In cover, vista su Torino © zm_photo/AdobeStock
La prima tappa del Giro d’Italia 2021 è una cronometro individuale lungo le principali strade di Torino. I ciclisti sfrecciano davanti al Museo Egizio, al Palazzo Reale e al primo Parlamento Nazionale, proprio nell’anno del 160esimo anniversario dell’Unità d’Italia. In piena apnea agonistica, non hanno nemmeno il tempo di posare lo sguardo davanti al Duomo che custodisce la Sacra Sindone e di sicuro a qualcuno verrà in mente la frase con cui lo scrittore Vasco Pratolini definì la gara: «Ventitré giorni di passione».
Montagne impervie, pianure assolate, tormente di neve e tempeste di vento. Sudore e fatica che la bellezza del paesaggio e dei borghi attraversati riescono persino ad addolcire. Così un altro scrittore, Achille Campanile, saluta la partenza della Corsa rosa: «Le strade d’Italia sono come le sinfonie di Rossini. Cominciano serene, larghe, a correre spensieratamente, a scherzare con i mari, i fiumi, i laghi, i ponticelli, i prati fioriti, le ville, i castelli in rovina, i paesini che s’infilano l’uno appresso all’altro, sì che pare di traversare tutto un solo paese pieno di vita e di varietà che non finisce mai».
Le Grotte di Frasassi (AN) © Adwo/AdobeStock
Il lungo plotone dei “girini” è stato spesso paragonato a un fiume che scorre verso il mare. E talvolta si nasconde allo sguardo come il Sentino che, insieme all’azione del tempo, ha modellato le Grotte di Frasassi (AN), da dove parte la tappa che porta il Giro ad Ascoli Piceno-San Giacomo. Si tratta di un capolavoro ambientale d’affascinante immensità: la natura domina la scena nella grotta grande del Vento e in quella del Fiume, mentre l’Abisso Ancona è vertiginoso. Stalattiti e stalagmiti con una buona dose di fantasia diventano stalattiti e stalagmiti ribattezzate Obelisco, Madonnina, Spada di Damocle, Fetta di lardo e Fetta di pancetta, con tanto di venatura rosata.
La tappa Foggia-Guardia Sanframondi (BN) rappresenta il confine meridionale della Corsa rosa. Per il poeta salernitano Alfonso Gatto, che raccontò la rinascita dell’Italia nel Dopoguerra grazie al Giro, le biciclette sono “macchine da angeli”. E l’arrivo nel borgo medievale del Sannio è divino per due motivi: è la terra del Taurasi, un vino rosso principesco che racchiude tutto l’orgoglio delle Forche Caudine imposte dai fieri Sanniti ai Romani; ed è il santuario dei Flagellanti che ogni sette anni rinnovano i riti penitenziali in onore di Santa Maria Assunta. Completamente incappucciati e irriconoscibili, i battenti attraversano il borgo arroccato attorno al castello procurandosi ferite lancinanti in espiazione dei propri peccati. La sofferenza del corpo per liberare l’anima verso il Paradiso.
L’Aquila-Foligno (PG) è la decima tappa del Giro. La corsa abbraccia l’Abruzzo, dove ancora sanguinano le ferite causate dal terremoto del 2009. Il passaggio della carovana è una spruzzata d’entusiasmo e fiducia per una popolazione tenace impegnata nella ricostruzione. L’arrivo è il primo omaggio dantesco della competizione nel 700esimo anniversario dalla morte del Sommo Poeta. A Foligno era l’11 aprile 1472 quando fu stampata la prima copia della Divina Commedia, un’impresa compiuta dal prototipografo maguntino Giovanni Numeister insieme a Evangelista Angelini di Trevi, con la collaborazione dell’orafo folignate Emiliano Orfini. La città, tra l’Abbazia di Sassovivo e la Cattedrale di San Feliciano, il Birillo rosso e Palazzo Trinci accoglie i corridori con i versi danteschi, confidando che nel frattempo i ciclisti non abbiano smarrito la “diritta via” che conduce alla conquista della Maglia rosa.
