In cover Saturnino Celani © Michele “Maikid” Lugaresi

«Conosco un solo musicista che in mezz’ora è in grado di suonare qualsiasi strumento, anche se non lo conosce. Un talento naturale». Il musicista in questione è Saturnino Celani, in arte solo Saturnino. La definizione è di Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti. Oltre a un essere un grande musicista, produttore discografico e creatore di un brand di design, Saturnino possiede una qualità rara nel mondo dello show biz: non se la tira per nulla. Quando prende in mano il suo basso infiamma le platee, il pubblico lo adora, tanto che i disegnatori di Walt Disney lo hanno trasformato in un papero per una storia pubblicata su Topolino. Il motivo? Lo avevano scelto a gran voce i piccoli lettori.

 

Prima di salire sul Frecciarossa per Roma, iniziamo a parlare nel FRECCIALounge, commentando il momento difficile che stiamo vivendo.

Non è semplice per chi lavora nel tuo settore…

Ho partecipato di recente a Bauli in piazza, una delle manifestazioni organizzate dalle maestranze dello spettacolo, tutte quelle persone che fanno in modo che tu possa salire sul palco tranquillo e far divertire tutti. Sono moltissimi in Italia, oltre 500mila, un numero enorme e tutti altamente specializzati, sono stati i primi a fermarsi e saranno, forse, gli ultimi a ripartire. Mi auguro che si torni presto a una sana normalità, non riesco a immaginare la musica da casa o in streaming, non ha senso. I concerti sono espressione della volontà di condividere la tua musica con gli altri.

 

Quanto ti manca questa emozione?

Come l’aria, è così per tutti credo. Mi manca gioire dell’aspetto performativo, perché l’arte ti fa star bene. Quando siamo rimasti in casa, avevo strumenti musicali ovunque, il piano elettrico di fianco al piano cottura, è una necessità.

 

Si dice che abbiamo più tempo libero…

Ma per fare cosa? Io scrivo e compongo per gli altri, per suonare la mia musica alla gente. Adesso la passione è nel congelatore. Come nel calcio quando assistiamo a un gol con lo stadio vuoto. È un anno sabbatico preso per forza. Siamo abituati a proiettarci nel futuro che però, come diceva il cantautore Joe Strummer, non è scritto. È come se fossimo su un aereo al suo primo volo per tutti, pilota compreso: non possiamo che supportare chi è alla guida.

Saturnino con Jovanotti © Michele “Maikid” Lugaresi

Da bambino dicevi: «Da grande voglio fare il bassista»?

In realtà quasi mai, perché ho scelto con coscienza a 14 anni, scoprendo ciò che davvero mi piaceva. Un suggerimento che do a tutti: quando si riconosce la propria passione bisogna portarla avanti, come una vocazione da seguire anche se il contesto familiare non la favorisce.

 

La tua famiglia ti ha appoggiato?

Moltissimo, mio papà ha studiato violino in collegio a Fermo, in casa ascoltavamo e condividevamo musica, alternando i dischi preferiti da mia mamma con quelli di mia sorella. Anche perché l’impianto stereo era uno solo, mica come oggi. Dai cantautori come Lucio Battisti e Rino Gaetano si passava ai Police e a Bob Marley. Ero piccolissimo quando mio papà mi ha fatto scoprire Ennio Morricone, con il quale molto tempo dopo ho avuto un incontro ravvicinato proprio in treno.

 

Ce lo racconti?

Era seduto di fronte a me, viaggiava tranquillo con moglie e figlio, leggeva. Mi sono infilato le cuffie e ho cominciato ad ascoltare la sua musica e lui era lì, a un paio di metri, quasi un essere mitologico, perfetto nella postura. Un momento senza tempo, né passato né futuro, solo la sua musica.

Quali artisti ti hanno lasciato qualcosa, perché li hai conosciuti o hai suonato con loro?

