto che i distretti italiani sulla tecnologia sono poderosi.

L’intervento che abbiamo evocato è quello fatto per i 180 anni dal primo viaggio in treno in Italia, con la visita al Museo di Pietrarsa della Fondazione FS Italiane.
Lì a Pietrarsa vedi tutte le locomotive, da quelle più semplici alle più complesse. Il genio dell’uomo al servizio dell’uomo. E il treno è proprio la rappresentazione concreta del genio dell’uomo al servizio delle persone.

Fino a pochi mesi fa lei ha visto il treno con l’ottica della viaggiatrice, ora con quelli di ministra. Le chiedo qual è la differenza.
Sono stata viaggiatrice pendolare sia sui regionali che sull’Alta Velocità, viaggiatrice single, mamma e ministro. Da ministro bado al controllo della puntualità e alla pulizia. Avevo vissuto l’innovazione della pulizia sul treno come una grande rivoluzione, adesso è come se questo aspetto fosse una responsabilità mia. Così come per la puntualità: quando il treno tarda di cinque minuti mi sento osservata. Il mio legame con le Ferrovie è storico, perché nei miei vari incarichi politici ho sempre avuto un dialogo costante con i suoi amministratori. Un esempio. Da sottosegretario all’Economia ero andata alle Ferrovie per chiedere attenzione alle esigenze delle mamme con un suggerimento che si è poi realizzato: proprio pochi giorni fa ho provato una gioia meravigliosa nel vedere che i bagni dei nuovi treni pendolari dispongono di uno spazio per cambiare e appoggiare i bebè. 

Per anni si è privilegiato il trasporto su gomma. È stata una buona scelta?
È stata una scelta che oggi comunque non è più possibile. Abbiamo avuto un tempo di decisione del passaggio dalla gomma al ferro troppo lungo. Il ferro ha già una barriera di ingresso elevata, perché i tempi di realizzazione delle infrastrutture sono molto lunghi e anche il suo costo è più alto della strada. Ma il problema del nostro Paese è stata la decisione politica, perché poi la realizzazione avverrà esattamente negli stessi tempi degli altri Paesi. Noi abbiamo ancora tutto il potenziale delle merci da esprimere. Dobbiamo collegare meglio i porti e gli aeroporti alla rete, utilizzare di più l’Alta Velocità e cominceremo da Napoli. 

Stiamo parlando di futuro prossimo?
Io ci provo. Nel tempo che mi sarà dato ci proverò. Mi lasci dire che il treno è bello. È nella fantasia dei bambini che giocano con il trenino. Io ho comprato il Frecciarossa in Autogrill, quello elettrico che ha i binari circolari. Mio figlio faceva un po’ fatica a tenerlo sui binari, ma giocarci è proprio bello.

Me la dà una definizione di treno, di quelle che non ci sono sui vocabolari?
Domanda impegnativa. Mi lasci pensare… Ecco, il treno è il viaggio per tutti. In tutti i luoghi del mondo, il treno è una scelta degli Stati per consentire a tutti di viaggiare. A tutte le donne e a tutti gli uomini. La scelta del viaggio e dell’opportunità di muoversi per la collettività. E questa è una cosa che ha a che fare con la Costituzione.