In cover, The Embrace, di Sergey Gorshkov, è la foto vincitrice del Wildlife Photographer of the Year 2020

L’elegante pelliccia ramata indossata con stile su una fisicità monumentale, la testa possente e le zampe larghe con cui camminare anche sulla neve. È la tigre siberiana, tra i felini più spettacolari e rari del pianeta, immortalata da Sergey Gorshkov mentre abbraccia, con aria sognante, il tronco di un abete della Manciuria, regione nord-orientale dell’Asia.

 

The Embrace, lo scatto lungo dieci mesi ottenuto dal fotografo russo grazie a macchine con sensore di movimento e lunghi appostamenti, ha vinto il Wildlife Photographer of the Year 2020, il più importante riconoscimento dedicato alla fotografia naturalistica.

Perfect balance, un piccolo uccello posato su uno stelo di fiore fotografato da Andrés Luis Dominguez Blanco, foto courtesy Wildlife Photographer of the Year 2020

Fino al 31 agosto, al Forte di Bard (AO), è allestita l’anteprima italiana della 56esima edizione del concorso che documenta con le migliori immagini la bellezza e la varietà, ma anche la sempre maggiore fragilità, della natura. E sottolinea la priorità, non più rimandabile, di difendere e salvaguardare la Terra.

 

Il report annuale 2020 del Wwf parla chiaro: l’uomo sta distruggendo il mondo. Flora e fauna globali sono in depressione a causa delle continue deforestazioni, le abitudini di vita inquinanti, le diete non proprio eco-friendly e i continui sprechi.

 

In 50 anni è stato perso il 68% della popolazione totale degli animali selvatici, un numero che continua a crescere provocando la distruzione di molti ecosistemi. Eppure, la vita dell’uomo dipende da quella della natura: se perisce lei sparisce la nostra specie.

The pose, una giovane scimmia proboscide immortalata da Mogens Trolle sull’isola del Borneo, Malesia. Vincitore della categoria Ritratti, foto courtesy Wildlife Photographer of the Year 2020

Le foto al Forte di Bard vogliono stimolare proprio questa riflessione. Occorre ripartire dalla cura di ogni battito d’ali, salvaguardare ogni colpo di pinna nei fondali, riconoscere il più flebile dei ronzii o ascoltare cinguettii e voci dei boschi, inspirare i profumi del più comune fiore di campo e assecondare le leggi ancestrali del regno animale, rispettando tutti i biosistemi.

 

Esattamente come sembra fare la grande tigre, specie in estinzione di cui è rimasto solo qualche centinaio di individui. Abbandonata in un’estasi ecologica in mezzo alla foresta russa pare sussurrare alla natura: «Se esisti tu, esisto anche io».

Articolo tratto da La Freccia