Ne ho incontrati diversi, ci ho suonato, mi sono relazionato. Sapere che Sting sa della mia esistenza mi fa davvero piacere, così come Nile Rodgers degli Chic. Finora ho avuto un percorso bellissimo.

 

Poi un giorno incontri Jovanotti e il sodalizio dura da 30 anni. Com’è andata?

Ero andato in una sala a registrare mentre lui stava iniziando un tour con musicisti molto giovani e il proprietario di quello studio gli parlò bene di me. Avevo 21 anni e da Ascoli Piceno sono andato a Milano per diventare musicista, proprio come quelli dei poster. Suonai per Lorenzo e lui mi chiese se ero libero per i successivi sei mesi. Il nostro sodalizio è ancora vivo, non ci lega alcun contratto, ma lui mi convoca sempre per ogni nuovo progetto. È bello.

 

Com’è stato quel viaggio Ascoli-Milano?

Ero in treno, ovviamente, ma non c’erano ancora le Frecce, quindi una bella esperienza rock 'n' roll. Ho viaggiato di notte arrivando a Milano accolto da un’alba invernale, per la prima volta da solo. Mi colpì la maestosità della stazione Centrale, ci volle qualche minuto perché il mio cervello codificasse gli spazi.

Il giornalista Andrea Radic con Saturnino a Milano Centrale, prima di salire in treno © Michele “Maikid” Lugaresi

Cosa apprezzi maggiormente nelle persone?

L’autenticità e la passione nel trasmettere ciò che si prova, in maniera semplice, diretta. Si capisce da come uno ti saluta, se dice “salve” non ci siamo, sta scritto sugli zerbini...

 

Cosa non sopporti?

Andando avanti negli anni, cerco di dirigermi sempre verso il bello, verso ciò che mi fa stare bene. In questo senso ho anche fatto delle registrazioni “pro bono” con artisti giovani di grande talento. È successo con Deiv, un emergente prodotto da Salmo, che mi ha chiamato dicendo: «Stiamo continuando a fare il tuo nome per questo pezzo». Ho preso il basso e sono andato in studio. Il brano si chiama Giorni migliori e mi piace molto.

 

Oggi prendere il treno che sensazioni ti dà?

Sei seduto e ti sposti a una velocità impensabile fino a qualche decennio fa. Ti senti parte di quel viaggio e, come diceva qualcuno, capisci che non è importante dove arrivi, ma il cammino per giungervi. Il tempo che passo in treno può essere meditativo o di socializzazione. Fin da quando ero piccolo, cerco di conoscere i miei compagni di viaggio. Con mia madre andavamo in treno da Ascoli a Sestri Levante, non si arrivava mai, sembrava di andare in Australia. Ma era bellissimo condividere lo spazio con altre persone e socializzare. Facevo il giro di tutti gli scompartimenti.

Cosa ti aspetti dal 2021?

Tornare a vivere senza la cosiddetta distanza sociale, che in realtà è fisica. Ho postato una foto meravigliosa, di quelle che trasmettono fiducia nel genere umano: ritrae dei ragazzi che, insieme, tengono in alto, con la forza delle braccia, un amico in sedia a rotelle, perché veda meglio il palco. Un rito fisico, un bellissimo atto d’amore. Ecco, vorrei che tornassimo a quella fisicità, a quegli abbracci che mi mancano molto.

 

Un messaggio positivo che vuoi lasciarci?

Quello di Clara Woods, una ragazza giovanissima, colpita da ictus prenatale. Ha molte difficoltà, ma ama dipingere, sono stato alla sua mostra, bellissima. Faccio mio il messaggio di Clara e dei suoi fantastici genitori: riconosci le tue passioni e falle accadere.

 

Ha il volto serio, Saturnino, ma una luce fiduciosa negli occhi. Ci alziamo e camminiamo verso il treno, mentre lui imita alla perfezione la voce che annuncia le partenze. «Il mio sogno sarebbe registrare questi annunci con la mia voce».

Articolo tratto da La Freccia