La Cattedrale di San Feliciano a Foligno (PG) © Ragemax/AdobeStock
Bianche, invece, sono le strade del segmento asperrimo della Perugia- Montalcino (SI). Trentacinque chilometri di sterrato che riporteranno i corridori alla preistoria delle due ruote, quando si gareggiava in arcione all'anticavallo, come Gianni Brera definiva la bici, su strade più simili a mulattiere che a morbidi nastri d’asfalto stesi per il passaggio della carovana rosa. Uno dei positivi effetti collaterali del passaggio del Giro è che le amministrazioni locali colgono l’occasione per rifare le strade con beneficio generale di automobilisti e pedoni. E dopo tanta polvere bianca, cosa c’è di meglio di un sontuoso calice di Brunello di Montalcino nato tra colline che fanno innamorare al solo sguardo?
Dante Alighieri torna protagonista nella tappa Ravenna-Verona. Dalla tomba del Poeta al balcone più famoso del mondo, quello di Giulietta, immortalato da un altro fuoriclasse, William Shakespeare. Usando la metafora ciclistica, possiamo affermare che Dante sia un corridore di corse plurisettimanali come il Giro, mentre il Bardo risulti eccellente nelle classiche di un giorno. Storie di amori intensi, anche se è difficile immaginare in velocipede la sfortunata amante di Romeo e l’eterea Beatrice dell’Alighieri. È vera, al contrario, la storia di Alfonsina Strada, la prima e unica donna ad aver corso il Giro d’Italia tra i maschi nel 1924. Una vera e propria pioniera che diventò eroina nazionale per la sua impresa irripetuta.
La tappa Grado-Gorizia è invece un circuito che porta il Giro per tre volte oltreconfine, in Slovenia. Una tappa all’insegna della fratellanza tra popoli, dopo le atrocità commesse alla fine della Seconda guerra mondiale. Gorizia e Nova Gorica saranno insieme, abbattuto il muro che le divideva, Capitale europea della cultura 2025. Il 30 giugno 1946 – era il primo Giro dopo la guerra – un esiguo plotone di corridori guidato dal triestino Giordano Cottur riuscì a raggiungere Trieste nonostante le violenze dei partigiani titini anti-italiani. Un tripudio popolare con i ciclisti avvolti nel tricolore.
Il massiccio delle Cinque Torri, Cortina d’Ampezzo (BL) © lkunl/AdobeStock
«Un uomo solo è al comando; la sua maglia è biancoceleste; il suo nome è Fausto Coppi», esclamò alla radio nel 1949 il giornalista Mario Ferretti pronunciando una frase entrata nella storia. In una tappa come quella che da Sacile conduce a Cortina d’Ampezzo (BL), sarebbe meraviglioso avere ancora al seguito della corsa un Omero del ciclismo italiano. Chi altri potrebbe descrivere meglio una frazione che alterna Passo Fedaia (detta Montagna Pantani), Passo Pordoi (Cima Coppi) e Passo di Gian? Di sicuro colui che taglierà per primo il traguardo di Cortina entrerà di diritto non solo nella storia ma anche nella leggenda delle due ruote. La capitale delle Dolomiti ospiterà, insieme a Milano, le Olimpiadi 2026. La Tofana, le Cinque Torri, il Museo della Grande guerra, lo shopping griffato e il glam del passeggio nelle strade principali. Cortina sì che farà innamorare il mondo intero.
La volata finale è la crono individuale di 29,4 chilometri da Senago a Milano. Sembra incredibile, ma succede sovente che tre settimane di corsa non bastino a designare un vincitore e che tutto si decida nell’ultima manciata di chilometri, dove non c’è tempo di pensare ed esitare. Bisogna pedalare con foga fino allo striscione finale, a pochi metri dal Duomo. Cala il sipario sulla corsa che consegna la Maglia rosa finale al vincitore. Per lui podio e foto, miss e fiori, ma la gloria ammanta tutti coloro che avranno raggiunto il traguardo dopo ventitré giorni di meravigliosa fatica e devastante bellezza.
Articolo tratto da La Freccia