Donatella Di Pietrantonio prima che scrittrice è donna d’Abruzzo. Una terra sempre presente nei suoi libri, come L’Arminuta del 2017 e il sequel più recente Borgo Sud.

Non solo banalmente come regione d’origine, ma come rappresentazione di quella parte di noi dove risiedono la resistenza al dolore, il peso delle relazioni, gli amori mancati, l’esperienza dell’abbandono. I personaggi femminili dei suoi romanzi l’Arminuta – la ritornata, in dialetto abruzzese – e sua sorella Adriana, seppure diversissime tra loro rivelano tutto questo. E si salvano tenendosi per mano.

 

Che donne sono?

Si portano dietro un vissuto di abbandono, convinte di non essere meritevoli e degne di amore. Sono donne scavate all’interno da un grande vuoto, quello dell’affetto materno non mostrato, né a parole né attraverso il linguaggio del corpo. Una colpa per cui pensano di essere incapaci di farsi amare. La narratrice in Borgo Sud dice: «C’era qualcosa in me che chiamava gli abbandoni».

 

Le protagoniste devono fare i conti con il loro passato e pacificarsi con lui per riuscire a realizzarsi.

L’infanzia di disamore pesa su Adriana e sull’Arminuta, ma entrambe riescono a spezzare questa catena. La prima è rude ma diventa una brava madre, la seconda è diventata una donna colta, stimata e piena di relazioni.

Einaudi, pp. 168 € 18

Tutte e due hanno matrimoni falliti alle spalle.

Perché non sono stati progetti di vita consapevoli, ma relazioni con cui hanno tentato di riempire e dare un senso a quel vuoto d’amore iniziale legato alla figura materna.

 

Racconti la storia di due sorelle che sembrano amiche. Una solidarietà femminile che non sempre funziona a livello professionale. Come mai?

Nel lavoro è facile cadere nella trappola del mondo maschile in cui si tende a conquistare il potere per prevalere sull’altro. Una dinamica moderna ma nello stesso tempo primitiva. Dobbiamo lavorare ancora molto su noi stesse, proprio perché abbiamo assorbito quei modelli di competizione e sopraffazione e pensiamo di poterci affermare replicando gli stessi comportamenti. La sorellanza, invece, in una società in cui le donne hanno ancora tante difficoltà a emergere, è un’alternativa migliore.

 

Cosa ti lasci alle spalle per guardare al futuro?

Dall’alto dei miei 59 anni, mi sono buttata alle spalle tutte quelle ansie nate per ragioni che non meritavano spreco di energia, come l’affanno per essere sempre performante sul lavoro, quello di dentista pediatrica oltre che di scrittrice, o il dovermi sentire sempre perfetta in tutto. Oggi non mi interessa più.

 

Un consiglio alle donne che ci leggono?

Scegliete e siate molto selettive sugli obiettivi. Concentratevi su quelli veramente importanti: non dovete per forza compiacere lo sguardo degli altri.

Articolo tratto da La Freccia