c’è una stazione
e c’è un orario
torna ti prego
leggi l’orario
Vivian Lamarque.
Vivian Lamarque ha vinto la prima edizione del Premio Strega Poesia con la raccolta L’amore da vecchia, edita da Mondadori nel 2022. Lamarque è una grande voce della Poesia italiana, una voce che racconta storie, immagini, momenti autobiografici con tono leggermente ironico, a corredo della serietà delle parole usate per ogni poesia.
Nata a Tesero (Trento) nel 1946, è sempre vissuta a Milano dove ha insegnato italiano agli stranieri e letteratura in istituti privati. Con la raccolta L’amore da vecchia l’autrice si esprime coinvolgendo le varie realtà del quotidiano, la città, i riti, i luoghi di mare, i viaggi, i treni. E proprio ai treni e alle suggestioni che ne derivano ha dedicato una sezione di questo libro, vincitore del Premio Strega Poesia.
Vorrei iniziare proprio quest’intervista dalla sezione “Poesie Ferroviarie” del suo ultimo libro L’amore da vecchia. Lei spesso dice di aver scritto molte poesie in treno, guardando fuori dal finestrino. Quale rapporto intercorre tra il viaggio su ferro e le sue poesie?
Sui treni ho scritto molte poesie, non solo le nove di questo ultimo libro. Ricordo per esempio “Requiem per margherite” scritta in un vagone ristorante dove ogni tavolino aveva un vasetto con un fiore vero, ma senza acqua per evitare, in caso di frenate, di bagnare la tovaglia, e mi pareva avessero tanta sete, si protendessero verso i finestrini in quel momento bagnati dalla pioggia. E anche la poesia per un albero meraviglioso, mi ero segnata il suo indirizzo “ho contato i chilometri dopo lo scalo merci / arrivederci”. E un’altra ricordando i viaggi da bambina, quando per scegliere il posto chiedevo sempre “da che lato sarà il mare?”.
“Amore” e “vecchiaia”. Lei ha dichiarato che l’amore con l'avanzare dell'etá è un amore che riguarda la natura e gli animali, la famiglia e qualche innamoramento “fuori tempo”, il cinematografo (e le sue sale scomparse) e i treni e il tempo, che si somigliano tanto. Ci può spiegare questo suo punto di vista?
Sì, i treni e il tempo si somigliano tanto. Ci sono splendide poesie di Giorgio Caproni su questo tema. Sui treni si sale anche spesso col batticuore per raggiungere un amore, oppure con dolore, reduci dalla fine di una storia. Certe volte osservo i volti dei viaggiatori, mi domando verso cosa stanno viaggiando o da cosa stanno allontanandosi, maultimamente è difficile coglierne gli sguardi, sono tutti chini su cellulari o su schermi. Molti tengono per tutto il tempo le tendine completamente abbassate, anche quando non c’è sole, perché i riflessi del finestrino disturbano i loro pc. Nemmeno quando solenne passa un grande vecchio fiume o un bel colle fiorito alzano per un secondo lo sguardo. Mi fanno paura.
Nei suoi versi racconta immagini, impressioni, sentimenti. L’intento autobiografico è evidente in ogni parola. Un viaggio in versi della sua vita, dei suoi ricordi, oltre tempo e spazio. Quando ha iniziato a scrivere? E perché proprio la poesia?
Ho iniziato a scrivere a dieci anni, dopo un evento traumatico, e non ho più smesso. Scrivo perciò da settant’anni. Ne dichiaro 80 (tre di più) così mi dicono “ma come li porta bene signora”. Se dico 77 non battono ciglio. Mi chiede perché ho scelto la poesia, non lo so, È lei che ha scelto me.
“Se sul treno” è una poesia che richiama il concetto di percezione. Il punto di vista che cambia, il guardare in un’altra direzione, una direzione opposta a quella a cui siamo abituati. Ci può raccontare il momento in cui sono nati questi versi?
“Se sul treno ti siedi al contrario / con la testa girata di là / vedi meno la vita che viene / vedi meglio la vita che va”. Non sono certa di ricordare quando ho scritto questi versi, ma molto probabilmente, come per “A vacanza conclusa”, in uno dei miei tratti ferroviari preferiti, quando il treno, tra Ancona, Fano, Pesaro, costeggia da vicinissimo il mare, che quasi ti pare di toccarlo.
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