In apertura Tedua, photographer and creative director © David LaChapelle
Questo è sicuramente l’anno di Tedua. Il rapper genovese, classe 1994, sta raccogliendo un consenso dopo l’altro grazie all’album La Divina Commedia, un successo certificato triplo disco di platino, rimasto in cima alle classifiche di vendita per 12 settimane. Il lavoro vede anche diversi featuring: da Sfera Ebbasta a Rkomi, passando per Bresh, Marracash, Lazza e Geolier. Alla base della musica di questo artista c’è il flusso di coscienza, espressione verbale di pensieri ed esperienze di vita, che rendono i suoi testi raffinati e sinceri.
La prima tournée nei palazzetti, partita da Jesolo (Venezia) il 28 ottobre, già completamente sold out, prosegue a Firenze il 4 novembre, a Roma l’8 e il 9, a Genova l’11, a Milano il 13 novembre e poi il 4, 5 e 13 dicembre, a Bologna l’8, a Napoli il 10 e a Torino il 12. I fan con meno di 30 anni possono raggiungere i live del loro idolo in Frecciarossa – treno ufficiale del tour – e Frecciargento, grazie all’offerta FrecciaYOUNG, a 19 o 29 euro a seconda della relazione di viaggio, ossia della lunghezza della tratta scelta.
Tedua, com’è questo tour?
Il più bello che ho fatto, uno show completo con tanto di scenografia e grafiche. Ci immergiamo in un’ambientazione teatrale su diversi livelli che richiama i gironi infernali con lava e rocce. Una cosa così credo che non si sia mai vista.
Senti il peso della responsabilità, visto il gran successo che stai avendo?
L’ho sentito prima di fare uscire il disco: c’era molta attesa e sapevo che sarebbe stato il goal della mia carriera fino a ora. Fino a quando non finirò la tournée e non uscirà la deluxe edition della Divina Commedia, non potrò fare il punto e guardare al futuro.
Il pubblico ti ha dato una bella risposta a suon di sold out.
È stata una vera sorpresa. Speravo nel tutto esaurito, ma non così velocemente, soprattutto in città dove non è scontato riempire un intero palazzetto. Abbiamo venduto più di centomila biglietti.
Che artista sei?
Poliedrico. Oltre a cantare ho recitato nel film L’ombra di Caravaggio di Michele Placido e ho posato per David LaChapelle, il miglior fotografo della cultura pop. Esperienze che mi hanno stimolato molto. Dopo un inizio nell’urban sto virando verso il mainstream. Non mi reputo superficiale: sono affascinato dalle dinamiche esistenziali e sociali e dalla profonda comprensione della realtà umana.
Perché hai intitolato l’album La Divina Commedia?
È un’opera che fa parte dell’immaginario collettivo. Mi sono ispirato al concept del viaggio. Un percorso introspettivo che, nella vita, si può intraprendere ciclicamente. L’inferno può sempre tornare.
Come descriveresti questo viaggio?
Gli inferi rappresentano l’assenza di consapevolezza del perché si sta male, il purgatorio è il metro di misura della coscienza, mentre il paradiso è proprio il raggiungimento della consapevolezza unita al coraggio di superare i propri limiti. La spiritualità è la chiave di lettura della vita.
Da artista, come ti poni in uno scenario mondiale diviso tra guerre e problemi ambientali?
Nel mio piccolo rispetto il pianeta, ma non ho le competenze per essere portavoce di certe tematiche. Più in generale, bisogna cercare sempre le informazioni giuste e ascoltare tutte le campane oltre il pensiero unico, ma senza fare il bastian contrario dei mass media per partito preso. È importante avere spirito critico e parlare solo se si conoscono bene i fatti, senza fare retorica pressapochistica.
Se ti dico Sanremo che rispondi?
Vedremo, fa pure rima.
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