Il Covid, da un lato, ha dato una forte spinta alla micromobilità con il boom di bici e monopattini, dall’altro ha prodotto una preferenza dei mezzi privati rispetto a quelli pubblici. In più lo smartworking e la didattica a distanza hanno cambiato le abitudini di spostamento. Come sarà la mobilità dei prossimi anni?
Prima o poi avremo un post-Covid, saremo come usciti da una guerra, e dovremo ripensare il nostro modo di vivere e di muoverci. Nel frattempo abbiamo sviluppato le tecnologie informatiche per il lavoro e per lo studio, cose a cui prima della pandemia da Covid-19 si era pensato poco. C'è da immaginare un ritorno alla mobilità diverso, meno incentrato sul pendolarismo e più basato sulla mobilità saltuaria, tra cui quella turistica.
La mobilità influisce sulla qualità della vita, sulla salute e sull’ambiente. Quali sono gli ingredienti per una mobilità sostenibile che innesti un circolo virtuoso per questi ambiti?
Occorre pensare molto di più alla salute di tutti, tutti i giorni. L'inquinamento da polveri sottili produce danni enormi al nostro organismo, mentre l'emissione di gas serra rischia di rendere la vita non più possibile in vaste aree del pianeta. C'è da cambiare rotta, da promuovere la "mobilità attiva" a piedi e in bicicletta, nonché la mobilità su ferro, dal treno, ai tram alle metropolitane, che rappresentano modi di muoversi in maniera migliore e nel rispetto dell'ambiente. L'automobile deve subire un ridimensionamento nel numero e nell'uso e deve diventare meno inquinante con i motori elettrici.
Intermodalità, carbon neutrality e mobilità dolce sono alcuni dei concetti chiave della mobilità sostenibile…
Ogni anno si tiene la "European Mobility Week", che noi in Italia chiamiamo "Settimana europea della mobilità sostenibile". Da tempo, ormai, sappiamo cosa dobbiamo fare, cioè il giusto mix fra i vari mezzi di trasporto, usando quello più adatto per le varie esigenze. Si tratta di un'intermodalità che riduce l'inquinamento. Altro tema è quello della mobilità dolce: sentieri e piste ciclabili da percorrere in sicurezza per incentivare un nuovo modo di muoversi più rispettoso dell'ambiente. Ma soprattutto bisogna puntare sul treno, il mezzo che inquina di meno, sia per il trasporto di merci sia per il trasporto di persone.
Nel suo libro si parla del caso italiano, ma viene inquadrato anche il contesto mondiale. Le best practice italiane e quelle di altri Paesi da cui dovremmo imparare?
Abbiamo molti esempi di buone pratiche, il problema è che sono isolate e poco conosciute. Il libro ne cita alcune, ad esempio Pontevedra, la città riconvertita ai pedoni, ma anche Oslo, Amsterdam, Copenhagen, dove la mobilità sostenibile è realtà grazie alle reti di piste ciclabili, alle ampie aree pedonali, al migliorato trasporto pubblico. Anche in Italia abbiamo esempi di buone pratiche, dal trasporto integrato treno/bus/bici dell'Alto Adige, alla "bicipolitana" di Pesaro, alle pedonalizzazioni di Palermo, per citare soltanto tre esempi in tre diverse aree del Paese.
L’accessibilità è un altro elemento importante della mobilità sostenibile. Cosa c’è da fare in Italia?
L'accessibilità è un concetto complesso, che vale per l'abbattimento delle barriere architettoniche per chi ha difficoltà nel camminare e per gli invalidi, ma anche per papà e mamme con il passeggino. In senso più ampio, è la possibilità di arrivare in un luogo, che deve essere garantita con i mezzi pubblici. Ogni località dovrebbe avere, nel proprio sito internet, l'indicazione di "come arrivare" che dovrebbe partire dai mezzi di trasporto su ferro e, dove non possibile, suggerire quelli su gomma, cioè i pullman. Per questo è necessaria una cultura della mobilità tutta diversa da quella di oggi, in cui si pensa - sbagliando - che tutti debbano arrivare con il proprio veicolo individuale.
Come si costruisce la cultura della mobilità sostenibile?
Ci vogliono interventi su più fronti, a partire dalle scuole. Le istituzioni dovrebbero farsi carico di spiegare ai giovani e anche alle persone mature come muoversi meglio nel XXI secolo, in modo da rispettare l'ambiente e la salute. Ci vorrebbe anche una politica nazionale della mobilità sostenibile, con la quale si programmino e finanzino interventi e si spieghi il motivo per cui vengono realizzati. Nella mia esperienza personale, io uso l'auto meno possibile, prendo i treni per spostarmi a medio-lungo raggio, uso la bicicletta tutte le volte che posso. Però non è facile far adottare un modello del genere alla maggior parte dei cittadini, perché si esce da oltre mezzo secolo di predominio assoluto dei veicoli individuali, auto e moto, che hanno invaso tutto il mondo e che hanno anche pervaso la nostra mentalità.