L’estate sta finendo, come recitava un noto tormentone musicale di alcuni anni fa, ma è presto per fare bilanci. Però possiamo già affermare che l’estate del 2021, dopo i lunghi e amari mesi del Covid-19, ci ha regalato emozioni in gran quantità, unite al sapore di una maggiore libertà di movimento. Per tutti, ma soprattutto per chi opera nell’ambito della mobilità, questa è la novità più importante.

 

Certo, come scriviamo da mesi su queste pagine, è una riconquista da preservare con l’adesione a scelte medico-sanitarie e a regole di convivenza che, seppure a qualcuno paiano strette e financo coercitive, hanno avuto l’indubbio merito di tirarci fuori dal guado. Rispettarle ci eviterà di tornarci.

 

La canzonetta degli anni ’80, appena citata, faceva coincidere la fine della stagione estiva con quella degli anni spensierati della giovinezza: «Sto diventando grande, lo sai che non mi va». Ecco, una delle domande più ricorrenti nei mesi bui del lockdown, di fronte ai reparti di terapia intensiva saturi di pazienti affetti da Covid-19, davanti alla tragedia dei feretri allineati in attesa di sepoltura, era: «Come saremo dopo? Come ci cambierà questa dura esperienza?».

Non siamo ancora del tutto nel “dopo”, ma la domanda è più attuale che mai: siamo diventati grandi? E ci va di esserlo? Ossia di essere consapevoli della nostra vulnerabilità e fragilità? Capaci di distinguere quel che è relativo o effimero da quel che ha un valore assoluto, intangibile e inalienabile? Come il diritto, se non alla felicità, almeno alla vita, alla salute, alla dignità. Capaci di mettere da parte sterili faziosità in nome di obiettivi condivisi? Viene da dubitarne, purtroppo.

 

Ora chi ci segue e ci legge da tempo sa come questa rivista, al pari del suo editore, il Gruppo FS Italiane, ponga e intenda porre sempre maggiore attenzione ai temi dell’inclusione e della sostenibilità, nella sua triplice e ormai nota accezione. Ossia a quei valori e a quegli obiettivi che diventano sempre più una conditio sine qua non per garantirci un futuro.

Valori assoluti, appunto. Perché fare buona impresa nel 21esimo secolo non significa tanto e soltanto generare profitti, quanto creare valore, materiale e immateriale, per gli shareholder ma anche per tutti gli stakeholder, senza depauperare o ferire l’ambiente e senza ledere la salute e i diritti di nessuno, anzi. Da semplici cittadini, persone e lavoratori, senza scivolare o lasciarsi catturare da sterili e talvolta persino pericolose utopie, basterebbe prendere adeguata consapevolezza delle conseguenze presenti e future di ogni nostra azione, e agire con responsabilità.

 

La Freccia di settembre, condivise queste riflessioni, ha l’ambizione di farvi viaggiare verso l’autunno tra musica, arte, cinema, fotografia, moda, natura ed enogastronomia, da Venezia fino a Catania, proponendovi mete e appuntamenti per ogni gusto, in compagnia di sempre stimolanti amici e amiche del nostro e vostro mondo. Un mondo dove muoversi è conoscere, capire, confrontarsi, includere e arricchirsi. Viaggiando su binari sempre rivolti al futuro, ma con radici ben salde nel passato.

Articolo tratto da La Freccia di settembre