Uno che sa raccontarsi bugie. Così Pierluigi De Palma si definisce nel libro Bari calling. Un passato da giornalista musicale e una passione per Bruce Springsteen e Bob Dylan, ha pubblicato un racconto autobiografico scritto interamente a bordo del Frecciarossa Roma-Milano. Una sorta di bilancio esistenziale scaturito dal dubbio che tutte le scelte cruciali siano avvenute suo malgrado. Motivo per cui, capitolo dopo capitolo, chiunque può riconoscersi nei suoi panni.

 

Cosa mi dice dei bilanci?

Che sono pericolosi. Vanno fatti in maniera asettica, evitando l’eccessiva autocommiserazione o colpevolizzazione. A me è andata bene, nonostante i piccoli grandi compromessi che facciamo con la vita.

 

Ha lavorato come giornalista musicale, poi è diventato avvocato dei cantanti…

È stato il mio compromesso con la professione. Ho scelto un mestiere che avvertivo più solido, ma restando nell’ambito dello spettacolo.

 

Frustrante?

È stata una forzatura emotiva. Sono passato dalle interviste con Keith Richards e Paul McCartney alle giornate dentro l’ufficio notifiche.

 

Questo libro si presta bene a diventare uno spettacolo...

Chissà! Per me è tutto una sorpresa, alcuni ci vedono addirittura un film. Comunque l’anno scorso, alla Sala Umberto di Roma, con Leonardo Colombati e Fabrizio Lucherini abbiamo registrato il tutto esaurito con lo storytelling A day in the life. Raccontavamo della prima apparizione tv di Elvis Presley nel 1956, che scatenò in Paul McCartney, Bob Dylan e Bruce Springsteen il desiderio di diventare come The King.

 

Lei è stato protagonista dei social senza avere un account.

Una serie di artisti e amici hanno fatto promozione per me: Fiorella Mannoia con una diretta su Instagram, Tiziano Ferro leggendo un brano del mio libro e Tommaso Paradiso coinvolgendomi in una conversazione bellissima. Sono stati generosi.

 

Dopo Bari calling?

Mi sono riconciliato con la scrittura e vorrei scovare le storie nascoste del rock.