Erano tre anni che non si vedeva al Festival di Sanremo e per questa edizione al tempo della pandemia, la numero 71, si presenta totalmente rinnovata nel corpo e nello spirito. Noemi non è in odore di santità, ma di cambiamenti, pure belli grossi, dal punto di vista del sound. Il rinnovamento profondo l’ha portata a scavare tanto dentro se stessa, dando vita a (una) Metamorfosi: così si chiama il nuovo album il cui singolo apripista, Glicine, è protagonista proprio sul palco dell’Ariston fino al 6 marzo.

 

Sanremo coincide con un mutamento, quindi.

Arriva dopo un periodo in cui mi sono ritrovata a dover fare una trasformazione. Sentivo il bisogno di rimettermi a fuoco, mi sono accorta che stavo perdendo il contatto con me stessa, con la gestione della mia vita: ero lontana dal mio corpo.

 

In effetti, anche fisicamente sei diversa…

Sul corpo il cambiamento si vede in maniera più conclamata. Non sono dimagrita perché bisogna esserlo o perché la società lo impone, piuttosto ho pulito la mia mente: avevo bisogno che la mia fisicità fosse leggera come la mia testa.

 

Ragionamento che vale anche per la musica?

Sì. Sono entrata in contatto con un mondo underground che ho sempre ascoltato, ma con il quale non avevo mai avuto occasione di collaborare. Ho conosciuto produttori e autori come i Muut (Federico Fugazza e Marcello Grilli), la grandissima sensibilità della cantautrice Ginevra Lubrano, in arte Ginevra, il songwriter Arashi. Con loro sono riuscita a creare nuovi suoni. Sono contenta perché è stato un bell’incontro di anime.

 

E la voce?

L’ho riallineata, senza modificarne la timbrica. Ho voluto aggiungere nuove pennellate: queste melodie mi hanno regalato nuovi colori. Come il falsetto in Glicine, il brano che porto a Sanremo.

 

Che peso ha all’interno dell’album?

È uno dei più importanti, ha segnato l’incontro con Ginevra, che è l’autrice insieme a Fugazza e Dario Faini, che ne ha curato anche la produzione. È la canzone con cui ho capito che si poteva lavorare insieme, trovare una grande alchimia.

Cosa racconta il brano?

Parla della fine di un amore, ma anche di una rinascita, di un’energia presso cui rinnovarsi. Mi sento come un glicine dalle radici forti. A Roma ce n’è uno con fondamenta che partono da via Margutta e arrivano fino al Tevere. Ma è una pianta con una fioritura fragile, come la vita in cui è tutto così caduco.

 

Come definiresti il tuo nuovo progetto?

La fotografia di un salto, di un cambiamento. Non so come finirà.

 

La mutazione più eclatante?

Prima mi sentivo una brava interprete a servizio della canzone. In questo caso, invece, ho provato a mettermi dentro al disco: con gli autori ho parlato dei miei dubbi, del momento che stiamo vivendo, delle cose successe. Un tipo di contatto simile a quello che creavano le cantanti negli anni ‘70 e ‘80. Ricordo Jazz, bellissimo album prodotto da Ivano Fossati per Loredana Bertè, in cui c’è Il mare d’inverno di Enrico Ruggeri. In quel lavoro si ritrova la Bertè col suo temperamento. Mi sento carne viva con questo progetto: parla di me, della mia vita, di cose molto personali.

 

Com’è stato cambiare dentro, quando anche il mondo stava mutando?

Da una parte mi ha aiutato a riflettere e a trovare il mio centro. Forse, se non ci fosse stato questo fermo, se non avessi avuto un guscio, che era la mia casa, non sarei riuscita a ritrovarmi. Ho riflettuto e ripreso in mano la vita, in un periodo in cui ero poco appassionata, anche verso la musica. Guardandomi allo specchio ho avuto il coraggio di rimescolare le carte.

 

Ci sono state parecchie polemiche sul Festival, che va in onda nonostante il Covid-19. Che ne pensi?

È giusto che Sanremo viva, si ha bisogno di spensieratezza e sogno.

 

Come stai affrontando la tua partecipazione?

Come se fosse la prima volta. Voglio viverlo con apertura, ho intenzione di regalare tanto agli altri. Se poi mi torna indietro qualcosa da chi ascolta, meglio. Non ho aspettative, vorrei semplicemente raccontare la mia storia. Magari gli altri se ne accorgeranno e mi tratteranno con delicatezza.

Articolo tratto da La Freccia