Genitori preoccupati, studenti spaesati, linee guida incerte. Dall’inizio della fase 2 si parla di tutte le possibili modalità di rientro in classe dopo l’isolamento obbligato da Covid-19. La questione, però, resta un’incognita, una matassa da sbrogliare che rimane tale anche quando La Freccia sta andando in stampa. Ma la didattica a distanza e le complessità affrontate durante il periodo di lockdown hanno già cambiato la scuola. Ecco come secondo Antonello Giannelli, a capo dell’Associazione nazionale presidi.

 

Cosa hanno imparato gli insegnanti da questa reclusione forzata?

Gli insegnanti hanno superato i propri limiti, mettendosi al servizio dei loro alunni, e sono stati capaci di inventare una didattica nuova. Pur con molte difficoltà iniziali, anche tecniche, sono riusciti a mantenere un contatto con i propri studenti aiutandoli ad affrontare emotivamente una situazione nuova e dagli sviluppi imprevedibili.

 

E dei più piccoli che mi dice?

Che hanno subito maggiormente la didattica a distanza e risentito della mancanza del rapporto, in presenza, di insegnanti e compagni di classe. Il loro approccio alla digitalizzazione dell’apprendimento probabilmente è stato il più difficile, ma anche quello che porterà maggiori frutti. Mentre gli adolescenti hanno imparato quanto importanti fossero le abitudini scolastiche: il ripetersi di gesti che, fino a quel momento, sembravano scontati, banali e ripetitivi.

 

Come ha reagito la scuola?

Per il sistema scolastico è stato uno stress test. Abbiamo potuto toccare con mano la poca propensione all’uso avanzato delle tecnologie. Ora è chiaro quanto la digitalizzazione sia sempre più necessaria, e non per sostituire la didattica professionale, quanto per andare incontro agli studenti impossibilitati – per qualsiasi motivo – a essere presenti in aula. Se un ragazzo si rompe una gamba ed è costretto a letto, potrebbe comunque stare al passo con le lezioni.