In apertura: Brescia (2009) Foto courtesy Archivio Basilico, Milano

C’è tempo fino al 6 gennaio 2022 per visitare, al Museo civico Castello Ursino di Catania, una mostra senza precedenti del fotografo Gabriele Basilico, nato a Milano nel 1944 e scomparso nel 2013. Dal titolo Territori intermedi, curata da Filippo Maggia, promossa e realizzata da Fondazione Oelle Mediterraneo antico in collaborazione con l’Archivio Gabriele Basilico, l’esposizione nasce come riflessione su un’importante, fondamentale, parte del lavoro dell'artista fino a oggi rimasta in ombra.

Si tratta di opere realizzate come studio o sacrificate per esigenze precise della committenza. Le oltre 120 immagini del catalogo, di cui oltre 60 proposte in mostra, sono quasi tutte inedite, oppure scelte e selezionate da Basilico stesso. Mai pubblicate né presentate in esposizioni personali o collettive, salvo rari casi, furono eseguite dalla metà degli anni ‘80 fino al primo decennio Duemila, coprendo gran parte della carriera del fotografo milanese.

 

Questa selezione rivela un approccio finora poco indagato all’interno della ricca produzione artistica di Basilico. I territori intermedi, spiega il curatore Filippo Maggia, sono spazi fisici tangibili con lo sguardo, ma anche spazi mentali, indotti nell’osservatore dai vuoti, dalle assenze determinate da pause e silenzi nella costruzione visuale dell’immagine.

 

Lo spessore della luce e la scelta prospettica adottati dall’autore contribuiscono a determinare l’equilibrio formale fra i volumi, inducendo a una nuova lettura attraverso quell’atto di sospensione e contemplazione molte volte sottolineato da Basilico stesso come indispensabile nell’osservazione del paesaggio, di qualunque natura esso sia e si presenti.

 

«Le fotografie in mostra svelano l’anima del grande maestro italiano, conosciuto in tutto il mondo, e dialogano con la memoria storica del castello medievale siciliano. Sono inedite riflessioni sul concetto di spazio e di forma, che hanno rappresentato il focus della ricerca del grande fotografo scomparso prematuramente otto anni fa. Sono immagini che trasudano passione, superano la commessa professionale e ci fanno apprezzare una dimensione privata e romantica dell’artista», afferma Carmelo Nicosia, direttore della Fondazione Oelle Mediterraneo antico. «Basilico emana visioni, una sorta di avvicinamento sensoriale alle alchimie delle immagini, e governa la costruzione delle inquadrature come quadri rinascimentali con le armonie della composizione e della luce», aggiunge.

 

Nel 1984 il fotografo riceve l’incarico di partecipare alla Mission Photographique de la Datar, una grande committenza pubblica voluta dal governo francese per registrare le mutazioni del paesaggio in atto nel Paese transalpino, che vide coinvolti 28 talenti internazionali fino al 1988. Ma l’84 è anche l’anno di Viaggio in Italia, mostra e libro nei quali lui e Luigi Ghirri, con Gianni Leone ed Enzo Velati, radunano le differenti esperienze dei fotografi italiani – e di alcuni ospiti stranieri – sul paesaggio del Paese, per provare a esprimere un ragionamento complessivo, un tentativo, forse un embrione di una tendenza mai veramente espressa come movimento.
 

La partecipazione alla Mission Photographique de la Datar è pure l’occasione per Basilico di avviare un suo progetto personale che diventerà in pochi anni un libro e una mostra: Bord de Mer, una raccolta degli scatti realizzati in Bretagna e Normandia tra il 1984 e il 1985. Osservando e analizzando il paesaggio, inizia a indagare con sempre maggior insistenza il rapporto fra le opere dell’uomo e lo spazio, quello spazio che occupa piani visivi all’interno dell’immagine, fino ad allora poco o quasi mai considerato. Il primo piano, per esempio, diviene la pavimentazione stradale o la spiaggia, spesso restituite fotograficamente grazie a una nuova interpretazione della luce, diretta e indiretta, e della natura, dei cieli, degli spazi aperti, ora campiture non più definite all’interno della lastra fotografica.