In cover, vista sulla Vallagarina e Rovereto © Carlo Baroni
C’è un giro d’Italia goloso che attraversa i piccoli centri. E si ferma proprio lì dove nascono i piatti della cucina tradizionale, impreziositi dagli chef stellati che li reinterpretano proiettandoli nel futuro.
A cominciare dalle colline del Roero, dove si trova Canale (CN), meta di arrivo della terza tappa del Giro. Fondata nel 1260 dal libero Comune di Asti, la cittadina divenne fin da subito uno dei centri della produzione vitivinicola del Roero. Ma agli inizi del secolo scorso il settore fu minato dalla fillossera, un parassita della vite, e dalla grandinata del 1906. Così gli abitanti cominciarono a dedicarsi alla coltivazione del pesco. Con la loro buccia spessa, la polpa soda e il sapore caratteristico, le pesche di Canale rilanciarono l’agricoltura locale. Un altro prodotto tipico della zona è la castagna della Madonna, detta anche Canalina, fra gli esemplari più antichi d’Europa e apprezzata per la sua maturazione precoce, a settembre.
E poi non si può passare da Canale senza assaggiare il prosciutto arrosto, frutto di una tradizione secolare iniziata intorno al 1940 dai fratelli Giordano, titolari della salumeria Filipin, che inventarono un modo gustoso per conservare le cosce di maiale, arrostendole e speziandole. Ancora oggi si massaggiano con una miscela di erbe aromatiche, si bagnano col vino e si avvolgono in una retina di vitello prima di essere cotte nel forno a legna. A tavola si abbinano con il Roero Arneis Docg, un bianco che se viene affinato per almeno 32 mesi diventa Riserva.
Guardia Sanframondi (BN) © zenzaetr/AdobeStock
Una passeggiata golosa è quella sotto i portici di via Roma, dove si trovano i principali negozi storici della città. Nei locali dell’ex asilo Regina Margherita, l’Enoteca regionale del Roero offre i migliori prodotti del territorio e ospita il ristorante All'Enoteca di Davide Palluda, una stella Michelin. Al numero 39 della via c’è la pasticceria Sacchero, che detiene la ricetta segreta dello storico La Duchesse, un bon bon al cioccolato con nocciole, mandorle e una bagna liquorosa.
La 18esima tappa del Giro attraversa la Vallagarina per arrivare a Rovereto (TN). Qui è imperdibile la visita al Castello, uno dei migliori esempi di fortificazione alpina tardo-medievale, da cui si gode uno splendido panorama sulla zona. Altri luoghi rilevanti sono il Museo Depero, il Teatro Zandonai, Palazzo Bossi Fedrigotti e Palazzo Alberti Poja, che con il Palazzo Annona costituisce l'accesso al Mart, il Museo d’arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto.
Nella caffetteria del centro espositivo, dopo aver nutrito la mente passeggiando tra le 15mila opere esposte, si possono assaggiare le proposte di Alfio Ghezzi, il più stellato degli chef trentini. Da non perdere la specialità Patate, patate, patate: «Un omaggio all’agricoltura di montagna. Come a dire: abbiamo solo le patate allora decliniamole facendoci un piatto. Da questa idea nascono gli gnocchi con una crema soffice di patate e salmerino affumicato, sfoglie di pancetta e polvere di patate viola».
Merita una tappa anche la Caffetteria Bontadi, dove provare le miscele artigianali che la torrefazione produce dal 1790. Mentre in uno dei tanti ristoranti della città va degustato il Marzemino, vino tipico del territorio.
Patate, patate, patate di Alfio Ghezzi
Giovedì 20 maggio, la protagonista della 12esima tappa della corsa è Bagno di Romagna (FC). A cavallo tra Romagna e Toscana, il borgo è famoso per le acque termali fin dal tempo dei Romani. Porta di accesso al Parco delle Foreste Casentinesi, è un tempio del vivere lento. Dai laghetti in mezzo al bosco al Sentiero degli gnomi, qui si torna a respirare con la natura. In questa città la gastronomia, fusione fra quella golosa romagnola e la più sobria toscana, si esalta negli oltre 50 ristoranti disseminati sul territorio. Protagonisti i prodotti locali e stagionali: funghi porcini, castagne, tartufo bianco e nero, insaccati e prosciutti, cacciagione, miele e cioccolato artigianali, formaggi freschi e stagionati.
