In cover, Edward Weston, Tina (1924), Messico © Center for Creative Photography, Arizona Board of Regents
Libertà, intelligenza e rivoluzione, la sintesi di una vita breve ma senza sosta. Piena di coraggio. Quella di Assunta Adelaide Luigia Modotti Mondini, o semplicemente Tina Modotti (1896-1942), tra le più grandi interpreti femminili dell’avanguardia artistica del ’900.
Fotografa, attrice, attivista ed emancipata figlia di operai emigrati oltreoceano, ha respirato in anticipo di almeno mezzo secolo l’ebrezza di essere spirito affrancato e pensiero libero, immersa nelle arti che mescolava sapientemente con l’impegno sociale e la militanza politica. Prima il teatro, poi il debutto nel cinema muto, viaggiando in lungo e in largo nell’America degli anni ’20 e ’30. Dall’effervescenza culturale di San Francisco a Los Angeles e Hollywood, fino a spingersi più a sud dove incrocia i grandi movimenti sindacali.
Nel luglio del 1923 arriva in Messico, insieme al fotografo Edward Weston, amante e maestro, e la sua biografia prende forma. Qui Tina incontra gli strascichi della rivoluzione, si iscrive al partito comunista messicano, vive indomita una coscienza di classe schierata con i più deboli, e inizia a dedicarsi alla fotografia in maniera feconda, realizzando immagini divenute icone senza tempo.
Le mani del marionettista (1929), Messico © Tina Modotti
Molte tra queste sono raccolte in Tina Modotti. Donne, Messico e libertà, la retrospettiva allestita al Mudec-Museo delle culture di Milano fino 7 novembre, nell’ambito della rassegna comunale I talenti delle donne e curata da Biba Giacchetti.
Circa 100 scatti in bianco e nero, stampe originali, oltre a lettere, documenti e alcuni video storici, per un racconto che scruta da vicino una protagonista del suo tempo e la svela come anticipatrice di ideali moderni. Bella, mai stanca e remissiva, cittadina del mondo e combattente, Tina narra con i suoi fermo immagine le lotte per la riforma agraria e l’istruzione di massa, le donne indios e le giovani madri, i mezzadri e gli operai, il riscatto femminile e il divario tra ricchezza e indigenza.
La militanza politica si traduce in un linguaggio espressivo diretto e schietto, eloquenti immersioni nella realtà popolare che con piglio etnografico esprimono durezza e purezza, dignità e rivalsa. Dopo i primi lavori sperimentali che hanno al centro soprattutto fiori, rose corpose o longilinee calle, si concentra sui personaggi del quotidiano ritratti da vicino con l’obiettivo a tutto fuoco.
Donna con bandiera (1928), Messico © Tina Modotti
Esalta particolari che ripete in maniera seriale, come le mani consumate dal lavoro e plasmatrici di materia. Frequenta personaggi illustri, tra cui Frida Kahlo e Diego Rivera, Pablo Neruda, Ernest Hemingway e Robert Capa, fonda El Machete, il giornale letto dai campesinos, ama molti uomini.
Tina è tante donne in una. «Mi considero una fotografa, niente di più», scrive di se stessa, «e la fotografia è il medium più soddisfacente per rappresentare la vita in tutti i suoi aspetti ed è da questo che dipende il suo valore di documento».
La Donna con bandiera è tra le sue testimonianze più cariche di significato, sunto di quello che è stata la Modotti. Struttura ed equilibrio di una forma d’arte che offre voce ai senza voce mostrando individui poveri ma orgogliosi e manifestando una vita, la sua, schierata e spesa a voler migliorare il mondo. A costo di essere arrestata, espatriata, screditata, inquisita. Ma la libertà è la luce che occorre a imprimere e disegnare la pellicola, e questa l’ha resa Tina Modotti.
Articolo tratto da La Freccia
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