Un primato della zona è la concentrazione di citazioni della Guida Michelin. Dall’intramontabile Paolo Teverini, con il suo ristorante all'interno dell'Hotel Tosco Romagnolo, all’esplosivo Gianluca Gorini, che con il da Gorini ha portato a San Piero in Bagno l'ambita stella, fino all’emergente Andrea Bravaccini del ristorante Del Lago, in località Acquapartita.
Nel menù del daGorini si segnalano i Cappelletti ripieni di cacciagione, pesca, vermut bianco e fiori di sambuco, una vera antologia dei sapori locali. «La tradizionale pasta all'uovo», spiega Gorini, «viene proposta con il ripieno di cacciagione. Questa tipologia di carne segna il legame con i nostri boschi che è ulteriormente rafforzato dai fiori di sambuco. Inoltre, la pesca lavorata in composta e il vermut utilizzato per aromatizzare il burro donano al piatto note dolci e speziate che, insieme alle note floreali del sambuco, creano il giusto equilibrio con il carattere deciso del ripieno».
Altra tappa del Giro, la nona, è Castel di Sangro (AQ), eretto sul sito dell’antica Aufidena, roccaforte sannita e poi romana, il cui materiale archeologico portato alla luce negli anni è raccolto nel Museo civico Aufidenate, nel Convento della Maddalena. Qui c’è anche il Museo della pesca a mosca, attività molto praticata nella zona. I fiumi Sangro e Zittola, che attraversano la città, sono infatti ricchi di fauna ittica (tra cui la famosa trota del Sangro) e lungo le loro sponde si svolgono gare di pesca sportiva.
Fagottino di faraona arrosto di Giuseppe Iannotti © Marco Varoli
Sulle rive del Sangro si può ammirare il Monumento al pescatore, opera dell’artista milanese Alberto Coppini. Qui è obbligatoria una tappa a Casadonna, ex convento del ‘500 ora sede del ristorante tre stelle Reale di Niko Romito. Attraverso le sue creazioni, lo chef condivide con gli avventori i ricordi di un Abruzzo d’altri tempi: «Il pancotto è un piatto semplice e insieme fondamentale a cui sono molto legato. Lo associo alla memoria del mio passato e della mia terra. Viene dalla tradizione contadina e pastorale, quando con la transumanza si portavano le greggi dall’Abruzzo alla Puglia attraversando i tratturi e portando con sé pane raffermo e formaggio».
La versione abruzzese è arricchita con le cime di rapa e una spolverata di pecorino grattugiato: «È un piatto del 2005 che risale ai primi anni del Reale, a una fase in cui rivedevo i piatti della tradizione locale per innovarli e creare un mio linguaggio gastronomico», racconta Romito.
Ultima tappa di questo itinerario goloso – e ottava del Giro d’Italia – è Guardia Sanframondi (BN), nel cuore del Sannio beneventano, un borgo di origine longobarda adagiato su una collina dominata dal Castello Normanno risalente al XII secolo. Le case di questo gioiello medievale si inerpicano a spirale intorno all’antico maniero. Così pure la cultura gastronomica, che è intrecciata al mondo contadino e composta da piatti semplici, con ingredienti a chilometro zero e di stagione. Tra le ricette locali la zuppa di lagane (tagliatelle di grano duro) con fagioli, i cicatielli (cavatelli) fatti a mano e conditi con sugo di carne, la salsiccia con i broccoli di rapa fritti e la frijtora, uno spezzatino di maiale con peperoni e patate.
A reinterpretare la tradizione ci pensa il giovane Giuseppe Iannotti, stella Michelin con il suo ristorante Krèsios, nella vicina Telese. Il piatto dello chef che meglio rappresenta l’evoluzione della cucina locale sono i Fagottini di faraona arrosto. «Il Sannio è un luogo principalmente vocato all’agricoltura. La faraona è uno degli abitanti dei nostri pollai, presenti quasi in ogni casa, e solitamente veniva cucinata arrosto o in brodo. Noi decidiamo di arrostirla e di farla diventare la farcia del fagottino trasformando le sue ossa in un fondo a mo’ di salsa».
Articolo tratto da La Freccia